La stagione di Serie A è alle porte. La LBA è pronta, dopo l’aperitivo della Supercoppa Italiana vinta dall’Olimpia Milano la settimana scorsa, a ritornare sui campi da gioco di tutta la penisola per giocare a basket. In occasione di questo nuovo inizio, noi di BM abbiamo intervistato coach Alessandro Rossi, da quest’estate nuovo allenatore di Treviso ma soprattutto il coach che ha guidato l’Italbasket U20 a vincere l’Europeo qualche mese fa.
Nato a Napoli, la sua carriera di allenatori inizia proprio nel capoluogo campano a soli 22 anni, quando allena le giovanili del Napoli Basket dal 2005 al 2012. L’anno dopo, si trasferisce alla NPC Rieti, dove fino al 2017 svolge il ruolo del vice-allenatore, fino a diventare coach della squadra. Quattro stagioni di altissimo livello in cui Rieti sfiora più di una volta la Serie A raggiungendo i playoff. Nel 2021 diventa coach della Givova Scafati e, al primo anno, raggiunge la promozione senza aver mai perso una gara al PalaMangano tra campionato e playoff.
In A1 purtroppo la sua avventura dura solo 6 gare, torna così a Rieti nel 2023, stavolta alla Real Sebastiani, dove in due stagioni raggiunge i playoff ed un 3° e 4° posto.
In questa intervista, si è parlato dell’Europeo vinto con l’Italia U20, di LBA, di questa sua nuova avventura e di cosa si aspetta, pronto a sorprendere, come ha sempre fatto, tutte le altre squadre, portando la sua Treviso oltre le aspettative.
–Che esperienza è stato l’Europeo U20 con l’Italia?
“Un’esperienza che, aldilà del risultato, avevo già fatto in parte da assistente, quindi ho cercato di fare la somma delle esperienze degli anni precedenti per vivermela al meglio sapendo delle difficoltà e delle complicazioni che dà un torneo così veloce e ristretto che si disputa in pochissimo tempo. In modo da viverlo al meglio con lo staff e per quanto mi riguarda. Io sono sempre estremamente entusiasta di fare cose con il settore squadre nazionali.
–C’è stato un momento particolare durante il torneo che ha cambiato la percezione e magari si è iniziato a pensare che vincere l’oro era possibile?
“Sin dal raduno abbiamo avuto la percezione di essere una buona squadra, anche nel torneo preparatorio avevamo fatto dei buoni risultati, e con una buona consapevolezza. Sicuramente però dopo che abbiamo completato la rimonta con Israele nei quarti di finale ci siamo un pò sentiti invincibili, abbiamo avuto la sensazione di avere quasi la strada in discesa, come se nessuno in quel momento potesse fermarci. Tutto figlio di una rimonta abbastanza difficile contro una squadra forte come Israele che soprattutto nei primi 20 minuti del quarto di finale ci aveva veramente messo in grande difficoltà e sembrava che non riuscissimo a prendere il filo della partita. Nel momento in cui lo abbiamo preso e completato la rimonta, la sensazione percepita, ma non detta, era proprio questa.
–Un commento su Francesco Ferrari, MVP dell’Europeo, e anche sul suo discorso al presidente Mattarella, che fa capire la maturità di questi ragazzi.
“Ho avuto la fortuna di poter allenare un gruppo di ragazzi molto maturi, di cui Francesco, nello specifico, è stato il capitano ed un giocatore molto rappresentativo. Questa osservazione che faccio, chiaramente, va estesa a tutto il gruppo nella maniera più assoluta, e lui si è potuto distinguere non solo per le sue qualità tecniche che sono indiscutibili, ma credo che esse siano supportate dal fatto che lui sia un ragazzo con la testa sulle spalle. Ha dimostrato anche grande maturità nella gestione di tutti i momenti che ha attraversato e sta attraversando da atleta professionista, da quando ha cominciato ad affacciarsi in Serie A2.
–Cosa ne pensa sulle parole di Torresani riguardo al razzismo nei confronti di alcuni ragazzi del roster azzurro, sulla situazione che si era creata e su come hanno risposto i ragazzi?
“La mia risposta la consegno nelle mani dei ragazzi, ovvero quello che hanno detto, fatto e dimostrato. Penso che alla fine la risposta migliore l’abbiano data loro. Ritorno al concetto di maturità, sono stati intelligenti nel capire come avrebbero dovuto reagire e lo hanno fatto dato un esempio a tutti. Questa cosa ci ha reso ulteriormente orgogliosi del nostro percorso, è stato qualcosa che è diventato anche un messaggio che è andato oltre alla pallacanestro e questo ci rende ancora più fieri.
–Una vittoria che dà anche una spinta a tutto il movimento della pallacanestro italiana, e che fa capire che forse è arrivato il momento di puntare sui giovani, che quando devono fare il salto definitivo spesso non riescono?
“E’ un ragionamento molto ampio, lungo e difficile, sintetizzandolo potremmo dire che speriamo sia di spinta per il movimento, perchè come ho detto sempre, la vittoria è del gruppo U20 ma deve essere di tutti, a partire dalla federazione e finire a tutti i club che allenano i ragazzi, fino alle squadre nazionali. E’ una vittoria del movimento.
In Italia noi abbiamo dei ragazzi che fino ai 17 o 18 anni non hanno nulla da invidiare ai ragazzi pari età delle migliori nazioni europee, forse abbiamo un gap fisico con la Francia ma in generale a livello tecnico non credo. Il problema sostanziale che onestamente non so risolvere è che dai 18 ai 21/22 anni noi li perdiamo. Il percorso che alle volte questi ragazzi devono fare è troppo tortuoso per arrivare all’obiettivo. E’ in questa fascia di età che va organizzato un percorso idoneo, non ho la risposta se non la speranza che tanti allenatori facciano giocare i giovani quando lo meritano.
–Questo è uno dei temi della Serie A, spesso si dice che club e società non hanno il coraggio di far giocare i giovani.
“Dobbiamo accettare il fatto che il modo in cui l’Italia vive lo sport è una concezione molto risultato centrica, non vale solo nella pallacanestro, ma in tutti gli sport. Questo è un pò un tappo ad un discorso di progettualità e di visione. Finché la nostra cultura sportiva sarà legata al giudizio derivante da un risultato, continueremo ad avere problemi. Fino a quando non si farà uno step culturale valutando i percorsi tecnici nella loro interezza, continueremo a fare fatica.”
–Condivide la scelta di molti giovani di andare in NCAA e, secondo lei, c’è un modo per contrastare questo “espatrio” dei giocatori qui in Europa?
“Contrastarlo è molto complicato, perchè richiede dei processi importanti a livello di federazioni e stati, non è una cosa che si può arginare in questo momento. I ragazzi ovviamente sono allettati dal fatto di essere pagati per giocare, ma non solo, anche di avere un’opportunità attraverso lo sport di studiare nei college americani e questo ne va del proprio futuro, nella vita dopo il basket. Capisco anche il desiderio di molti ragazzi di cimentarsi in questa esperienza, sono un pò come quei treni che possono passare una sola volta.”
–Come è arrivata la chiamata di Treviso, piazza importante, e perchè ha accettato?
“E’ arrivata in maniera un pò inaspettata, è stata una bellissima sorpresa accolta con un entusiasmo incredibile. E’ un treno sui cui era impossibile non saltare, sia per la storicità della piazza e della tradizione. C’è un lavoro da fare difficile, dove però il primo obiettivo è quello di avere una visione comune con la piazza, e quindi fare in modo che tutti si possano sentire identificati dal lavoro che facciamo in campo. Spero con l’impegno e con la determinazione di raggiungere i risultati e gli obiettivi che ci siamo dati, che sono soprattutto quelli di creare una comunione con la gente.”
–Che coach è oggi l’Alessandro Rossi che si ripresenta in Serie A dopo la breve esperienza a Scafati?
“Questo sarà il campo a dirlo. Dopo tre anni ho immagazzinato più esperienza, ho guadagnato qualcosa ma sono assolutamente la stessa persona dal punto di vista umano. I contenuti tecnici sono in aggiornamento continuo per cucire attorno alla squadra il vestito migliore. Spero di arrivare in Serie A con un minimo di consapevolezza in più che magari possa aiutarci anche nell’ottenere i risultati migliori.”
–Un pensiero sul roster costruito, inoltre nel sondaggio di BM tra redattori e lettori, Treviso viene inserita tra le squadre sorprese della stagione, che ne pensa?
“Nella costruzione del gruppo abbiamo scelto comunque di avere giocatori di esperienza che potessero anche un pò guidare il gruppo nei momenti difficili. E’ stata una scelta chiaramente condivisa con il GM Federico Pasquini. In LBA tra essere sorpresa ed essere delusa ballano 2 o 3 vittorie, che sono quelle che separano il settimo e ottavo posto dal dodicesimo o tredicesimo. L’obiettivo è proprio cercare di fare la differenza in quelle partite che poi ti permettono di rendere la tua stagione migliore. Il fatto che siamo considerati una mina vagante nella singola partita, ci può stare.
–A Treviso c’è anche David Torresani, che faceva parte del roster azzurro agli Europei vinti, quale sarà il suo ruolo?
“David avrà sicuramente i compiti di giocare nei ruoli 1 e 2, uscendo dalla panchina tendenzialmente, anche se poi domenica con Brescia partirà probabilmente in quintetto perchè ci manca anche Weber. Avrà un ruolo sicuramente importante se saprà ritagliarselo, perchè poi le cose vanno meritate. Se lui dimostrerà di essere un giocatore pronto e di livello, facendoci vedere cose importanti, avremo solo il piacere di farlo giocare. Lui sa benissimo che la cosa che importa a me è che lui lavori con grande serietà, come fa sempre, avendo un atteggiamento sempre positivo sapendo reagire alle partite negative.”
–La prima gara sarà contro Brescia, vicecampioni d’Italia, che partita si aspetta?
“E’ una partita difficilissima, Brescia ha dimostrato negli ultimi anni di essere un club di una solidità notevole. Sarà una sfida contro i vicecampioni d’Italia e non tanto per dire, perchè è lo stesso roster dell’anno scorso con Massinburg al posto di Dowe. Hanno il grande vantaggio di proseguire un percorso di conoscenza già avviato, per certi versi giocano con il pilota automatico. Noi dovremmo essere bravi a fare una partita dove dovremmo cercare di pareggiare la loro energia, e magari superarla con l’aiuto del nostro pubblico. Dal punto di vista tattico dobbiamo insistere su quelle cose che, crediamo, possano dare fastidio a Brescia, rispettando il piano partita il più possibile soprattutto all’inizio. Sarà una sfida in cui dobbiamo dare tutto quello che abbiamo!”
–Un pensiero sulla coppia arrivata da Scafati, Kruize Pinkins e Federico Miaschi, l’italiano avrà spazio per giocare dopo una stagione con pochi minuti?
“Chi gioca nelle mie squadre sa che a me piace avere ampie rotazioni, quindi tutti hanno l’opportunità di giocare. Miaschi dovrà farsi trovare pronto, mi aspetto che abbia una crescita importante dal punto di vista difensivo e che in attacco possa semplicemente far vedere le sue doti, magari mettendo qualcosa in più nel bagaglio. Mi aspetto quindi un perfezionamento tecnico in attacco, e un’applicazione difensiva importante. Tolto l’anno scorso a Scafati, Pinkins è sempre stato uno degli ultimi a mollare, un giocatore molto apprezzato dalla piazza. Il mio desiderio sarebbe quello di rivederlo ai livelli di due o tre anni fa, non perchè l’anno scorso abbia giocato male ma perchè si è ritrovato all’interno di una situazione con delle difficoltà. Vorrei che fosse quel giocatore che avevamo preso a Scafati nell’anno della Serie A.
–Dopo anche gli ultimi episodi, ci si domanda sempre di più come migliorare i rapporti tra stampa e allenatori, con eccessi talvolta sia da una parte che dall’altra.
“La speranza è che si possa avere un atteggiamento meno risultato centrico, ma con un’analisi e pacatezza nelle cose. Non sempre è possibile, lo stress è per tutti, sia per gli allenatori che per gli addetti ai lavori, e alle volte si fa fatica. Una maggiore serenità gioverebbe al movimento e non nelle singole situazioni.”
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Foto Ciamillo Castoria