Come già nel precedente barrage, anche nel secondo turno della March Madness le vittime illustri sono state poche. Quasi tutti i college con il posizionamento migliore sono infatti riusciti ad avere la meglio sugli avversari, con tuttavia alcune eccezioni, inserite tra le gare più rilevanti.

 

Princeton 78-63 Missouri

 

Altro giro, altra sorpresa. Princeton, nell’annata successivo alla scomparsa del suo storico coach Pete Carrill, compie un prodigio dietro l’altro: questa volta tocca ai Tigers di Missouri arrendersi di fronte a quelli arancio-neri, evidentemente determinati a lasciare un segno.

Fin da inizio match sembra un duello a distanza tra Ryan Langborg di Princeton e Noah Carter di Missouri, che si prendono le rispettive squadre sulle spalle. La manovra dei primi si dimostra tuttavia sin da subito più corale, pagando maggiori dividendi.

Il primo strappo degli uomini della Ivy League non viene più ricucito: al massimo c’è qualche occasione de riavvicinamento, ma gli arancio-neri non rischiano mai e passano il turno.

 

Kansas State 75-69 Kentucky

 

Anche in questo abbiamo dei due college con lo stesso simbolo, i Wildcats, che giovano contro. La La gara tra KSU e UK si evolve tuttavia in maniera diversa, risolvendosi solo sul filo.

La dribble-drive motion di John Calipari esalta le qualità dei talenti allenati dal “lottery coach”, soprannome che sta proprio a significare che i suoi atleti, di norma, al draft vengono sempre scelti in posizioni alte. Sul fronte opposto tuttavia c’è Markquis Nowell, che si incarica di servire i compagni in contropiede primario o in penetrazione, quando non è lui stesso a segnare.

Ad inizio ripresa Kansas State prova a scappare, ma viene ripresa e controsorpassata. Da lì le contendenti si rispondono colpo su colpo, fino a ché i grigio-viola non danno la spallata decisiva con la tripla di Johnson e i liberi di Sills.

 

Michigan State 69-60 Marquette

 

Pronti-via e gli Spartans perdono palla, regalando agli avversari un contropiede in solitaria. Una disattenzione che avrebbe potuto demoralizzare chiunque, e invece, a parte questa iniziale sbavatura, gli uomini di Tom Izzo approcciano la partita nel modo giusto e costruiscono un cospicuo parziale favorevole.

I bianco-verdi  infatti attaccanobenissimo il canestro (specie con Tyson Walker), e quando non trovano varchi liberi risultano efficaci anche nel tiro dalla media e lunga distanza. È proprio la conclusione pesante che, tuttavia, permette ai Golden Eagles di non perdere mai contatto con gli avversari, tant’è che al riposo hanno solo cinque lunghezze da recuperare.

Esse diventano poi un +5 dopo l’intervallo, ma Michigan State non si fa intimidire: prima impatta e poi si riporta avanti, cavalcando il pick&roll centrale Walker-Sissoko, con Hauser negli angoli per un eventuale scarico. Una stoppata del secondo e una rubata del primo sigillano la vittoria degli Spartans, che tornano alle Sweet Sixteen dopo quattro anni.

 

Texas 71-66 Penn State

 

Quella tra Longhorns e Nittany Lions sarebbe, in realtà, una sfida più appropriata per il football americano, disciplina in cui entrambi gli atenei possono vantare una tradizione rinomata. Stavolta però la palla è quella a spicchi, e non quella lunga un piede, e ad avere la meglio sono gli uomini di Austin.

A fare la differenza per Texas all’inizio sono i tagli backdoor e il crearsi vantaggi sui blocchi, mentre i grigio-blu prediligono attaccare il ferro direttamente con diversi uomini. Ne nasce una gara inizialmente in equilibrio, fino a quando i Longhorns a fine primo tempo non costruiscono un margine che mantengono sino alla fine, quando gli avversari trovano con Seth Lundy e Myles Dread un parziale positivo ben presto rintuzzato dall’accoppiata Marcus Carr-Dylan Disu, che portano il loro team al successo.

Penn State nel turno precedente aveva eliminato quelli che sono gli storici rivali di Texas, ossia Texas A&M: gli arancio-bianchi hanno ringraziato i Nittany Lions accompagnandoli all’uscita.

 

Arkansas 71-72 Kansas

 

Una sfida di lignaggio impari che, come nella migliore tradizione del torneo NCAA, sul campo diventa assolutamente pari. Non basta ai ragazzi di Bill Self essere un college storicamente prestigioso nel basket, non basta il record stagionale di 28-8, e non basta nemmeno essere partiti subito a tavoletta, guidati da Dajuan Harris Jr. e Jalen Wilson.

Arkansas infatti per un po’ subisce, e anzi, nonostante sia solo -10 circa a metà secondo tempo l’inerzia pare in mano unicamente agli avversari. I Razorbacks però in due minuti, grazie a Davonte Davis e Makhi Mitchell, riportano il proprio team a contatto, prima che Jordan Walsh trovi la tripla del vantaggio.

I Jayhakws a quel punto si scuotono e riallungano, ma è troppo tardi: visibilmente in trance agonistica, Arkansas piazza la zampata decisiva, anche grazie ad un Ricky Council IV che prima segna in entrata e poi manda a segno i liberi della staffa.

 

UCLA 68-63 Northwestern

 

La sfida tra i Bruins e i Wildcats aveva un po’ il sapore di Davide contro Golia, se si pensa che l’alma mater di coach Dan Peterson (che ha sempre guardato al John Wooden di UCLA come ad un modello) ha fatto il suo primo torneo NCAA solo nel 2017. Esattamente come sei anni fa, anche in questo caso per i grigio-viola la kermesse si chiude al secondo turno, al cospetto, appunto, di una storica big.

I californiani quasi giocano al gatto col topo, mettendo la testa avanti grazie a Jaime Jaquez Jr. e Tyger Campbell, ma allo stesso tempo non piazzano mai un parziale davvero tanto ampio. Northwestern ne approfitta, pervenendo fino al pareggio poco prima della metà della seconda frazione.

UCLA però a quel punto decide che può bastare così, e in men che non si dica mette di nuovo distanza con gli avversari, che con grande cuore provano un ritorno di fiamma agevolmente spento dai Bruins, che conquistano il biglietto per le Sweet Sixteen.

 

Luigi Ercolani