di Maurizio Roveri
Il vento soffia per chi sa dove andare. E la Virtus Segafredo di coach Sergio Scariolo ha saputo, benissimo, cosa fare e dove andare. Organizzando una difesa-capolavoro che, progressivamente, ha tolto il fiato e rubato il cuore alla Armani Olimpia Milano.
Nell’attesissimo appuntamento milanese del “derby d’Italia” sulle strade dell’Euroleague, il gruppo della V nera si è dimostrato più pronto. Più solido mentalmente. In grado di sprigionare maggiore energia in una battaglia intensissima, a tratti anche feroce.
Milano era scattata con decisione dai blocchi di partenza, balzando sul +11. Dieci minuti quasi perfetti, con 7 su 9 da due e 3 su 5 dalla lunga distanza. Cavalcando un enorme Nik Melli, al quale si affiancava per spirito d’iniziativa e rendimento offensivo il motivatissimo Naz Mitrou-Long (orgoglioso combattente, sarà l’ultimo dell’Armani ad arrendersi).
Quando la Virtus Segafredo ha preso ritmo, cominciando a chiudere quasi tutte le strade che portano nel cuore dell’area, il team di coach Ettore Messina ha fatto molta fatica ad arrivare a canestro. Sempre di più, sempre di più. Fino a quei miseri 6 punticini raccolti nei dieci minuti del terzo periodo. Briciole. L’Olimpia ha cercato le sue ali, i suoi tiratori. Ma Shields, Datome e Baron non c’erano, ad afferrare con concretezza gli attimi fuggenti e accendere sogni. Sono indisponibili. Qualcun altro dell’Armani c’era e… ha fatto da spettatore. Deshaun Thomas e Johannes Voigtmann, principalmente. Inguardabili. Serata di poca gloria anche per Stefano Tonut e Pippo Ricci. Non ha incantato neppure Kevin Pangos, 2 su 7 al tiro e solo 3 di PIR (Performance Index Rating).
Kyle Hines, Campione per il quale nutro grande rispetto, mi è parso di vederlo con gli occhi pieni di nostalgia di chi sta cercando il suo amico Chacho. Il compagno di pick&roll. Non c’è. Il Chacho gioca a Madrid adesso. E allora al veterano totem d’area del gruppo milanese stanno mancando le intuizioni, gli assist, le magie del suo vecchio playmaker.
Intuizioni, assist e magie si sono invece accese, e in abbondanza, dall’altra parte. Milos Teodosic ha dipinto di mille colori il mondo della V nera. Regalando ad ogni amante di pallacanestro, d’Italia e d’Europa, la sublime bellezza della sua Arte.
Unico. Milos è unico. Milos Teodosic quando “sente” le suggestioni di un Evento si trasforma nell’incantatore che ti tiene inchiodato all’emozione. Ed è nelle sfide più suggestive che l’attore prende il centro della scena e suscita un’ammirazione assoluta, profonda, vertiginosa, quasi estatica. Non finisce mai di stupire, questo vecchio drago serbo. Anche adesso che ha 35 anni, e il fisico non è più quello degli anni ruggenti, ti lascia con il respiro bloccato in gola e ti cattura con l’istinto, l’imprevedibilità, la tecnica di quei fantastici assist no look e di quei tiri folgoranti al confine dell’impossibile.
Lui può. In queste prodezze imprevedibili e suggestive, così fuori dall’ordinario, sembra quasi di avvertire lo spirito, il mistero e la genialità dei mitici “pittori maledetti”. Come Caravaggio, Van Gogh, Munch.
Sì, perché anche Milos Teodosic dipinge. Sui campi di basket. E le sue creazioni sono opere d’arte che tutti conoscono nel mondo della pallacanestro.
Da sempre, forse da quand’era bambino a Valjevo, sicuramente dal 2004 quando debuttò nella prima squadra del Zeleznik Belgrado, Milos Teodosic inventa canestri e assist con il tocco dell’Arte. Da quasi vent’anni è l’immagine della creatività.
“La creatività non si compra, non si studia, né si impara, si possiede”. Trovo meravigliosa questa riflessione di Carlo Prevale, in arte Prevale, disc jockey, produttore discografico e conduttore radiotelevisivo.
Milos Teodosic è l’attore sul palcoscenico dei canestri che sa andare oltre l’immaginazione. E qui uso una citazione di Ed Lauter attore statunitense: “Gli attori hanno a disposizione uno strumento come l’immaginazione”.
Talento naturale, tecnica, immaginazione, creatività. Ma anche istinto. Tanto istinto, in Milos. Quell’istinto che ieri sera ha armato la mano del fuoriclasse serbo per quel tiro pazzesco da distanza quasi proibitiva (sopra la mano di un avversario) e canestro di tabella a fil di sirena di fine primo tempo.
“Teo podsetio na legendarnu trojku preko Garbahose: Srpski kosarkas pogodio sa 9 metara”. Lo ha scritto un giornale di Belgrado.
Traduzione: “Teo ha ricordato la mitica tripla contro Garbajosa. Il cestista serbo ha segnato da 9 metri”.
Erano i quarti di finale dei campionati Mondiali del 2010. La Spagna di Sergio Scariolo, campione in carica, venne sconfitta 92-83. Teodosic tirò dalla lunga distanza (con Garbajosa che cercò inutilmente di contrastarlo) a 3” dalla fine dei 40 minuti. E fu canestro. Una prodezza passata alla storia.
Milos ieri sera al Forum milanese ha illuminato e trasmesso certezze alla V nera di Bologna. Diciassette minuti di grande qualità e carisma. Diciassette minuti e cinquantotto secondi, per l’esattezza. Quindici punti, con l’83.3% da tre (5 su 6), 2 rimbalzi, 4 assist, 2 palle perse, 16 di PIR.
Nella fluida circolazione di palla della Virtus Segafredo i pensieri e le mani di Teodosic (in campo nei momenti delicati o importanti) sono stati fondamentali. Eccellente la gestione di Milos da parte di Scariolo.
Come fondamentale è stato il grande lavoro difensivo di gruppo della V nera. Dopo qualche difficoltà nei primi dieci minuti (23-10 Milano)), la Virtus ha trovato ottimi equilibri sia in difesa sia in attacco quando Scariolo ha puntato su un quintetto agile, rapido e capace di esercitare una forte pressione: Pajola-Teodosic-Cordinier-Shen
Felicissima intuizione del coach virtussino. Questo quintetto, con quattro specialisti della difesa, più Milos, ha contribuito a togliere certezze alla Armani. Tanta reattività. E soprattutto prontezza nei rientri difensivi, costringendo Milano ad attaccare spesso la difesa virtussina schierata.
Poi, Iffe Lundberg andando ad attaccare punti vulnerabili dell’Olimpia ha ribaltato la partita.
Nel terzo periodo il capolavoro difensivo della Segafredo. Con Hackett che ha pressato forte su Pangos. E Milano che, a metà del terzo periodo, aveva un deficitario 3 su 10 nel “tiro pesante”.
La Virtus ha lasciato il segno con il quintetto Pajola-Teodosic-Cordinier-Shen
Nell’ultimo periodo l’Armani con orgoglio si è portata a -3. Ricacciata indietro da un ottimo Jordan Mickey, felicemente rivisto – in questa gara – nel vivo del gioco. Proprio Mickey ha fatto volare la Segafredo sul +15 (58-43)
La squadra di Ettore Messina ha continuato a battersi valorosamente, qualcosa ha “mangiato” ai virtussini. Però non ha mai dato la sensazione di rimontare e di vincere questa sfida di Euroleague.
La Virtus, più completa ma anche decisamente più reattiva (negli anticipi difensivi, sulle palle vaganti, sui rimbalzi lunghi), ha dimostrato anche più personalità.
La Virtus Segafredo ha vinto al Forum perché ha avuto più energia.
Ha vinto perché ha costruito una difesa intensa e quasi impenetrabile, che ha costretto Milano a fare tantissima fatica (grande lavoro difensivo di Pajola, di Lundbereg, Cordinier, Hackett). Una difesa che ha fermato la pericolosità di Nicolò Melli (7 punti nei primi 10 minuti, 2 in tutto il resto della partita). Ha vinto con palle recuperate e tanta buona transizione.
E ovviamente ha vinto perché il vecchio drago Milos ha prodotto una prestazione ispiratissima e di grande personalità.
Milano ha perso perché – oltre alle tre assenze pesanti – ha giocato forte solo per dieci minuti. Il resto è stato un percorso tormentato, affannoso. E quando segni 59 punti giocando in casa, significa che non hai avuto la forza, l’energia, gli equilibri per superare la reattiva, solida e bene organizzata difesa avversaria.