di Maurizio Roveri

 

 

Dicono tanto dei “vecchi”, ma… le partite le vincono loro. Un Daniel Hackett guerriero dagli occhi fiammeggianti come un eroe uscito da un poema epico di Omero. E Marco Belinelli, coraggioso capitano della V nera, che getta il cuore oltre l’ostacolo e si contorce, s’attorciglia, s’allunga  mentre lancia quei rapidi, imprevedibili, velenosi tiri da 3: razzi che diventano un incubo per i difensori avversari. Soprattutto quando il “Beli” è caldo come una stufa.

Personaggi ispiratissimi. Protagonisti di un vibrante ed emozionantissimo “derby d’Italia” sulla strada dell’Euroleague. Nel Round 34, ultimo atto d’una appassionante regular season, sui legni della Segafredo Arena bolognese la V nera di coach Sergio Scariolo e l’Olimpia Armani Milano di coach Ettore Messina hanno prodotto una partita di qualità e di grande ritmo. Una sfida gonfia di emozioni. Vera. Intensa. Da applausi. Non c’era niente in palio, poiché entrambe le squadre italiane – penalizzate da tanti infortuni durante sei mesi di battaglie spesso combattute in situazioni d’emergenza – non sono riuscite a raggiungere i playoff. L’Armani ha chiuso al tredicesimo posto, la Virtus Segafredo al quattordicesimo. Ma quando i due Club più “titolati” della Pallacanestro italiana si affrontano, nessuno regala niente. Questione di prestigio, di fierezza, di mentalità, di storia, di competitività, di forti motivazioni. Queste sfide, che oppongono Bologna a Milano, sono sempre appuntamenti speciali. Da onorare obbligatoriamente, anche quando le formazioni sono dimezzate o quasi.

La V nera bolognese, priva di Isaia Cordinier dall’inizio di febbraio, dopo il Round 23 (fermato dalla lesione parziale della fascia plantare destra, infortunio subìto il 2 febbraio nel corso della partita vinta a Villeurbanne), di Milos Teodosic (problemi all’anca, fermo da quasi un mese), Alessandro Pajola (problemi alla schiena, anche il playmaker anconetano è out da un mesetto), Awudu Abass (infortunio muscolare, è fuori da fine marzo) e Nico Mannion (indisponibile per la partita di ieri), era inevitabilmente caduta in affanno. Con la squadra così incompleta, le energie progressivamente sono andate diminuendo. La conseguente stanchezza è stata pagata a caro prezzo, sia in Euroleague, sia in campionato (le sconfitte contro Trieste e Napoli). Dunque, il gruppo di Scariolo aveva bisogno di una vittoria scacciacrisi.

Il confronto con l’Armani Milano (orfana di Nicolò Melli, di Shabazz Napier e di Thimothe Luwawu-Cabarrot) ha riacceso motivazioni e fierezza nei giocatori bianconeri che erano in campo. Nella “notte dell’orgoglio virtussino” la Segafredo ha espresso una partita molto solida, dal punto di vista fisico e mentale. Recuperando la propria identità. I

Intensa e attenta in difesa, è cresciuta in concretezza nel secondo tempo quando un enorme Toko Shengelia – un altro “veterano – ha aggiunto la sua consistenza alle iniziative di un ruggente Hackett e di un diabolico Belinelli

 

Daniel “Dani Boy” Hackett, 35 anni e 4 mesi, romagnolo di nascita (Forlimpopoli) ma cresciuto a Pesaro, ieri sera ha mostrato – ancora una volta – che cosa vuoi dire possedere leadership. Avere carattere. La mentalità da giocatore importante. Essere un duro. Ha aggredito la partita. L’ha voluta graffiare. Carico come una molla, Hackett. Un’espressione guerriera. Imponendo il suo ritmo e una fortissima determinazione a un Kevin Pangos apparso palliduccio e chiaramente a disagio di fronte ad un avversario che aveva il doppio del ritmo, della corsa, della voglia di vincere.

Orgoglio e resistenza. “Dani Boy” ha tenuto il campo per 33’49”. Senza cali d’intensità: Giocando sul dolore fisico, per una botta che gli ha creato problemi ad una spalla quando c’era ancora tanto da giocare. Daniel ha stretto i denti. Ha saputo soffrire. Producendo una performance fra le più esaltanti della sua carriera (25 punti, 10 assist, 8 falli subiti, 36 di PIR) davanti agli occhi di suo padre. Sì, c’era il grande Rudy, ieri sera nel parterre della Virtus Segafredo Arena. Professionista nella ABA e nella NBA, Rudy Hackett è stato poi un ottimo pivot nel campionato italiano degli Anni Ottanta. Molto apprezzato nelle sue esperienze a Forlì, a Reggio Emilia, a Livorno e Porto San Giorgio. Rimbalzi, difesa, solidità, concretezza, etica del lavoro.

Io l’ho visto giocare Rudy. A Forlì e a Reggio Emilia. Lo ricordo nella Jollycolombani 1979-80, in squadra con Cordella, Solfrizzi, Zonta, Dal Seno, Franceschini, Dolfi, Kim Anderson.

Sapete chi portò in Italia Rudolph Hackett, meglio conosciuto nel nostro basket come Rudy? Un dirigente forlivese competente e molto organizzato, destinato a fare una prestigiosa carriera. Quel Maurizio Gherardini che della Libertas Forlì è stato viceallenatore e poi general manager (riusciva a portare avanti questi impegni senza abbandonare il lavoro in banca). Nel 1992 il primo “grande passo”. Chiamato dalla Benetton Treviso, assunse l’incarico di procuratore generale dell’importante Club veneto. Le capacità di Gherardini e le sue intuizioni di mercato consentirono alla Benetton di vincere, in quattordici anni, quattro scudetti, due Eurocup, sette Coppe Italia e tre Supercoppe Italiane. Dopo essere stato membro della Commissione FIBA e successivamente del board di Euroleague, nel giugno 2006 gli si aprirono le porte della NBA: Gherardini assunse la vicepresidenza dei Toronto Raptors. Lasciò poi la franchigia canadese per diventare il senior advisor e responsabile per gli affari internazionali degli Oklahoma City Thunder. Il ritorno in Europa. Dal maggio 2014 Maurizio Gherardini è il General Manager del Fenerbahce Istanbul. Nel 2017 Gherardini ebbe come dirigente del “Fener” un importante riconoscimento: il “Gianluigi Porelli Euroleague Executive of the Year”.

 

Un passo indietro. Tornando ai tempi della “gavetta” nella sua Forlì, Gherardini riuscì a portare in Romagna Rudolph Hackett accontentando così Ezio Cardaioli il coach senese che allenava in quel periodo la Jollycolobani Forlì e che voleva fortemente proprio quel power forward-pivot statunitense cresciuto alla Syracuse University.

Fra i miei ricordi di giornalista, l’ammirazione che ho provato per una bellissima coppia americana di “lunghi”. Tosta e molto equilibrata. Rudy Hackett e Roosevelt Bouie. Tre anni assieme a Reggio Emilia, nella Cantine Riunite allenata dapprima da coach Gianni Zappi e poi da quel personaggio istrionico e dalle “grandi letture” in panchina che è stato Gianfranco “Dado” Lombardi.

 

Fine degli Amarcord. Torniamo all’attualità. Al derby italiano in Europa. La Virtus aveva già vinto la partita del girone di andata al Mediolanum Forum. E ieri sera si è ripetuta. Terza vittoria stagionale dei bianconeri sull’Olimpia in quattro confronti fino ad ora. Indicazione interessante. In prospettiva di una eventuale serie finale per lo scudetto.

 

Se Dani Boy Hackett ha 35 anni e 4 mesi, Marco Belinelli ha compiuto il 25 marzo scorso i 37. Però continua a far canestro. E quando è in serata, quando è in ritmo, non lo si ferma. Ci provi facendogli fallo? E’ peggio, il “Beli” è smaliziato, legge con tempismo le situazioni e si guadagna tiri liberi: dalla lunetta è pressoché infallibile. 29 su 31 in questa sua Euroleague.

Ieri sera il campione di San Giovanni in Persiceto ha scritto 21. Per la decima volta in “doppia cifra”. La settima nelle ultime 11 gare, dove lo abbiamo visto al top e nelle quali ha prodotto 146 punti (media 13.3 a partita). L’high stagionale è rappresentato dai 26 punti (più 28 di Performance Index Rating) del 24 marzo contro il Real Madrid.

Il capitano è uno dei tre soli giocatori della Virtus Segafredo ad aver terminato la regular season in “doppia cifra” per punti segnati. Semi Ojeleye ha fatto meglio di tutti, con una media di 10.5 precedendo di un soffio Milos Teodosic. Per “Il Genio” serbo 10.3 punti e 6 assist di media-partita, secondo assistmen dell’Euroleague alle spalle del fortissimo Darius Thompson. E poi, i 10 punti di media-partita di Marco Belinelli.

 

Ecco, considerando che Milos Teodosic ha appena compiuto i 36 anni (appartiene dunque alla generazione di Belinelli e di Hackett) e ora sta per rientrare, pronto ad accendere la luce della sua creatività, viene spontaneo osservare e sottolineare che… la classe non ha età.

C’è chi la classe ce l’ha. E chi meno. E’ una riflessione che Dirigenza e staff tecnico dovranno fare, nel programmare la squadra “europea” della prossima stagione.

 

Chiaro che per una Virtus Segafredo eventualmente ancora in Euroleague la prossima stagione (lo merita, per tanti motivi) occorrerà rinforzare questo gruppo. Non snaturarlo, bensì migliorarlo. Con l’innesto di alcuni giocatori di maggiore atletismo e duttilità. E servirà dotarsi anche di un altro tiratore da 3. Sono aspetti fondamentali se si vorrà dare concretezza alle ambizione della Proprietà.

L’Euroleague che per la V nera è terminata ieri sera è stata una stagione di collaudo. Per fare esperienza. Nulla s’improvvisa. La principale competizione europea per Club richiede esperienza. E l’esperienza passa anche attraverso gli errori. Inevitabile.

 

Non ho mai pensato che questa Virtus, affidabile, e anche dignitosa fino alla metà di marzo ma con dei limiti strutturali, potesse raggiungere i playoff. Troppo dura, troppo difficile l’Euroleague 2022-23 (la più competitiva di sempre) per una V nera debuttante nella moderna Euroleague.

Immaginavo, già ad ottobre, che il gruppo della V nera avrebbe chiuso con 14 partite vinte e 20 sconfitte. Non è male. No, non è male. E’ ciò che la Segafredo poteva fare. Rimangono come bei ricordi di un faticoso cammino i clamorosi successi realizzati a Madrid e a Barcellona, e anche la vittoria casalinga sul Fenerbahce, e le due contro Milano, e il trentello inflitto al Valencia. E anche la sconfitta beffarda contro l’Olympiakos, a Bologna, dopo avere tenuto testa valorosamente a Vezenkov e compagni.

Ci sono stati anche passaggi dolorosi. Naturali per una “rookie”. La Virtus ha sbattuto il grugno sulla organizzazione e il sistema di gioco di una competizione come l’Euroleague. Che è un modello di basket molto diverso da tutte le altre competizioni nazionali ed europee. La squadra di Sergio Scariolo se n’è accorta. Se n’è resa conto sulla propria pelle.

Pertanto, in prospettiva, occorrerà già da ora cominciare a programmare le scelte e gli innesti per una Virtus Segafredo che possa adeguarsi al “sistema” Euroleague.