Il nome di Alex Finelli è parte integrante delle cronache cestistiche della Penisola da talmente tanto tempo che si fatica a credere abbia solo i 55 che effettivamente gli riconosce l’anagrafe. Uomo con la valigia per antonomasia, è partito dalla Fortitudo Bologna, per poi girare l’Italia intera, da nord a sud.
Questa volta è approdato a Treviglio, nella provincia bergamasca, quella che coltiva l’ambizione attraverso il duro lavoro. L’asticella è posta in alto, ma non è impossibile: superare la concorrenza agguerrita delle altre pretendenti e fare rotta verso i lidi della Serie A.
Partiamo dall’esperienza di Treviglio: che tipo di realtà si sta rivelando?
Sono arrivato a Treviglio il primo di novembre, dopo che aveva disputato quattro gare di campionato. Per me è una bellissima opportunità, e ho trovato una proprietà ambiziosa, che aveva costruito in estate, con coach Carrea, una squadra esperta, con un bel potenziale.
Alla guida del club c’è un proprietario alla sua seconda stagione, Stefano Mascio, che ha cercato di dare un’impronta molto professionale e molto organizzata, con ruoli precisi in ogni settore del club. L’obiettivo è crescere è costruire una realtà solida, che lotti per il vertice di questa lega, anche per vincere il campionato cantiere. Inoltre c’è anche un progetto per la costruzione di un nuovo palasport.
Si tratta quindi di una società emergente che coltiva desideri importanti.
A proposito di palazzo della sport: al PalaFacchetti le presenze sono numerose.
Si sta creando un bell’entusiasmo, tant’è che c’è stato un incremento del 10% di affluenza nel girone di ritorno. È una realtà che vive di pallacanestro da decenni, e che sta sperimentando un momento molto coinvolgente, perché la tifoseria e gli appassionati si rendono conto che questa è una squadra competitiva.
In più c’è tutto il lavoro che il club sta facendo per coinvolgere i giovani: è sorta una Academy che si occupa del settore giovanile, sono state strette delle collaborazioni con tante società del territorio, e quindi c’è certamente una bella fetta di famiglie, di ragazzi e ragazze che fanno attività giovanile. Tutto questo contribuisce a far arrivare sempre più persone al palazzetto.
Guardando il roster saltano agli occhi molti nomi: alcuni li abbiamo visti in A e addirittura in Nazionale, come Luca Vitali, Brian Sacchetti e Bruno Cerella, altri sono esperti della categoria come Davide Bruttini, Marco Giuri, Eric Lombardi e Pierpaolo Marini. Com’è guidare una squadra di veterani come questa?
È un lavoro stimolante mettere tutto assieme, e fare in modo che ognuno di loro abbia il proprio ruolo, le proprie responsabilità, e possa essere messo nelle giuste condizioni. Sono tutti giocatori di grande esperienza che devono sentirsi emotivamente coinvolti, e parte integrante di un team di undici giocatori.
In questo senso è importante definire bene ruoli, responsabilità, partecipazione: tutti devono sentirsi importanti, utilizzando quelli che sono i loro punti di forza.
Alex Finelli però manca dalla Serie A dal 2013: non è mai arrivata l’offerta giusta oppure la A2 è un ambiente più confortevole?
Non è mai arrivata l’offerta giusta. Se avessi avuto l’opportunità, l’avrei accertata. Le offerte migliori per situazioni più competitive le ho ricevute dalla A2, dove ho lavorato con qualsiasi tipo di obiettivo. E ho avuto anche la fortuna di allenare club che giocano per vincere: mi è capitato in questo caso, ma anche con Mantova nella stagione interrotta dal Covid, o due anni fa a Scafati.
C’è qualcosa che accomuna Treviglio ed esperienze passate in realtà medio-piccole come Rieti, Montegranaro, Livorno, Reggiana, Forlì?
Tutte queste realtà hanno un’importante tradizione, e che hanno giocato parecchie stagioni anche in A: hanno tutte un passato importante, alcune molto importante. Treviglio non ha ancora vissuto certi momenti, e c’è quindi il gusto della novità di lottare per il vertice di questa competizione.
Ha molta tradizione, ma fatta soprattutto di attività giovanile, di Serie B, di anni di A2 lanciando i giovani. Questa è una situazione nuova, e come tutte le situazioni nuove viene vissuta con l’entusiasmo di chi per la prima volta si affaccia a certi obiettivi.
Cosa c’è, invece, della pallacanestro, nell’attività parallela di team building che Alex Finelli svolge per le aziende?
Quello che mi capita è semplicemente portare una testimonianza di come la pallacanestro sia uno sport di riferimento, se si vuole trasmettere come si costruisce e come funziona un team. Faccio conoscere il basket e le sue dinamiche moderne, le caratteristiche dei giocatori di squadra eccellenti, per far capire come lavorare al meglio in gruppo.
È una metafora, e una forma di apprendimento anche quella.
Il progetto Like Skills, infine: come nasce, e quali sono i punti di contatto con il basket?
È un progetto di cui sono stato uno dei fondatori, rivolto ai giovani. Si tratta di diffondere le “Competenze per la Vita”, ovvero quelle che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato e definito nel 1993, che servono per migliorare il benessere di qualsiasi persona: adolescenti, adulti, mondo del lavoro. Prima si insegnano, nelle scuole, meglio è, proprio perché sono collegate alla salute.
Giocare a pallacanestro offre la possibilità di acquisirle, perché significa abbracciare tutte le competenze trasversali che servono nella quotidianità, dalla capacità di comunicare a quella di collaborare, da quella di prendere decisioni il più possibile pertinenti a quella di risolvere problemi in campo, da quella di provare empatia verso altri componenti (compagni, avversari, arbitri, allenatori) a quella di prendersi la responsabilità delle proprie azioni, così come quella di perseguire degli obiettivi comuni.
Luigi Ercolani