DA PARIGI A PARIGI, ALMENO SI SPERA
Ci sono squadre che ti avvicinano ad uno sport in maniera inesorabile, il 1999 vide il basket averne (almeno) due.
Se non ci era riuscita, infatti, la Varese della Stella guidata dall’allegra follia dei Pozzecco, De Pol e Andrea Meneghin, il resto lo fece una squadra che una stella disegnata sulla maglia ce l’aveva, ma rappresentava tutti, era l’Italbasket.
Gli Europei francesi rappresentavano una sottile linea di demarcazione per una squadra che, fallita la qualificazione ad Atlanta ’96, era cresciuta arrivando all’argento l’anno dopo ed aveva davanti il bivio tra l’essere ricordata come una generazione d’oro o un grande rimpianto.
Come al solito, quando ci si gioca tanto, le prime a presentarsi all’appuntamento sono sempre le polemiche che, coincidenza vuole, avevano le sembianze di chi, oggi, si trova a fare le scelte più controverse, Gianmarco Pozzecco.
Vox populi avrebbe voluto il leader della Varese scudettata a guidare un’Italbasket che aveva a propria disposizione elementi come Carlton Myers, Gregor Fucka, Andrea Meneghin, Alessandro Abbio, Roberto Chiacig o un giovane Gianluca Basile.
Ma Boscia Tanjevic non è mai stato uno molto attento alle richieste delle piazze, sceglieva lui e se ne assumeva la responsabilità. Non è un caso che, in quel di Trieste, la sua voce sia ancora tenuta molto in conto.
Parla quando necessario, ma parla chiaro. Ed esclude Pozzecco perchè preferisce playmaker alti, generando reazioni indignate del popolo dei CT.
Lo stesso Pozzecco dirà pubblicamente, più volte, che, nonostante la delusione, apprezzò la franchezza di Boscia, ma in quel momento il coach che pose le basi della Caserta tricolore ha milioni di detrattori pronti a rendergli la vita impossibile.
L’esordio con la Croazia vede gli azzurri scialacquare 19 punti di vantaggio e uscire sconfitti.
Apriti, cielo!
Tanjevic sotto accusa, Myers colpevole della sconfitta, vedove di questo o di quello pronte a spuntare. C’è da ringraziare che non esistessero, ai tempi, i social media.
Da lì, però, l’Italia cambia marcia, passa in scioltezza le partite contro Bosnia Erzegovina e Turchia e volano a Le Mans dove li attendono Germania, Repubblica Ceca e Lituania.
Tedeschi e cechi vengono travolti dal ritrovato entusiasmo, tuttavia arriva il secondo ceffone con le fattezze di un certo Arvydas Sabonis, 25 punti e 13 rimbalzi nel 74-62 che ci manda, da secondi, nella parte più dura del tabellone dei quarti.
Altra coincidenza, Sabonis figlio è uno degli ostacoli da superare per arrivare ai Giochi 2024.
La Russia si frappone, invece, tra quell’Italbasket e le Olimpiadi di Sidney 2000, tuttavia è una versione molto lontana dall’URSS capace di soffiare successi agli USA.
Karasev (22 punti) non basta, gli azzurri volano sul fattore Fortitudo, 22 punti per Myers, 19 per Fucka, con i varesini De Pol e Meneghin a smazzare assist, 5 a testa. 79-102, il campo base è alle spalle, si torna ai Giochi.
La strada per la vetta, però, deve superare lo scoglio Jugoslavia.
Per tanti era la finale anticipata, Bodiroga fa di tutto per dare un dispiacere al suo mentore con una prestazione da 17 punti e 13 rimbalzi, ma è l’Italia a venirne fuori con una difesa granitica che concede soltanto 23 punti ai Blavi nel primo tempo.
Ai Blavi, ovvero alla somma dei talenti di Bodiroga, Scepanovic, Divac, Danilovic, Loncar e chi più ne ha più ne metta.
Meneghin, 16 punti, e Fucka, 17, prendono per mano gli azzurri, è finale contro una Spagna che aveva visto la sua generazione d’oro emettere i primi vagiti a livello giovanile.
Non era, però, una squadra da sottovalutare.
Corrales e Herreros ci provano, ma a Parigi è dominio azzurro.
Fucka, doppia doppia da 10+10, e Myers, 18, dominano in lungo e in largo e solo un sussulto d’orgoglio iberico permette agli uomini di Lolo Sáinz di non sprofondare.
25 anni fa, Parigi assumeva toni azzurri, un anno dopo Carlton Myers sarebbe stato il portabandiera della sfortunata spedizione olimpica.
Una generazione si congedava, ne sarebbe seguita un’altra con Galanda, Basile, Chiacig, Marconato e proprio l’allora escluso Pozzecco, sotto l’ala di Charlie Recalcati, a fare da trait d’union che avrebbe incantato Stoccolma e Atene pur senza i favori del pronostico.
Gli eroi di Parigi, dopo quelli di Nantes, scolpiti nella pietra della Storia, nella nostra Naismith Hall of Fame del cuore, forgiati attraverso il fuoco delle migliaia di obiezioni, feroci filippiche e sconfitte rivelatesi addirittura terapeutiche.
Di quella stessa Parigi a cui aspirano gli azzurri di oggi, quelli che Pozzecco, in un contrappasso dantesco, ha scelto generando polemiche sulle esclusioni.
Perchè, anche 25 anni dopo, Parigi val bene…le critiche.
Sperando di rivivere momenti del genere.
Elio De Falco
Foto credit: FIP