Tra le selezioni di nazioni ancora esistenti, la Spagna è la più titolata, insieme alla Lituania, con 3 coppe alzate al cielo (2009, 2011 e 2015), tutte frutto della Generación de Oro, o Generación ÑBA, come è stata chiamata da quando Pau Gasol aveva ricevuto la compagnia oltreoceano dei vari Calderón, Garbajosa, Navarro, Rudy Fernandez, Marc Gasol, Ricky Rubio ed altri.
Oltre alle vittorie, però, bisogna segnalare anche un argento e due bronzi che mettono gli uomini di Scariolo sul podio nelle ultime 6 edizioni e 9 volte nelle ultime 10, bisogna infatti retrotrarsi al 2005 per un passaggio a vuoto, tra l’altro con un quarto posto, poi nel 1997, quando arrivò un quinto posto.
A riprova del valore costante del movimento, bisogna arrivare addirittura al 1977 per vedere la Spagna fuori dalle prime 8.
La Familia, come amano chiamarla gli stessi giocatori, ha vissuto un’epopea irripetibile che conta anche 2 mondiali vinti e vari argenti olimpici, sfiorando anche l’oro contro gli USA di Kobe nel 2012 (non senza qualche polemica verso gli arbitri).
Oggi Scariolo, con contratto fino al 2023, affronta una transizione che vive un interludio tra l’eredità dei Gasol – che fa prodotto il proprio canto del cigno con i Mondiali 2019 – e le aspettative per l’unicorno Aday Mara, chiamato ad essere la prossima “Big Thing” del basket spagnolo.
In questa situazione pesa l’assenza di Ricky Rubio per infortunio, ma anche la progressiva perdita di considerazione per il talento locale, denunciata a più riprese sulla stampa locale, con giocatori che vanno via giovanissimi (vedi Santi Aldama) o si trovano a dover sgomitare in club di secondo piano. Non è un caso, infatti, che solo Rudy Fernández (dopo l’infortunio che ha escluso Llull) rappresenti le due finaliste della scorsa Liga Endesa.
Non si può che considerare, poi, la polemica per la nazionalizzazione e convocazione di Lorenzo Brown: i più critici sono stati Rudy Fernández ed Álex Abrines, ma Garbajosa, oggi presidente della FEB, ha tirato dritto rigettando ogni appunto mossogli e Scariolo ha preferito l’ex Kazan ad Ibaka; per Mirotic, potenzialmente un fattore, la questione non si è nemmeno posta dopo l’infortunio patito in off season, per lui si parla di un ritorno a stagione già più che avviata.
I punti di forza di questa Spagna sono ancora nebulosi: l’impressione è che Scariolo punterà forte sui due NBA più scafati, ovvero i fratelli Hernangómez (a cui viene chiesto un salto di qualità), e sulla regia di Brown, anche se il livello medio, nonostante la situazione da lavori in corso, è alto e potrebbe fare la differenza, soprattutto quando le stelle verranno fatte riposare. Sicuramente c’è entusiasmo, il dubbio è cosa questo possa portare.
Lascia pensare, invece, la situazione sugli esterni: Brizuela resta l’eterna incompiuta, capace di cose straordinarie, ma dannatamente incostante, Rudy Fernández potrebbe patire le tante partite ravvicinate, specialmente dopo una stagione estenuante come quella vissuta con il Real Madrid con le sue 37 primavere. Abbiamo detto che il livello è complessivamente alto, ma non possiamo dire lo stesso dell’esperienza di molti elementi scelti dal ct: su 12 giocatori, solo 5 hanno disputato competizioni dall’Eurolega in su, altri sono ancora in attesa di definitiva consacrazione. È un lancio di moneta, per certi versi: o l’esplosione definitiva o una carriera in secondo piano.
Sta di fatto che questa Spagna, come ai Mondiali 2019, non parte certo nel novero delle favorite, e stavolta non ci sono nè Ricky Rubio nè Marc Gasol a venire fuori nel momento del bisogno.
I 12 definitivi scelti da Scariolo:
LORENZO BROWN |
JAIME FERNÁNDEZ |
ALBERTO DÍAZ |
DARÍO BRIZUELA |
RUDY FERNÁNDEZ |
X. LÓPEZ ARÓSTEGUI |
JOEL PARRA |
SEBAS SAIZ |
JAIME PRADILLA |
USMAN GARUBA |
JUANCHO HERNANGOMEZ |
WILLY HERNANGÓMEZ |
Elio De Falco
Nell’immagine la Spagna, foto FIBA