“Siamo un gruppo di rifugiati che si sono ritrovati qualche settimana fa dopo un anno, stiamo facendo del nostro meglio, giocando contro alcuni dei migliori giocatori della storia”. Così ha dichiarato Wenyen Gabriel, lungo del Sud Sudan che milita in NBA ai microfoni di Cesare Milanti. “Nel nostro Paese non ci sono campi da basket al chiuso. Questo è più grande della pallacanestro per noi. Mostrare alle persone che possiamo competere e che il basket in Africa sarà fondamentale in futuro“. Ecco perchè l’impresa sfiorata dalla nazionale del Sud Sudan contro team Usa ha oltrepassato i confini della palla a spicchi e dello sport in generale.

La realtà dello stato centroafricano è una delle tante che nel continente vive da sempre numerosi conflitti interni. La pallacanestro fino a questo momento è stato lo sport che più è riuscito a dare risalto al Sud Sudan, che solo dal 2015 detiene un Comitato Olimpico. Il basket, con la storica qualificazione al mondiale nel 2023 e successivamente quella alle Olimpiadi di Parigi, sta dando spazio a una nazione che altrimenti non avrebbe così tante attenzioni internazionali.

La gara contro gli Stati Uniti ha visto gli ospiti partire forte, mettendo subito la testa avanti nel primo quarto, con un 24 a 26 di parziale, per poi accelerare ulteriormente nel secondo, portandosi fino sul +16. Nella ripresa le parti si sono invertite e con un 37 a 18, Lebron e compagni sono prima tornati a contatto e poi hanno messo al freccia per il sorpasso. La partita però si è decisa solo nei frangenti finali con un appoggio al vetro proprio del King di Akron, Lebron James.

 

In foto Booker e Shayok (Ciamillo Castoria)