Si torna a parlare della generazione d’oro greca con il terzo episodio della nostra mini serie.

Giannis, la NBA ai suoi piedi

Giannis Antetokoumpo non ha bisogno di presentazioni. Un due volte MVP non americano non era mai esistito, ma facciamo prima a dire che uno così su un parquet non si era mai visto. Partiamo per gradi. Giannis non ha mai giocato in Eurolega perchè è stato visto subito dagli scout NBA, senza passare da palcoscenici più grandi. Il giocatore è l’antitesi del giocatore europeo; alto come un centro, capacità di penetrazione di una ala piccola e leve interminabili, shekerate il tutto e avrete l’Eracle dei giocatori di basket. In nazionale non è ancora riuscito a lasciare il segno, la causa? Certamente le regole FIBA non aiutano la stella dei Bucks, che affrontando una difesa a zona “Europea” si è sempre trovato in netta difficoltà, sia per la sua scarsa qualità di tiro dalla lunga, sia per il poco supporto del cast che lo avvolgeva in maglia biancoblu. Nonostante Giannis sia circondato da giocatori del calibro di Calathes, Papanikolau e Sloukas, la Grecia non ha mai fatto vedere (recentemente) quegli acuti di gioco che invece le nazionali di cui abbiamo parlato negli altri episodi producevano in continuazione.  Per caratteristiche, Antetokoumpo, è spesso al centro del gioco sin da inizio azione, che frequentemente parte dalle sua mani. Questa cosa, inserita in un contesto di Nazionale diventa un pò penalizzante in quanto si tende ad arrivare al tiro, con un lungo lavoro. La “schematizzazione” europea è forse l’unico motivo per cui ancora la Grecia di Giannis non è arrivata a lottare per qualcosa. Se la situazione dovesse cambiare in favore degli ellenici allora faremmo prima a chiudere le competizioni internazionali, perchè avrebbero un solo padrone.

A scuola da Spanoulis: Kostas Sloukas

Immaginatevi essere un playmaker greco a fine anni 2000. Nell’Olympiakos gioca Spanoulis, nel Panathinaikos gioca Diamantidis; probabilmente i due giocatori greci più forti di ogni epoca che giocano nelle due squadre più titolate del paese. Il paragone, se sei greco e se giochi come playmaker è quasi inevitabile. Ma fin dagli albori della sua carriera Kostas Sloukas ha fatto capire che non gli interessevano quei paragoni, e che lui avrebbe fatto la sua strada, nel bene e nel male. Proprio quello che succede nel 2008 quando l’Olympiakos vista l’età avanzata di Papaloukas decide di prenderlo, quindi un altro paragone e non da poco. Kostas vuole far capire subito di che pasta è fatto e quindi decide di andare avanti per la sua strada, senza ascoltare gli altri. Così fino al 2010, quando in sostituzione dell’amato Theo i biancorossi strappano ai rivali Vassilis Spanoulis. Posto per un altro playmaker non ce n’è, e Kostas viene spedito all’Aris Salonicco. La dirigenza della squadra del Pireo si rende conto che però in realtà, con il doppio impegno campionato-eurolega un altro per far rifiatare Spanoulis, può far solo comodo. Non si sbagliavano. Sloukas gioca al massimo e nei momenti in cui è in campo non fa rimpiangere il 7, creando gioco e facendo giocare bene i compagni. Quel biennio è meraviglioso, i biancorossi fanno back-to-back in eurolega consacrandosi come una delle squadre più forti di sempre. La storia continua poi al Fenerbache dove Sloukas cercando nuovi stimoli si immerge nel progetto, fino ad arrivare all’ennesimo trionfo.

 

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Matteo Cappelli