Si è tenuto presso il teatro Brancaccio di Roma l’evento “1983 Anno d’Oro per Roma” che vedeva per la prima volta insieme il Banco Roma, campione d’Italia 1982-1983, con la Roma dello scudetto calcistico dello stesso anno. L’evento, che ha visto anche la presenza nella platea del presidente del Coni Giovanni Malagò, è stato condotto dalla giornalista di La7 Cristina Fantoni e codiuvato da Stefano Boldrini (autore del progetto) e Piero Torri. Diverse le figure importanti di quel Banco Roma, che conquistò prima lo scudetto e poi la Coppa Campioni l’anno successivo, che hanno partecipato alla serata tra cui il coach Valerio Bianchini, Larry Wright (in collegamento dagli USA), Enrico Gilardi, Fulvio Polesello e Stefano Sbarra. A prendere subito la parola è stato colui che ha guidato quella cavalcata vincente nella stagione 1982-1983, il coach Valerio Bianchini:
“Ricordo il ritiro pre-campionato, facevamo giocare Larry Wright a calcio ed era il migliore di tutti. Nelle trasferte lunghe di campionato, non essendo ancora così diffusi i cellulari al tempo, giocavamo a carte, ci si fermava agli autogrill e si facevano cose con gioia dopo una vittoria e drammaticamente dopo una sconfitta. Personalmente nonostante fossi milanese ho sempre seguito poco il calcio, ma quando sono venuto a Roma sono stato invitato a cena da Carlo Ancelotti e per me è stato come un battesimo. Io il Mourinho del basket? C’è una certa differenza sul conto in banca (ride, ndr)”.
La guida di quel Banco Roma ha anche ricordato il suo arrivo nella capitale ed un aneddoto sul primo incontro con Larry Wright: “Mia moglie mi ha convinto a venire a Roma, era più contenta lei di me, mi ha convinto anche il fatto che c’erano giocatori validissimi. A Cantù avevo avuto un gran giocatore come Pierluigi Marzorati e dopo aver studiato scopro che Larry Wright, che aveva già vinto un titolo NBA, era sparito dai radar e che era difficile contattarlo. Andai dal capo degli agenti americani per chiedere di Larry e mi disse che si era ritirato e affermò “Penso che non sappia neanche che in Italia esista la pallacanestro”. Presi l’aereo ed arrivai a Monroe in Louisiana e lo incontrai. Stava tenendo un camp di basket ed è venuto a prendermi. Per pranzo mi invitò a vedere una partita del suo camp e mi portò in un “Recreation Camp” una struttura del comune, di cui fui stupito essendo abituto alle strutturate palestre americane. Entro nella palestra e trovo anche persone comuni (come il figlio del garzone del latte) che sfidano anche giocatori del college. Io volevo salire sugli spalti per vedere meglio, ma Larry mi fermò e mi consigliò di stare vicino alla porta e mi disse che il motivo era che giocavano senza arbitri e quindi spesso scattava qualche rissa. Io gli dissi che questo avveniva anche in Italia quando si giocava senza arbitri e lui mi disse “Ed anche in Italia tirano fuori i coltelli?”. Ne seppe anche gestire una e da lì capii che era un’eccellente giocatore ma anche un leader”.
Lo stesso Larry Wright in collegamento ha ricordato l’episodio, raccontando anche un aneddoto accaduto con coach Bianchini dopo un ko con la Virtus Bologna:
“Mi ricordo che avevamo perso di 1 e ci siamo fermati in un ristorante, coach Bianchini era arrabbiato e ricordo che presi tre piatti di tortellini, con lui che mi continuava a ripetere di prendere solamente uno. A Roma ho avuto la possibilità di giocare partite bellissime e mi sono divertito. Ricordo ancora l’arrivo di coach Bianchini in Louisiana, con mia moglie che decise di accoglierlo con un piatto di spaghetti. Quando sono arrivato è stato importante per me anche Enrico Gilardi, aveva un gran tiro. Quando ho visto la squadra, ho detto che questa era buona, ma che Enrico era un gran giocatore”.
Ha preso la parola poi Davide Timò, figlio del compianto presidente Eliseo Timò, colui che fu l’artefice del periodo d’oro del Banco Roma:
“Mio padre è stato chiamato dall’Avvocato Guidi per prendere il comando del Banco Roma. Lui di basket non conosceva molto, tifava le “Scarpette Rosse”, ma per lavoro aveva stabilito la capacità di saper gestire le persone ed aveva capito che per “sfondare” a Roma, bisognava avere due cose: giocatori di talento ed una persona che sapesse fare propaganda e far innamorare del basket. La forza della società, insieme al talento e la competenza della squadra ha permesso di ottenere risultati straordinari. Pensare che un anno prima la squadra stava rischiando di retrocedere e poi in sequenza vinse Scudetto, poi Coppa Campioni ed infine una Coppa Intercontinentale”.
Enrico Gilardi ha ripercorso poi gli anni d’oro che ha vissuto quel Banco Roma, ricordando il fantastico gruppo che si era formato in quegli anni:
“Sicuramente oggi non so come possa essere vissuto un successo di squadra, soprattutto se può avere caratteristiche diverse. In quegli anni fare gruppo era l’unica strategia vincente, tutti gli elementi della squadra dovevano rendersi utili, aspettando il proprio turno e trovando i tuoi momenti di gloria. Questo è mi permetto di aggiungere era un grande gruppo di Roma, abbiamo avuto la fortuna, vincendo la stagione regolare, iniziano i playoff si infortuna Hughes e troviamo Kea. Manca Robetto Castellano anima di questa romanità. Manca il compianto Marco Solfrini che da Brescia è venuto a Roma ed è diventato più romano di noi, era un romano acquisit. Sintesi della famiglia che la squadra era riuscita a costruire”:
Un altro giocatore importante di quegli anni, Stefano Sbarra ha dichiarato: “Se vogliamo parlare di una famiglia vicino a me ho i giocatori che ho ritenuto i miei fratelli maggiori, da cui rubare qualchecosa anche a livello comportamentale da professionisti, da giovane rampante. Il senso di famiglia ci sta tutto, quelli romani si davano fa fare per coinvolgere i mon romani per creare un gruppo vincente che nel giro di tre anni ha vinto tutto”.
Ha concluso Fulvio Polesello ricordando lo straordinario rapporto che si era costruito nella squadra in quell’anno e che poi ha portato a straordinari trionfi:
“Vedevamo più compagni che le famiglie, bellissimo periodo, rapporto forte ed importante. Vincere a Roma è una soddisfazione più grande, accolti da tutta la città, tutti ci riconoscevano per strada, situazione positiva, una grande esperienza. Lo testimonia il fatto che siamo qui anche oggi”. Vincere a Roma è importante per chi è romano, la Coppa Campioni qualcosa di più, vittoria arrivata nella seconda parte della partita. Eravamo sotto ci davano per spacciati, è entrato in partita Larry Wright e e ci ha trascinato alla vittoria. Una grande soddisfazione, loro erano più forti ma la palla è rotonda”.
Valerio Laurenti