PARIGI. Una certezza, Caterina Banti e Ruggero Tita che nel bacino olimpico di Marsiglia confermano l’oro conquistato a Tokyo tre anni fa imponendosi nella vela, classe Nacra 17, per la decima medaglia di valore più alto vinta qui a Parigi; una sorpresa con il bronzo portato in dote da Ginevra Taddeucci nuotando per 10 chilometri nelle acque torbide della Senna; infine l’argento nella C2 500 metri ad opera di Gabriele Casadei e Carlo Tacchini che, nella gara più veloce della canoa, hanno superato di un decimo di secondo l’equipaggio spagnolo. Già all’ora di pranzo il bottino degli azzurri, dopo due giorni poco produttivi (appena due bronzi), ha avuto una bella impennata raggiungendo quota 30 e suggerendo una considerazione: già eguagliato il numero delle medaglie d’oro rispetto a Tokyo (10); incrementato di una unità (11) quello delle medaglie d’argento; solo 9 invece quelle di bronzo che tre anni fa furono in tutto 20, consentendo all’Italia di raggiungere quota 40, la più alta di sempre. Sarebbe bastato un pizzico di fortuna in più o di malanni in meno, ma anche qualche arbitraggio meno penalizzante per registrare – visto il gran numero di quarti posti – un bilancio decisamente migliore e che comunque oggi potrebbe ancora crescere con Elia Viviani in pista.

ARBITRAGGI. Ieri però è tornato prepotentemente di attualità il problema degli arbitraggi dopo la scandalosa conduzione di gara dell’arbitro montenegrino che ha condizionato pesantemente il quarto di finale del Settebello con l’Ungheria, alla fine perso ai rigori. L’arbitro ha punito con l’espulsione per brutalità, l’annullamento del gol di Condemi e un rigore per i magiari il colpo fortuito al volto di Manhercz a conclusione dell’azione del tiro. Ovviamente del tutto involontario. Due minuti al monitor e poi la conferma di un provvedimento che è costato all’Italia l’accesso alla semifinale. Il ricorso al Jury della World Aquatics è stato rigettato, ma il giocatore non è stato squalificato, riconoscendo così l’errore commesso dal fischietto montenegrino. L’Italia sta valutando il ricorso al TAS contro la decisione del Jury.

Questa purtroppo è solo l’ultima di una serie di decisioni avverse all’Italia e che hanno provocato reazioni, a volte spropositate, nel judo, nella boxe, nella scherma dove, sulla stoccata decisiva, è stata negata ad Arianna Errigo una possibile medaglia e a Filippo Macchi la medaglia d’oro del fioretto maschile.

Il caso montato ad arte nei confronti della pugile algerina, e alimentato addirittura dai nostri vertici governativi – in base a fake news di accertata provenienza che suggerivano che Imane Khelif fosse un uomo – con una violenza condannata dall’intero mondo sportivo nel metodo e nel merito, non ha certamente contribuito ad accrescere il clima di simpatia nei confronti degli azzurri.

FARFALLE. Dove, finora, almeno le azzurre sono state più forti delle giurie è la ginnastica. Dopo le storiche soddisfazioni ottenute dalle “fate” dell’artistica (un oro, un argento e un bronzo) è ora il turno delle “farfalle” della ritmica che hanno iniziato assai bene con Sofia Raffaeli che si sta confermando tra le prime al mondo e può puntare domani all’oro nel concorso individuale prima che scenda in pedana la squadra che, fin da Atene e ormai da vent’anni, è una presenza quasi costante sul podio.

CHIUSURA. Avvicinandoci alla chiusura, si comincia a fare i conti che si annunciano piuttosto salati. In termini economici, ma anche sociali. Man mano che l’entusiasmo collettivo, davvero trascinante, per i successi francesi va diminuendo, salgono gli interrogativi su quello che i Giochi lasceranno a Parigi e alla Francia. Sale la voce di chi lamenta una città militarizzata (pattuglie di gendarmi e soldati pattugliano in permanenza la città: 44.000 soltanto i poliziotti), sbarrata in più punti, con il costo dei prodotti e dei servizi più comuni aumentato in maniera ingiustificata per la durata dei Giochi senza la garanzia che, terminata la sbornia olimpica, torni al livello precedente.

Alcuni intellettuali denunciano l’appropriarsi dei luoghi d’arte da parte dello sport, i cittadini ingabbiati in percorsi obbligati, ben 17 stazioni del metrò chiuse, trasformando Parigi in un “parco tematico olimpico”, scomodando Max Weber nel definire la Parigi a cinque cerchi come la “gabbia di ferro”, teorizzata a fine Ottocento dal sociologo e filosofo tedesco nel definire la perdita di libertà e di autonomia determinata dal capitalismo.

Domenica sera sarà tutto finito, le Paralimpiadi che inizieranno la settimana successiva avranno probabilmente un impatto inferiore sulla città che, quasi deserta in questi giorni per le vacanze d’agosto e piena solo di turisti nei luoghi centrali e abitualmente più visitati, tornerà ad affollarsi per riprendere la vita di tutti i giorni.

L’epilogo allo Stade de France, dove si stanno disputando le prove di atletica, viene provato ogni notte tra l’una e le cinque, “quando lo stadio ci viene concesso” dice Thierry Reboul, direttore esecutivo del Comitato organizzatore, che annuncia una cerimonia di chiusura altrettanto spettacolare. Con la regìa di Thomas Jolly si sta preparando un evento “che avrà un successo ancora maggiore. Non mi attendevo tutta la fierezza, l’orgoglio, l’amore, la passione che l’apertura ha saputo generare nella città: la gente non vuole scendere da questa piccola nuvola che abbiamo saputo creare e che i risultati dello sport francese ha consolidato”.

Aspettiamoci allora, oltre a Tom Cruise, nuovi effetti speciali, in continuità con la festa del 26 luglio, riaffermando i concetti di tolleranza, partecipazione e di comunità “con l’intenzione di racchiudere tutte le percezioni positive che abbiamo ricevuto dai Giochi” nel passare il testimone a Los Angeles.

 

Nell’immagine Italia-Ungheria di pallanuoto, foto Federazione Italiana Nuoto

Mario Arceri