Classe, grinta e una visione di gioco sempre lucida. Lorenzo Uglietti è uno dei volti più solidi e affidabili della Pallacanestro Reggiana. Arrivato a Reggio Emilia con grande determinazione, si è rapidamente integrato nel gruppo biancorosso portando in campo energia, esperienza e spirito di squadra. In questa intervista ci racconta il suo percorso nel mondo del basket, il suo rapporto con la città, e anche qualche curiosità sulla sua vita fuori dal parquet. Dalle prime sfide in campo agli obiettivi futuri, curiosi di conoscerlo meglio? Iniziamo! Cominciamo parlando della città in cui da ormai due anni vivi: Reggio Emilia.
“A Reggio mi sento assolutamente libero, non è uno di quegli ambienti in cui non puoi uscire di casa. Credo che, soprattutto per il basket, sia difficile trovare un posto così in Italia. Qui il tifoso è molto educato: viene a salutarti, a fare una battuta, e ti fa sentire la vicinanza del pubblico e della città. Non è mai invadente, anzi. Per un giocatore è davvero bello vedere riconosciuto il proprio impegno e lavoro, anche solo con un complimento o una gratificazione da parte dei tifosi. Poi qua si vive benissimo: la qualità della vita a Reggio è incredibile; mi muovo ovunque in bici, c’è tranquillità.”
Il percorso di un atleta non si costruisce solo sul parquet: tra sacrifici, trasferte e allenamenti, anche le scelte personali e il contesto familiare fanno la differenza. Oltre al basket, lo studio ha fatto parte della tua vita. Che percorso hai seguito e come sei riuscito a coniugare l’impegno scolastico con quello sportivo? Come sei riuscito a gestire tutto e che ruolo ha avuto la tua famiglia in questo cammino?
“Mi definirei uno studente mediocre: non ho mai eccelso, ma neanche mai fatto male. Non sono mai stato bocciato, né ho mai preso debiti. Ero uno studente rispettoso, che non dava problemi, né ai professori né ai compagni. Fino alla quarta superiore è stato abbastanza facile coniugare scuola e basket. Poi, con il trasferimento a Biella e l’inizio degli impegni più seri, è diventato complicato. Tornavo tardi la sera e la mattina dopo dovevo essere a scuola, è stato un anno tosto, ma i professori mi hanno dato una grossa mano.”
Che scuola hai frequentato?
“Ho studiato per diventare geometra: finite le medie non mi sentivo abbastanza portato per il classico o lo scientifico, ma neanche per un tecnico puro, quindi ho scelto una via di mezzo. In quell’anno a Torino stavano sperimentando gli indirizzi sportivi, così ho frequentato una scuola dove molti studenti facevano sport a livello agonistico. C’erano sciatori, calciatori, ballerini, judoka… Confrontarmi con atleti di altri sport mi ha aiutato ad avere una visione più ampia anche del mio percorso nel basket. ”
E la famiglia?
“La mia famiglia è stata fondamentale: mi ha sempre supportato, senza mai farmi sentire pressioni. Anzi, mi hanno aiutato a trovare un equilibrio tra scuola e basket, incoraggiandomi a non mollare.”
Nel mondo dello sport moderno, i social media giocano un ruolo fondamentale nella visibilità e nella connessione con i tifosi. Tuttavia, non tutti i giocatori scelgono di farne parte. Con Uglietti, che ha sempre mantenuto una certa distanza dai social, abbiamo voluto approfondire il suo punto di vista su come l’impegno da professionista possa convivere con l’uso di queste piattaforme.
“Non ho i social, sono un po’ anticonformista da questo punto di vista, però so che oggi sono importanti. Non penso che influenzino troppo il nostro lavoro, certo, puoi ottenere più partnership con gli sponsor, avere più visibilità con i tifosi e rimanere in contatto con loro, ma secondo me questo non incide sul basket, sui contratti o sulla destinazione finale della tua carriera.”
Dopo aver parlato del suo rapporto con la città, degli studi e della famiglia ci spostiamo sul campo: quello da basket, dove Lorenzo Uglietti dà il meglio di sé ogni giorno. Gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di più sul suo approccio al gioco… come ti trovi nel tuo ruolo di giocatore squadra? Tu che fai una difesa fortissima e dai la priorità a quello piuttosto che ad una tripla …
“È sempre stato il mio ruolo. Fin da quando ho iniziato, la mia caratteristica principale è stata quella di impegnarmi in difesa, metterci energia e dare tutto per la squadra. I canestri, i tiri, l’attacco… quelli vengono da sé. Allenatori, compagni e squadre mi vedono come quel tipo di giocatore, e io stesso ormai mi identifico così. Sono arrivato fin qui grazie a questo atteggiamento, e non vedo il motivo per cambiare.”
Sempre restando in tema basket, abbiamo chiesto a Lorenzo un parere in merito allo sbarco dell’ NBA in Europa, un argomento molto caldo attualmente.
“Sto seguendo molto poco tutte le notizie che escono. Leggo solo i titoli, non vado troppo nei dettagli perché mi sembra ancora un’idea un po’ embrionale. Sicuramente il mondo NBA è un punto di riferimento per tutta Europa: come organizzazione, come eventi, come livello di giocatori… sono al top. È giusto guardarli, prenderne esempio, e provare a reinterpretare quello stile con il nostro modo di fare. Sono due realtà molto diverse, ma possiamo imparare molto l’una dall’altra. Potrebbe essere una cosa positiva.”
Un altro tema caldo per la pallacanestro italiana è la presenza di pochi giovani italiani nel nostro campionato e la preferenza di andare a “tentare la fortuna” al college.
“Ci sono tanti stranieri, anche ex NBA, e pochi ragazzi dei nostri settori giovanili. Però il fatto che alcuni, come Niang o Faye, provino ad avvicinarsi prima al mondo NBA secondo me è positivo. Ormai è il punto di riferimento, e arrivarci prima ti prepara meglio a quel livello. La preparazione però deve iniziare molto prima: non puoi iniziare a formare un ragazzo a 17-18 anni, quando magari già pensa al draft o al college. Bisogna partire dall’Under 14 o anche prima. Le opportunità in Italia ci sono, ma devi essere pronto a coglierle.”
Parlando di crescita, preparazione e delle sfide che un giovane deve affrontare per costruirsi un futuro nel basket professionistico, viene naturale chiederti qualcosa di più personale. Se potessi tornare indietro nel tempo… cosa diresti al Lorenzo di 13 anni? Cambieresti qualcosa del percorso che hai fatto finora?
“Cambierei davvero poco del mio percorso. È stato lineare, sono cresciuto passo dopo passo, ponendomi obiettivi raggiungibili e senza vivere grandi delusioni. Se potessi dire qualcosa al me tredicenne, gli direi di godersela di più, perché alla fine è uno sport e viverlo divertendosi rende tutto più semplice e bello. Forse lavorerei un po’ di più, soprattutto nei primi anni: se avessi avuto la consapevolezza di oggi a 18 o 19 anni, avrei dedicato più tempo al lavoro extra, alle cose su cui migliorare individualmente. Mi sono sempre impegnato e ho sempre dato il massimo in allenamento, ma un po’ di lavoro in più non avrebbe guastato. Detto questo, non ho rimpianti.”
Grazie Lorenzo e in bocca al lupo per i prossimi imminenti play off!