di Maurizio Roveri

 

 

I graffi di Marco Belinelli sulla pelle dell’Asvel. Nella performance della Virtus Segafredo dentro l’Astroballe di Villeurbanne c’è – nitida, splendente, imperiosa – la firma del Campione di San Giovanni in Persiceto. Il “Beli” in versione prima punta. Il Beli da coinvolgere, da cavalcare, da infiammare. Scelta giusta. Era la strada più logica da prendere, dopo aver perso per un improvviso attacco influenzale l’arte e la creatività del “genio” Teodosic. Pesantissima  indisponibilità (andata ad aggiungersi a quelle di Semi Ojeleye e di Iffe Lundberg) alla vigilia della trasferta in terra francese.

Senza Milos, per un viaggio che non contemplava alternative. Occorreva soltanto vincere. L’assenza del visionario fuoriclasse serbo sembrava essere una maledizione. Perfida, dolorosa. Arrivata come un dannato montante al fegato scaraventato sul ring da Tyson Fury o da Oleksandr Usyk.

La Virtus non si è spaventata. Non si è disunita. Ha risposto alle avversità con la forza mentale. Con la compattezza del gruppo. Ecco, la partita l’ha vinta prima. Alla partenza da Bologna.

C’era da conservare una totale concentrazione. E certezze da amministrare. E idee chiare dalle quali farsi sostenere. Senza diventare prigionieri di nervosismo, rabbia, frustrazioni o, peggio, vittimismo.

Dimostriamo che siamo un gruppo. Che siamo una squadra matura e solida. Ecco, con questi pensieri positivi la Virtus Segafredo ha affrontato il viaggio e la partita.

La sfida era dura, delicata. Ma andava combattuta. E nel miglior modo possibile. Con orgoglio, carattere, organizzazione. La capacità di soffrire, di resistere, e di respingere ogni tentativo di rimonta dell’Asvel.

Così ha fatto la Virtus. E lo ha fatto in maniera magistrale. Dura e convinta. Umile e paziente. Lucida e tempista, quando è stato il momento di andare ad allungare le mani rapaci sulla partita.

Mai in svantaggio. Mai. In casa di Nando De Colo, dell’irascibile Dee Bost, di Kahudi, Noua e di quel perticone di Youssoupha Fall con i suoi 2,21 e braccia… chilometriche, un centro che ha vinto due volte il campionato francese (Le Mans e poi Asvel) e anche un titolo nazionale spagnolo conquistato con il Cazoo Baskonia.

 

Ammirevole prova di sicurezza e di personalità della Virtus, là, all’Astroballe dove l’Asvel nella precedente partita interna, il 26 gennaio, aveva spedito knock out il Fenerbahce (sì, il team potente e profondo di coach Itoudis, non una squadra qualunque…) travolgendolo con un impetuoso 91-77. Motley e Calathes quella sera in Francia avevano raccolto solo briciole, mentre l’Asvel era stato concreto e pericoloso dentro l’area tirando da due con il 75%. E anche infilando 11 triple nel canestro dei turchi. Oltre a guadagnarsi 20 falli e 20 tiri liberi (16 trasformati in punti).

Si è divertita di meno ieri sera, la squadra guidata da coach T.Parker. Costretta da una Virtus ringhiosa, precisa e autorevole nel suo lavoro difensivo a… fermarsi a quota 64 punti. Vale a dire ventisette punti raccolti in meno rispetto alla scoppiettante prestazione messa in scena nella galoppata contro il Fener.

 

Nel ripensare e riproporre una nuova strategia, ovviamente differente da quella che sarebbe andata in onda ci fosse stato Teodosic, coach Scariolo ha scelto di puntare su Belinelli per l’attacco. Chiedendogli tiro, esperienza, punti, malizia, tempismo, un grande lavoro di “tagli”, il fuoco dell’orgoglio, rubare il tempo alla difesa avversaria e farla soffrire. Insomma, essere pericoloso. Costantemente.

Credo che Marco sia andato anche oltre le aspettative di Scariolo. E penso che T.Parker non si aspettasse un Belinelli così tonico, così reattivo, così incisivo.

Da urlo. Una serata da urlo per il Beli. Che ha prodotto grossi danni ad una difesa evidentemente non sufficientemente pronta a contrastare il veterano campione che ha vissuto 14 lunghe stagioni in NBA, 945 partite, una media-minuti di 22.7 in regular season e di 21.1 nei playoff. Con dei massimi in carriera di 32 punti il 2 gennaio 2014 contro i New York Knicks con la maglia dei San Antonio Spurs e di 11 rimbalzi contro i Boston Cedltics il 12 febbraio 2014. Era la stagione magica delle sue 103 partite giocate con gli Spurs, girando dalla lunga distanza con il 43% in regular season e il 42.1 durante i playoff. Fino a vincere l’anello NBA!  Sono convinto che il grande Gregg Popovich, il leggendario head coach di San Antonio, gli avrebbe fatto i complimenti se gli fosse capitato d’essere lì a Villeurbanne e avesse asmmirato la fiammeggiante prestazione di Marco. 21 punti in 26 minuti, 4 su 6 da due, 4 su 8 da tre, 1 su 1 nei liberi, 1 rimbalzo, 1 assist, 1 palla recuperata, nessuna palla persa, 17 di Performance Index Rating, +12 di plus/minus.

 

L’aspettava. L’aspettava, Bdelinelli, una recita così grande. Così importante. Il vecchio attore ha ancora qualcosa da dire. Ha ancora emozioni intense da trasmettere.

 

I 21 punti confezionati ieri sera suoi legni dell’Astroballe di Villeurbanne rappresentano il suo secondo high in Euroleague, dopo i 23 realizzati il 4 gennaio 2007 in occasione della partita fra la Fortitudo Climamio Bologna e la Dynamo Mosca.

Giorni lontani. Tornando a vivere le atmosfere della principale competizione europea per Club (di altissimo livello in questa stagione) Marco ha faticato a trovare una condizione fisico-atletica per questa Euroleague. Sicuramente sperava in una maggiore utilizzo: perchè il ritmo, il timing, il  senso del canestro, la naturalezza della meccanica di tiro vengono giocando.

Belinelli, prima di Villeurbanne, era sceso in campo in Eurolega 10 volte su 22 Round. Addirittura in tre partite aveva raccolto soltanto briciole di minutaggio: 7’22” a Bologna contro il Bayern, 6’50” a Kaunas contro lo Zalgiris e… appena 4’06” (duecentoquarantasei secondi) proprio nel match di andata contro l’Asvel al PalaDozza quando la Virtus Segafredo era avanti di 19 ma non riuscì a gestire con avvedutezza l’ampio vantaggio e finì per andare in stato confusionale e regalare il successo al team francese.

 

L’insoddisfazione c’è stata. Qualche malumore. E’ naturale. Succede quando si gioca poco, e allora si fa fatica a trovare ritmo. E se non sei in ritmo, la prestazione ne risente. Però Marco Belinelli è il capitano della V nera e da capitano è giocatore che possiede orgoglio, leadership, è un uomo con grande professionalità e spirito di gruppo.

Ha avuto costanza. E pazienza. Ha continuato a lavorare duro. Si è fatto trovar pronto, anzi prontissimo, nella sera in cui c’era maggiormente bisogno di lui e si è sentito completamente coinvolto.

Ha risposto presente.

E in una serata francese si è acceso il lampo della sua classe. Una classe che può ancora fare la differenza.

 

Orfana del suo sublime creatore di gioco, il geniale Teodosic, la Virtus Segafredo ha avuto il merito di compattarsi ancor più del solito. Da squadra vera. Da squadra matura. Sia in attacco, sia in difesa ogni giocatore ha fatto tante cose utili. Al servizio della squadra. Da squadra che adesso sta viaggiando in Euroleague con 11 partite vinte e 12 perse. Conservando, anzi rafforzando, le speranze e le possibilità di entrare nei playoff. Il Partizan Belgrado e il Maccabi Tel Aviv, che occupano attualmente la settima e l’ottava posizione (vale a dire gli ultimi due posti utili), vantano soltanto 1 successo più della Virtus. E la strada è ancora lunga.

Enorme, la partita della Virtus in fase difensiva. Su quella difesa solidissima il gruppo di Scariolo ha costruito il successo.

In fase offensiva ci sono stati momenti meno limpidi, poichè i limiti d’una squadra “incompleta” si sono visti. Limiti che la Segafredo ha saputo mascherare con il capolavoro stagionale di Marco Belinelli (messo nella condizione da manovre ordinate e da un buon lavoro di blocchi, di esprimere al meglio la propria pallacanestro) senza dimenticare la saggia gestione di Nico Mannion nel secondo quarto, le iniziative del dinamico ed esplosivo Isaia Cordinier, la diligenza di Pajola, la concretezza di Shengelia e di Hackett. Proprio il gigante georgiano e “Dani Boy” nel finale hanno messo il punto esclamativo su una vittoria che tiene in corsa la V nera per i playoff.

 

Non esito a definire “valoroso” l’atteggiamento del gruppo di coach Sergio Scariolo in questi mesi. L’avere già vinto dodici gare, ed essere ancora lì ad inseguire i playoff, mi fa valutare in maniera estremamente positiva questa stagione da “rookie” della V nera di Bologna. Debuttante nell’Euroleague fascinosa e terribile di questi anni.

 

La compattezza dimostrata ieri sera è stata esemplare. Considerando i limiti tecnici d’una squadra che era priva di Teodosic, Ojeleye e Lundberg.

E’ una Virtus che fin dall’inizio di questa avventura è stata flagellata da infortuni e contrattempi. Okay, è talmente… massacrante questa Euroleague (perchè non si ferma mai, e per le partite ravvicinate) che tutte le squadre partecipanti – chi più chi meno – hanno avuto giocatori infortunati. Anche con infortuni di livello notevole. La Virtus Segafredo è certamente una di quelle che sull’altare della sfortuna ha pagato un prezzo alto alto. Eppure va avanti. Con dignità, con coraggio. Con i suoi sogni.

Che la V nera riesca o no a fare i playoff, una cosa è certa: Virtus Segafredo è un Club meritevolissimo di rimanere dentro la Euroleague.

 

La solidità mentale e la saldezza dei nervi dimostrate nella delicatissima sfida di Villeurbanne sono risorse importanti. Un patrimonio di questa squadra. Ieri sera è partita forte, si è fatta raggiungere, ha ripreso l’iniziativa allungando. Ad ogni tentativo dell’Asvel di rientrare in partita, la Virtus Segafredo ha resistito. Lottando. Faticando. Soffrendo. Tenendo il campo con pazienza e lucidità, respingendo gli assalti dell’Asvel.

E’ una squadra, questa Virtus, che è andata acquisendo, nel tempo, una chiara identità. Che vinca o che perda, sa farsi spesso apprezzare. Per coesione, equilibrio, spirito di squadra, difesa. Già, la difesa. Enorme. Con Cordinier, Hackett, Pajola, Shengelia davvero sontuosi.