Claudio Toti, patron della Virtus Roma, è stato intervistato da Andrea Barocci per Il Corriere dello Sport dopo il ritiro della società capitolina dalla serie A:
“Sulla sua gestione, ognuno è libero di dare i propri giudizi e di leggere la situazione come crede. Io la leggo in modo differente. Credo di aver portato per vent’anni una società avanti con le mie sole forze. Nonostante tutte le difficoltà incontrate, ho sempre cercato di dare il massimo per far diventare la Virtus il più importante possibile e per lunghi anni ci sono anche riuscito. Quando sono iniziate le difficoltà, avevo detto che stavo facendo fatica ad espormi economicamente per un club che non era in grado di ottenere ricavi ed era anche molto lontano da un pareggio di bilancio. Le responsabilità sono le mie, non sono abituato a scaricarle sugli altri, non cerco scuse. Un errore che ho fatto è stato quello di non fermarmi prima. Ogni stagione andava peggio e con meno soddisfazioni da parte mia e del pubblico. La verità è che la Virtus da anni non trova uno sponsor. Se senza sponsor, con i soli ricavi del botteghino e dei diritti TV, si riesce a coprire solo il 30% di un budget già ridotto, evidentemente qualcosa non funziona, non si poteva andare avanti. L’iscrizione è avvenuta, perchè c’erano due trattative per la cessione alla quale ho voluto dare fiducia, sbagliando. Per me l’idea di lasciare Roma senza basket era una sofferenza. Al di là del fatto economico, per me la Virtus ha rappresentato vent’anni di vita che oggi ho visto distruggersi davanti ai miei occhi. La società americana, che era interessata si chiama “Kia Investment”. Essendo un fondo d’investimento ha provato ad ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Forse non gli bastava nemmeno che stessi cedendo il club gratis: magari gli americani volevano che io potessi andare avanti per mesi a sostenere le spese. Sulla multa da pagare, ora non so se la pagherò, bisognerebbe pensare al momento economico che sta vivendo tutto il paese. Dovremo fare un’analisi dei costi che servono per tenere in vita le società”.