Vincente (mai nessuno come lui). Icona. Leggenda. Punto di riferimento e ispirazione. Gregg Popovich ha profondamente cambiato l’Nba: ha creato una dinastia, l’ha vista decadere e ha cercato di ridargli dignità. Oltre l’aspetto tecnico, i record infranti e gli anelli vinti Popovich è stato il volto più bello e genuino degli ultimi 20 anni. Ritratto di un basket antico (ma efficace) e lineare, manifesto del “Less is more”. Emblema sociale e punto di riferimento per le minoranze e per chi subisce discriminazione di ogni genere. Allenatore, ma soprattutto uomo. E in un’altra vita insegnante di educazione fisica e scienze sportive (grazie al master conseguito).
Gli Spurs sono stati casa e creatura da plasmare: 26 anni di successi, fallimenti e sconfitte difficili da accettare. Oltre Duncan, Ginobili, Parker e tanti altri: la Stella Polare di un’intera città è sempre stata lui. Temperamento e carisma che in pochissimi hanno avuto nella storia del gioco. Serio ma non arrogante, composto ma mai supponente. Popovich in panchina è stato buonumore e lampo di genio, simpatia e schiettezza.
Dopo 26 lunghi anni, la decisione di lasciare la panchina dei texani a causa di un ictus che lo aveva colpito a novembre 2024. Pochi mesi più tardi, la decisione: dal bordocampo all’ufficio: Popovich sarà il nuovo presidente della franchigia. O meglio, “el Jefe” come ha tenuto a far sapere al mondo intero, alla sua prima apparizione dopo una lunga degenza. Sempre con il solito sorriso e la genialità di chi, nella sua semplicità, ha cambiato un gioco tanto spietato quanto stupendo. A San Antonio c’è un nuovo Jefe.