Lo stupore generato in tutta la lega per lo scambio blockbuster (rivisitato dal termine slang americano “blockbuster trade”) che ha portato James Harden ai Nets è di livello planetario. Dalla terra dei liberi fino al vecchio continente, addetti ai lavori, fan e personaggi di spicco in altri ambiti hanno riversato tutta la loro incredulità sui social, rimanendo sbigottiti in preda al torpore generato dall’incredibile scambio appena concluso.
Oddio, incredibile. In realtà proprio per niente e ce ne possiamo rendere conto solo dopo una più attenta analisi degli attori in campo. Ma andiamo per ordine.
UN NUOVO TRIO DELLE MERAVIGLIE
Sulla carta (e qui, cortesemente, evidenziatore e ripassate “sulla carta”) Brooklyn ha un trio offensivamente pazzesco. Irving, Durant e Harden insieme sono passibili da essere considerati al livello dei Big Three di Boston o di Miami o di Golden State, giusto per scomodare l’immediato passato. Parliamo di due continui candidati MVP, un campione NBA nel 2016 e forse – con Curry e Lillard – il miglior playmaker moderno.
Prima ancora di scendere in campo sono capaci di produrre almeno 90 dei punti di squadra, col solo talento offensivo. E questo è corroborato dalle statistiche degli ultimi anni, che li ha visti tutti e 3 gravitare intorno alla soglia del trentino a partita. Harden poi ancora di più. Steve Nash, almeno da quel punto di vista, può dormire tra i classici due cuscini. Il problema arriva, appunto, se si va a scavare sotto la patinata carta velina a cui è ammantata l’intera situazione.
CASO IRVING
Prima di tutto va sbrogliato un aspetto grottesco: Kyrie Irving, dov’è? La domanda è la stessa che si sta facendo la dirigenza Nets in questo momento, con in mano poco più rispetto a quanto sappiamo noi. Sparito da ormai più di una settimana giustificando la sua assenza con il più equivocabile “Personal reasons”, dopo più di 5 partite Irving non ha ancora fatto sapere nulla fino alla notte tra venerdì e sabato.
L’ex Duke infatti, appreso dello scambio di Harden, si è rifatto vivo al resto del mondo comunicando alla dirigenza Nets che vuole essere in campo per la partita di sabato contro i Magic, coincisa anche con l’esordio di Harden. Il problema è che lo stesso Irving, durante il periodo d’assenza, ha avuto la bellissima idea di presenziare al compleanno della sorella con tanto di selfie d’ordinanza, contravvenendo alle linee guida del protocollo anti-COVID19 imposte dalla lega. Ma anche questa “bravata” non è altro che la punta dell’iceberg di un comportamento completamente irrispettoso che Irving porta avanti ormai da anni verso le squadre che gli danno da mangiare (e che manicaretti!).
Sono risapute le continue esternazioni che lasciano increduli compagni e giornalisti: partendo dalla possibilità che la terra sia effettivamente piatta, passando al fatto che solo per l’assonanza tra il suo cognome e quello di Julius Erving, storica bandiera dei Nets, allora lui è per forza da considerarsi il vero salvatore di questi Nets. E la lista si allungherebbe col cattivo ricordo che ha lasciato ai tifosi bostoniani. I Nets al momento sono in attesa di una motivazione del perché questa azione di Irving ed anche le dichiarazioni dei compagni si sono fatte sempre più fredde, passando da un “sostegno al 100%” paventato da Durant, fino ad un “Ci deve delle spiegazioni” da parte della dirigenza.
Freddissimo in tal senso anche Stephen A. Smith di ESPN First Take, che senza mezzi termini ha detto chiaramente che Kyrie Irving “dovrebbe dichiarare il ritiro immediatamente.” visto che i Nets lo hanno continuato a pagare senza che lui si presentasse alla partita, offendendo (sempre nella logica di Smith) i tifosi dei Nets.
La felicità e l’attesa di vedere Harden in maglia Nets ha però fatto dimenticare, quasi a tutti, un particolare imbarazzante. Nelle foto che sono passate sui social è stato solito vedere Harden in grandissima forma, con la maglia Nets appositamente photoshoppata. Peccato che tal foto risalgono ormai ad almeno 5 anni fa, quando la condizione fisica di Harden non era così aberrante com’è tutt’ora.
Harden è apparso nella prima uscita con i Nets palesemente fuori forma, di almeno una quindicina di chili, senza nemmeno troppo esagerare. Un peso, in questo momento, che immaginiamo che si avvicini pericolosamente ai 120 chili per 1 metro e 95 scarsi. Tutta questa massa va per forza ad inficiare sulla tenuta fisica nel lungo periodo dell’ex MVP, interessando ginocchia, caviglie e schiena. Che poi abbia fatto 30 punti ed una tripla doppia è indubbio del suo incredibile talento.
Harden come Irving ha portato un cattivo esempio prima di essere scambiato: “Ci ha mancato di rispetto già al training camp”. Lo ha ammonito DeMarcus Cousins, personaggio che non ha mai avuto peli sulla lingua. E non ha nemmeno tutti i torti. C’è chi pensa che Harden ha volontariamente preso peso per forzare in ogni modo una sua uscita dai Rockets, condendo il tutto con dichiarazioni molto sfiduciarie nei compagni di squadra: “Questa non è una squadra da titolo!”.
SHAQ SAID
Anche Shaq ha avuto da ridire sul comportamento del giocatore losangelino: “Ha dato tutto? non è vero! Ha voluto un big man e gli hanno dato Dwight Howard. Gli hanno dato Chris Paul. Gli hanno dato anche il suo amico Russell Westbrook e nonostante tutto non ha mai vinto. Ora è voluto andare via per giocare con Durant e Irving mettendo in difficoltà una squadra intera. Ai Rockets c’è chi è contento che se ne sia andato. Harden non ha fatto nulla di speciale”.
Quando sei il leader, quando guadagni 30-40 milioni di dollari all’anno, sulle tue spalle ricadono le responsabilità maggiori. E lui è sempre scomparso quando contava. So che a Houston sono in tanti a essere contenti che se ne sia andato. Sarà contento anche lui, che ora a Brooklyn ha il suo superteam. Ma ora deve vincere. Già quest’anno”.
L’ESORDIO
La partita contro i Magic ha visto un Harden che ha passato la palla per gran parte del primo tempo per poi scatenarsi nella ripresa. Il quintetto ha portato anche un altro aspetto che andrebbe curato a dovere. La partenza di Jarrett Allen ha lasciato il posto da 5 titolare non a Jordan, come era facile e presumibile pensare, bensì a Jeff Green. In una riedizione del modello di gioco D’Antoniano che appunto fa da assistente all’Head Coach Steve Nash.
Al contempo, infatti, si è registrata una meravigliosa partita di Vucevic, che dentro l’area ha potuto avere vita facile. Appurato che DeAndre Jordan, purtroppo, non ha la tenuta per stare in campo tanti minuti, è comprensibilissimo immaginare che i Nets hanno l’obbligo di mettere mano al roster, nel tentativo di allungarlo il più possibile. Ad oggi appare molto corto, non certo la sfilza di nomi presenti nella panchina di Philadelphia o Milwaukee od anche le due di LA.
LE PROSPETTIVE
Ovviamente per l’inizio di campionato quei nomi ora presenti possono bastare, ma a Playoff inoltrati, alla novantesima partita stagionale, la fatica si farà necessariamente sentire e qualche braccio in più sarà d’aiuto per raggiungere l’agognato anello.
Un anello per il quale i Nets sono costretti a vincere nell’arco di due o tre anni: infatti per arrivare ad Harden, il futuro della franchigia almeno fino al 2027 è purtroppo del tutto segnato. Le prime scelte sono state inserite all’interno dello scambio per arrivare ad Harden, lasciando ai Nets una manovra debolissima sul campo delle giovani promesse ed obbligando la dirigenza Nets per i prossimi 6/7 anni ad operare solo nella Free Agency.
Ovvio che Brooklyn avrà più appeal di Memphis o Charlotte, per citarne un paio, ma obbligarsi ad avere solo giocatori di una certa età, non intercambiandoli con forze fresche, non è assolutamente un aspetto positivo per la franchigia. Soprattutto nella tragica ipotesi di una fuga generale delle proprie stelle, obbligherebbe i Nets a restare alla finestra per anni prima di poter ricostruire il proprio futuro.
Speriamo che la dirigenza Nets, nella figura del GM Sean Marks, riesca a fare tutti i dovuti calcoli. Perché la pentola, per ora, sembra molto vicina all’esplosione.
Raffaele Camerini