Alla vigilia dell’inizio della seconda fase abbiamo avuto il piacere di intervistare Daniele Parente, capo allenatore di Trapani Shark squadra che milita nel girone verde della Serie A2 Old Wild West. Coach Daniele Parente è stato un giocatore di pallacanestro nel ruolo di playmaker. A Livorno ha disputato ben 8 campionati tra Serie A1 e Serie A2, nel 2001 ha avuto il suo primo grave infortunio al tendine d’achille, restando fermo a lungo. Nel 2004/2005 ha conquistato la promozione in Serie A1 con la Caffè Maxim Bologna, l’anno successivo viene riconfermato ma fu costretto a chiudere anzitempo la stagione a causa di un’altra rottura del tendine d’achille, stavolta l’altro. Dopo un anno di inattività viene chiamato da Pesaro per disputare gli ultimi 3 mesi di stagione in una serie più bassa conquistando la promozione in Legadue. Nell’estate del 2006 è arrivata la chiamata di Brindisi restandoci fino al 2009, dove nel suo secondo anno ha conquistato una promozione in Serie A. Nel 2014 appende le scarpette al chiodo e nell’estate dello stesso anno inizia la carriera da allenatore nelle giovanili di Trapani per 3 anni fino al 2017. Nello stesso anno diventa vice allenatore di Ugo Ducarello sempre a Trapani in Serie A2, l’anno successivo dopo l’esonero di coach Ducarello assume la guida della prima squadra da capo allenatore meritandosi la conferma anche per le stagioni seguenti. Nel 2023 viene riconfermato come head coach di Trapani Shark, squadra che fino a questo momento sta dominando il campionato di Serie A2 sotto la nuova presidenza di Valerio Antonini, con l’obiettivo di salire in Serie A1 nel più breve tempo possibile.
INTERVISTA
1) Buongiorno coach innanzitutto grazie della disponibilità. Che ricordi ha degli 11 anni vissuti a Livorno e che ruolo ha avuto quella parte di carriera nel prosieguo?
1) “Un periodo stupendo. Sono arrivato a Livorno a 15 anni con l’entusiasmo e le paure di un adolescente, sono andato via 11 anni dopo da uomo e giocatore. La città dove sono stato per più tempo esclusa casa mia (Vasto), dove ho ancora amici, dove ho formato il mio essere ma soprattutto dove ho avuto la fortuna di incontrare le persone fondamentali per la mia crescita dentro e fuori dal campo. Aver fatto tutta la trafila dal settore giovanile alla Serie A1 nel Don Bosco Livorno è motivo di orgoglio. Ma sono stato fortunato perché ho incontrato persone che mi hanno aiutato a realizzare un sogno da bambino e soprattutto mi hanno dato gli strumenti per far sì che ancora adesso la pallacanestro sia la mia passione ed il mio lavoro. Quindi Livorno rimarrà sempre un posto che posso chiamare casa. Eternamente grato a chi mi ha accompagnato e istruito in un periodo delicato in campo e fuori.”
2) Che ricordo ha della promozione ottenuta a Bologna?
2) ” Ricordo bellissimo nonostante l’infortunio, come tutte le promozioni, tutti i giocatori dovrebbero aver la fortuna di giocare a Bologna per capire veramente cosa vuol dire Basket City e respirare la pallacanestro 24 ore.”
3) Quanto ha pesato il grave infortunio rimediato nel 2005 a Bologna? Come si esce a livello umano più che tecnico da un infortunio del genere?
3) ” Credo che abbia inciso parecchio. Avevo già rotto il primo tendine d’achille nel 2001, quando ho rotto l’altro beh…è stata dura. Ma credo che poi bisogna essere realisti, sapevo le tempistiche di rientro, sapevo che ritornare a quel livello sarebbe stato utopistico con entrambi i tendini operati. Quindi piano piano ho rimesso insieme i cocci e poi sono ripartito da un livello più basso ma in piazze storiche dove il basket era il primo sport (Pesaro e Brindisi). Non rimpiango niente, gli infortuni fanno parte del pacchetto della vita di uno sportivo. La cosa importante per me è che non so quanti avrebbero ricominciato o continuato, ma avevo deciso che avrei smesso quando lo dicevo io. Ho avuto ragione, ho giocato per altri 8 anni e altre 3 promozioni.”
4) Che ricordi hai dei tre anni a Brindisi e tre di Torino?
4) “Arrivavo da 3 mesi giocati a Pesaro dopo un anno di inattività. La chiamata di Brindisi è stata una fortuna. Cercavo un posto con pressione e soprattutto con un progetto per vincere, un posto dove sei costretto a dare il 120%. In casa il palazzetto era pieno due ore prima, in trasferta sempre al seguito. Sapevo che sarebbe stata dura il primo anno perché purtroppo non ero ancora pronto al 100%, ma il secondo anno abbiamo centrato la promozione. Sentivamo una città che spingeva, che aveva un’esigenza emotiva di tornare in Serie A dopo tanto tempo. La cosa più bella è quando vedi un popolo che festeggia per qualcosa che tu hai contribuito a realizzare. È impagabile per me, vuol dire che hai regalato un po’ di felicità. Torino altri tre anni, avevo già superato i 30. Progetto interessante, intrigato anche dal fatto che ci sono nato ma in realtà mai vissuta. Intrigato anche dal fatto che mio padre da giovane aveva fatto le giovanili nell’Auxilium Torino. La conoscevo come città perché l’ho sempre frequentata durante le festività. Ho trovato una città bellissima, elegante e vivibilissima. Progetto di tre anni concluso con l’approdo in A2. Anche lì riportare una piazza storica in Serie A non è stato semplice, perché vincere contro Juventus e Torino è difficile.”
5) Per intelligenza cestistica eri considerato una sorte di allenatore in campo, è stato così naturale il passaggio da giocatore a coach?
5) “Non lo so. Sicuramente mi è sempre piaciuto studiare il gioco e capire subito i compagni di squadra. Durante gli infortuni lunghi ho iniziato a vedere le partite con occhi diversi, diciamo a guardarle come farebbe un allenatore, a vedere i dettagli e via dicendo. Ci provo a fare il coach ma l’unica cosa che ti posso garantire è che era meglio la vita da giocatore (sorride ndr).”
6) Da una vita a Trapani, che rapporto si è instaurato con la piazza? In una pallacanestro dove le bandiere non esistono più, quanto effetto ti fa essere considerato un’icona del basket trapanese?
6) “Ho iniziato la carriera di allenatore qui, dal settore giovanile fino alla prima squadra, è la città di mia moglie e dove è nata mia figlia, il secondo posto dove sono rimasto più a lungo dopo Livorno. Il basket trapanese ha le sue leggende, tra giocatori e presidenti del passato. Sono stato fortunato ad iniziare dove ho la famiglia e devo ringraziare chi mi ha dato la possibilità e avuto l’idea di scommettere su di me. Resta una città che per quel che mi riguarda e per il lavoro che faccio ha una qualità elevata. Poi sono consapevole che nel mio lavoro la valigia è sempre pronta, ma resta sempre un posto ideale per vivere.”
7) Il Presidente Antonini è un personaggio che sta facendo discutere e non poco: che tipo di persona è? Si aspettava un impatto simile nella piazza trapanese?
7) “Il primo aggettivo per descriverlo sia: coinvolgente. Ti trascina dentro i suoi progetti senza neanche che te ne accorgi, competitivo ed esigente ai massimi livelli e soprattutto ha una visione di alto profilo per lo sport cittadino. Ha ribaltato una città, ha creato una polisportiva, ha ristrutturato a sue spese stadio e palasport. Ha investito nelle squadre e ha riacceso l’entusiasmo di entrambe le tifoserie. Soprattutto nel basket ben venga chi è disposto a investire capitali. Merce rara e Trapani è fortunata.”
8)Una squadra costruita cercando tanti nomi importanti basti pensare a Horton e Imbrò: su che basi è stato costruito il roster e quanto è stato complicato assemblarlo anche alla luce del rifiuto di Williams?
8) “Mercato partito tardi, il Presidente ha sparigliato le carte, abbiamo giocatori importanti, un roster lungo, due stranieri top. 8/10 sono nuovi, solo due avevano giocato insieme di questi 8. Mollura ha saltato tutta la pre-season, Horton è arrivato alla quarta di giornata. La scommessa era e rimane l’equilibrio tecnico e la chimica. Il talento era chiaro al secondo allenamento, ma se non supportato deragliare è un attimo.”
9) Siete partiti ad inizio stagione con tante pressioni ed anche una battuta del presidente, che ha dichiarato “se non vinciamo il campionato alleno io”. Che effetto ti ha fatto leggere quella dichiarazione?
9) “Se un presidente investe molto è giusto che pretenda di vincere. Lo pensavo anche da giocatore. Chi è stato chiamato per questo progetto (dai dirigenti, passando per lo staff tecnico ai giocatori fino a chi lavora intorno alla squadra) sa qual’è l’obiettivo. Quindi siamo contenti di aver avuto questa chance e di potercela giocare.”
10) Questa stagione finora è storica: quanto state avvertendo la pressione ed in cosa può ancora crescere Trapani? Quanto è stato importante aver conquistato la Supercoppa?
10) “Credo che fino ad adesso siamo stati bravi a pensare molto a breve termine con obiettivi giornalieri e settimanali. Piccoli passi in avanti, qualche stop fisiologico è normale. È ancora molto lunga e la pressione fa parte del lavoro, ma ora arriverà la parte più difficile ma anche quella più bella. La Supercoppa rientra sempre nel basket di precampionato, ma quando poi arrivi alle finali tutti vogliono provare a vincere. È stato bello, la prima volta per Trapani…vincere aiuta a vincere…ma per fortuna siamo tutti intelligenti …e resta sempre basket di Settembre.”
11) Il tifo a Trapani non è mai mancato, la tifoseria organizzata è sempre stata presente in ogni trasferta riempiendo il settore ospiti: quanto conta tutto ciò per voi?
11) “Una stagione vincente non può prescindere dai propri tifosi. Se puoi dare per scontato in casa il fatto, in trasferta ti danno una carica in più perché avverti il senso di voglia e di appartenenza di venire a vedere la squadra della loro città, sia per i non residenti sia per chi parte da Trapani. Motivo in più perché non puoi non dare il 100%.”
12) Sono ufficiali gli accoppiamenti delle F4 di Coppa Italia ed affronterete la Fortitudo Bologna, quali insidie nasconde questa manifestazione?
12) “È una bella manifestazione. Un premio per la prima parte di stagione. Si gioca per un trofeo, partite secche tra squadre che hanno tutti lo stesso obiettivo. Squadre di talento e fisicità con allenatori che non hanno bisogno di presentazioni. Piazze storiche. Squadre che sono nell’elite di A2 da tanti anni come Forlì, squadre che hanno fatto la storia del basket italiano come Cantù e Fortitudo Bologna con tifoserie da Serie A1.”
13) Nella fase ad orologio andrete ad incontrare tante squadre del nord Italia e tante squadre storiche: come approccierete questa nuova fase di stagione?
13) “Come abbiamo finora. Una alla volta cercando di migliorarci, consapevoli che saranno 10 partite dove si alzerà l’intensità. Tutti giocano per il proprio obiettivo. Sarà complicato, sempre d’ora in avanti.”
14)C’è il rischio che la piazza possa sentirsi già promossa in Serie A? La sensazione è che questo sia un campionato di alto livello, che ne pensa?
14) “Il tifoso è libero di sognare, a noi il compito di continuare a farli sognare tenendo la testa bassa, continuando il nostro percorso, rispettando tutti perché il livello si è alzato e si alzerà per forza di cose ulteriormente.”
Ringraziamo coach Daniele Parente e la società Trapani Shark per la disponibilità.
Foto credit: Gianluca Colombi – Trapani Shark