di Maurizio Roveri
Ha ragione Scariolo. Nel dichiararsi “orgoglioso” della sua squadra e di come ha combattuto in una situazione difficile.
Contro un Partizan forte forte, in salute, in forma, gonfio di atletismo. E con tanta fisicità, da fare esplodere.
Sì, la notizia dell’indisponibilità di un giocatore di fondamentale importanza per la Virtus come Toko Shengelia, fermato dalla varicella, era arrivata all’improvviso e impietosa. Poche ore prima della partita contro lo squadrone di coach Zelimir Obradovic. Una notizia così normalmente ti taglia il fiato e le gambe, e ti spegne la luce, con l’effetto di un tremendo montante al fegato. L’assenza di un esperto guerriero come Shengelia andava ad aggiungersi a quella di Isaia Cordinier e alla indisponibilità di Iffe Lundberg, messo a referto, presente n panchina, ma non in grado di entrare nella battaglia.
Ce n’era abbastanza per buttarsi giù di morale e farsi assalire dai tormenti.
No, questa Virtus non lo ha fatto.
Ha reagito. Con umiltà, con intensa applicazione. Dimostrando dignità. Quella dignità che più volte il gruppo virtussino ha saputo far vedere, nelle serate delicate e difficili di questi cinque mesi nella principale competizione europea per Club. E in quasi tutte le sconfitte che ne hanno graffiato la pelle in questa estenuante prima esperienza nell’Euroleague moderna. L’Euroleague del terzo decennio degli Anni Duemila, l’Euroleague spietata che ti porta a combattere aspre sfide ravvicinate (e in mezzo alle quali… il calendario del campionato italiano ti butta in faccia, maliziosamente, una partita faticosissima con Tortona e poi una trasferta a Venezia!).
La Virtus ieri sera, dentro una “Segafredo Arena” bolognese gonfia di 9072 spettatori, ha avuto l’atteggiamento giusto. Pensieri positivi. Ci sono sconfitte che sono accettabili, quando sei incompleto, e ti mancano giocatori importanti, e commetti errori, ma dentro l’arena hai dato tutto. Fino all’ultima goccia di sudore e di energia. A proposito di energia: nel finale la Virtus in affanno, torturata dall’esplosività impressionante di Dante Exum, avrebbe avuto bisogno della fisicità e dell’energia di Semi Ojeleye. Per tentare di recuperare la partita. Ma l’ottimo cestista statunitense di origine nigeriana era già in sofferenza, ha resistito fin che ha potuto, proprio un suo canestro nelle prime curve dell’ultimo quarto aveva portato la Virtus Segafredo sul -2 (65-67) in questa gara combattuta puramente sul filo del rasoio. Poi… a 2’01” da termine Ojeleye è stato costretto a lasciare il campo. Anche lui out. Lesione muscolare addominale. A quel punto, il gruppo di coach Scariolo aveva ben poche armi a disposizione. E tuttavia, quando mancavano soltanto 2’36”, un canestro di Jordan Mickey teneva la V nera ancora dentro la partita. La situazione, però, era al confine dell’impossibile. E il cinico, opportunista Partizan alla fine ha vinto di 9: 79-88. Un punteggio che è un po’ ingeneroso nei confronti della V nera in una sfida sostanzialmente equilibrata. E decisamente emozionante.
E’ arrivata così un’altra sconfitta. Che brucia, poiché allontana il gruppo di coach Scariolo dalla zona playoff (che in realtà era, e rimane, un’illusione). Tuttavia la dignità è salva. Ed è ciò che conta veramente per la V nera, in questa avventura difficile confrontandosi con Club che l’Euroleague la conoscono profondamente.
Aggrappata al coraggio, la Virtus Segafredo ha saputo rendere la vita dura ad una squadra più forte. E più completa. Ha tenuto testa, in maniera commovente, al Partizan. Attaccandolo, sorprendendolo più volte nel primo tempo su quelle fantastiche linee di passaggio di Milos Teodosic per un Mam Jaiteh visto più coinvolto sottocanestro e più attivo rispetto a tante altre partite. Offensivamente la Virtus Segafredo ha fatto vedere belle soluzioni nel primo tempo, anche con la concretezza di Semi Ojeleye e di un Jordan Mickey che si è riproposto – dopo tanto tempo – in versione protagonista.
Il gruppo bianconero è stato al comando di otto punti (44-36) ad un certo punto del secondo quarto, e il PIR (cioè la Performance Index Rating) indicava un interessante 51-41. Non era tanto tranquillo, in quel momento, coach Obradovic…
Difendeva con notevole intensità, il Partizan, ma nella sua forte pressione su Belinelli e Teodosic il team di Belgrado finiva per sbilanciarsi. Venendo a trovarsi in difficoltà nel “coprire” il territorio sottocanestro dove la Virtus era rapida nel far arrivare palla. Quello è, solitamente, il territorio di caccia dei virtussini.
La squadra bianconera al termine dei primi venti minuti proponeva un apprezzabilissimo 68.4% nelle conclusioni da 2 punti (13 su 19). Oltre a 14 rimbalzi e 14 assist. E il PIR recitava 58 a 50.
Nell’intervallo coach Obradovic ha ridisegnato il suo Partizan. Con adattamenti difensivi che già dall’inizio del terzo quarto hanno cominciato a togliere fluidità all’attacco virtussino. Rendendogli più ostica la strada percorsa felicemente nel primo tempo. La Segafredo non è più riuscita con continuità a far arrivare la palla pericolosamente nel cuore dell’area avversaria, come efficacemente era riuscita a fare nella prima parte del match.
Cavalcando un James Nunnally da 6 su 6 nelle conclusioni dalla corta-media distanza (alla fine 7 su 8 da due punti e 1 su 2 da tre), un Kevin Punter reattivo, sgusciante, maturo, preciso (75% da due, 3 palle recuperate e nessuna persa, 18 di PIR, +20 di plus/minus, Yam Madar guardia israeliana del 2000, molto solido) e soprattutto la straripante forza fisica e mentale di Dante Exum (10 punti nell’ultimo quarto) il Partizan ha scavato il solco. Lasciando una chiara impronta del suo atletismo, della sua energia. E di una pallacanestro di qualità, che porta la firma di coach Zelimir Obradovic. Leggendario allenatore, il più vincente d’Europa. Al quale, tre anni fa, un bar di Cacak (la città natale di Obradovic) ha avuto l’idea di dedicare una birra. La “Zoc”, da un soprannome di questo leggendario coach.
Le 21 palle perse dalla Virtus Segafredo, in questa partita, fanno effetto. E potrebbero indurre a pensare che vi sia stata superficialità o mancanza di lucidità. No, non è stato così.
Sicuramente in una partita così intensa e così fisica, errori ve ne sono stati.
Non colpevolizzo la Virtus. Bisogna saper valutare. E quando una sfida si sviluppa sul filo dell’equilibrio, è sempre lieve la linea che delimita le virtù e gli sbagli. I meriti e i demeriti.
Ritengo che di queste 21 palle perse, quasi la metà sia da attribuire ai meriti del Partizan, della sua pressione difensiva e delle sue sapienti letture nel secondo tempo. Oltre ad uno stato di salute e di forma superiore a quello dell’incompleta Virtus che, ripeto, non ha avuto Shengelia, Cordinier, Lundberg e nel finale – quando ancora c’erano 3-5 lunghezze di gap – ha perso Ojeleye.