Tony Cappellari
Nel torrido dei Navigli milanesi, schivando le bande di maranza, singhiozzando davanti a quello che resta del Torchietto, un rifugio dove potevi curare la tristezza per una sconfitta, festeggiare quello che nessuno avrebbe più potuto portarci via perché resta scritto in tanti albi d’oro.
Non sono impazzito, anche se l’estate è durissima e il calore fa danni come la droga degli zombie. Camminare rende liberi e ti rende padrone dell’oggi, togliendoti la schiavitù del domani.
Quando leggerete il mondiale asiatico avrà detto quasi tutto sull’Italia che Pozzecco ha presentato a Manila. Noi ci teniamo il suo sorriso e quella dichiarazione della vigilia che è davvero un capolavoro: “ Possiamo perdere con tutti, ma quello che abbiamo fatto nella preparazione, le vittorie ottenute, la mentalità del gruppo, la passione e l’amore per la maglia, quelle resteranno.” Verità indiscutibili che ci hanno tolto l’angoscia per questo campionato. Un lavoro giusto sulla mente anche dei giocatori. Una squadra non proprio bassotta come ha detto Peterson, ma certo inferiore fisicamente a molte delle squadre andate in campo fra Filippine, Indonesia e Giappone. Un brodo allungato per vendere meglio alle televisioni, per accontentare tante federazioni votanti, una festa che ci siamo goduti perché iniziata con il sorriso e le “dolci stranezze” di Gianmarco guascone che a fin della licenza sa toccare il cuore dei giocatori e della gente.
Quando Petrucci lo ha scelto in tanti ci siamo chiesti che allenatore sarà Pozzecco ripescato sul mare spagnolo: quello che si straccia la camicia, quello che esce piangendo dal campo dopo essere stato espulso o, magari in lacrime, magari il Poz da combattimento che ha fatto un bellissimo europeo e non si è preoccupato di avere tanta gente dalla sua parte per le vittorie nella preparazione, sapendo bene, come dimostrato anche dai mondiali di atletica, che gli italiani vanno al massimo se nessuno scommette su di loro come potrebbero testimoniare i bearzottiani del mondiale spagnolo, i lippiani di quello tedesco.
Personalmente posso ricordare i giorni in cui Vittorio Ferracini, grande capitano nella mia Olimpia, eccellente uomo squadra sul campo, quasi all’inizio di una brillante carriera come agente di giocatori, mi propose il Pozzecco sperduto a Livorno per la Varese che mi aveva scelto come manager.
A Masnago imperava come allenatore Dodo Rusconi, uno che aveva fatto grandi cose come giocatore e che prometteva davvero tantissimo nella vita da allenatore cresciuto alla scuola superiore di Gianni Asti e all’università di Aza Nikolic. Sapendo che il matrimonio Dodo-Poz non sarebbe stato facile, sottoposi Ferracini ad un interrogatorio tipo quelli che faceva sempre Bogoncelli quando doveva scegliere un tecnico o un giocatore per la sua Olimpia.
Toio stava facendo bene nel nuovo lavoro. Dimostrando che si può essere buoni agenti pensando prima di tutto al bene dei giocatori. Magari qualche milione in meno, ma collocazioni in squadre con ambizioni, dove il progresso tecnico sarebbe stato assicurato. Ero contento di averlo aiutato e spinto nella nuova professione, ma in questo caso pretendevo garanzie perché Varese era davvero piazza esigente e Rusconi, anche se aveva vissuto gli anni dello splendore varesino con maglia Ignis dove lo “ scherzo” era nella filosofia di gruppo senza risparmiare neppure il professor Nikolic, non era tipo che accettava un regista mattocchio.
Sappiamo come è andata, anche nel nuovo palazzo di Masnago ci sarà sicuramente uno spazio per la stella conquistata dai pirati di Recalcati dove Pozzecco cambiava colore dei capelli in base all’andamento del campionato.
Poi quando Seragnoli cerca Bulgheroni per avere Gianmarco in regia alla Fortitudo l’operazione va in porto anche se Varese era pronta alla rivoluzione. Questa l’ha fatta Gianmarco, alla sua maniera e quindi nel tormento, con la Effe mitica di Jasmin Repesa. Società che dopo averlo visto al lavoro a Capo d’Orlando, a Varese gli permise, dopo tante rivoluzioni, di flirtare con la Fossa anche come allenatore. La sua vita in panchina non sembrava quella adatta al carattere di un uomo che seppure capace di visioni andava sempre in contrasto col mondo, soprattutto con chi arbitrava. Insomma sembrava pure lui, come tanti calciatori che hanno vinto il mondiale e poi hanno faticato come allenatori, prigioniero di se stesso, delle vittorie sul campo, di quella medaglia d’argento vinta ai Giochi di Atene, Olimpiade che ci manca dal 2004, ultimo anno in cui abbiamo anche vinto qualcosa con la nostra Nazionale. Ora nella stagione in cui le giovanili hanno fatto sapere che le nuove generazioni, così ben rappresentate al mondiale da Spagnolo, Procida, Severini, Pajola e Diouf, ci stanno riportando, fra uomini e donne, su qualche podio e questo è già un sollievo anche se quelli della pallavolo, con tanti figli e figlie di cestisti portati sott e sopra la rete, vincono ad ogni livello, in questo anno preolimpico, dicevo, abbiamo presentato una Nazionale con tanti difetti, ma con tanto cuore ed una mentalità diversa rispetto al passato recente dove pure avevasno tentato allenatori come Messina, Pianegiani, Saccheti.
Siamo contenti per la scelta di Petrucci, nella speranza che il matrimonio vada avanti perché il sorriso di Pozzecco ha fatto diventare davvero famiglia una Nazionale dove non tanto tempo fa molti ci andavano senza entusiasmo.