Battuta ancora la Serbia, l’Italia ritrova fiducia e speranze con i 30 punti di Simone e i 10 (in ottantotto secondi! Sicuramente un record) del capitano. Ma soprattutto con una grande prova di squadra che ha mandato in confusione la squadra di Pesic con una spettacolare rimonta
FONTECCHIO STELLARE, DATOME INCREDIBILE
Il tris è servito: dopo Belgrado e Berlino, ecco Manila: terza vittoria consecutiva, e una volta di più pesantissima, dell’Italia contro la Serbia nella madre di tutte le partite. E sono quattro se si considera anche la semiamichevole di Atene. Fontecchio monumentale: dopo un inizio di Mondiale poco convincente, ha sfoderato tutto il suo talento da… Nba. E rivincita personale di Gianmarco Pozzecco dopo tutte le critiche, troppo ingenerose, che lo accompagnano in questa sua esperienza azzurra: ha indovinato tutti i cambi, con coraggio puntando su un quintetto inedito, ma di grandi combattenti (Pajola, Fontecchio, Datome, Severini e Ricci), ha saputo tirar fuori l’Italia dal pantano in cui si era infilata a metà del terzo parziale. Da 44-60 a 69-65 in 8’ lasciando ai serbi solo tre punti dalla lunetta e un canestro di Dobric. Otto minuti (dal 27’24” al 35’19”) in cui è esploso anche il carisma di Gigi Datome, il capitano coraggioso alla sua “last dance”, che ha lasciato l’impronta del campione senza età con dieci incredibili punti consecutivi, dal 51-62 al 61-62, in appena 88”. Sì, avete letto bene: due canestri e due triple in un solo minuto e una manciata di secondi a cavallo degli ultimi due tempi.
Che Italia, signori, dalla polvere in cui l’avevano gettata soprattutto i 214 centimetri di Milutinov, agli altari di una vittoria che va ad incidersi tra le pagine più belle del nostro basket, perché è figlia della sofferenza, dell’impegno, della convinzione, del carattere, della fiducia in sé stessi: requisiti che Pozzecco ha saputo affidare a questa squadra ottenendo, nel momento più difficile, la risposta più clamorosa.
Inferiori per stazza fisica, senza giganti, ma colossi per cuore, hanno annichilito la Serbia reagendo, imprimendo alla partita la svolta decisiva, facendo valere le sue doti migliori proprio quando gli avversari stavano assaporando una nuova facile vittoria.
L’Italia ha costretto a soli 76 punti una squadra che viaggiava a 105 di media, ha costretto i serbi a un misero 23% da tre (7/21) dopo essersi presentati come i migliori dall’arco con il 42% nelle precedenti partite. Ha addirittura fatto meglio a rimbalzo (36 contro 34) contro una delle squadre più alte del mondiale: frutto del lavoro collettivo di un gruppo che ha saputo gettare in campo anche l’ultima stilla di sudore per contenere i grandi tiratori avversari. Bogdan Bogdanovic, la stella di Atlanta, costretto ad un umiliante 4/16 dal campo, raccogliendo metà dei suoi 18 punti solo dalla lunetta.
Gli azzurri hanno pagato il grande sforzo con troppe palle perse, ben 15, ma hanno recuperato con una difesa praticamente perfetta se si eccettua la sbandata dei primi sei terribili minuti della terza frazione (4-18, a cui aggiungere la tripla di Bogdanovic sulla sirena del 20’, l’unica a segno dei ben tredici tentativi di uno dei migliori tiratori al mondo).
Questo è il bello del basket: con pazienza, con attenzione, con rabbia e con l’orgoglio si può colmare anche il gap più profondo. A quel punto, dopo ventisei minuti, la partita sembrava ormai decisa: ed invece è salito in cattedra Simone Fontecchio confezionando ben 30 punti, stabilendo il suo top in Nazionale. Imprendibile nel saltare l’uomo, nel restare in elevazione quel decimo in più rispetto agli avversari e conservare la lucidità per depositare morbidamente il pallone nel canestro. E aggiungendo ai punti sette preziosissimi rimbalzi difensivi, tre assist e un recupero.
L’Italia riscatta dunque il suo Mondiale e ipoteca il primo posto nel girone, oltre che il passaggio ai quarti di finale, ma non è finita: domenica dovrà battere anche il Portorico. Ma intanto godiamoci questa vittoria, obiettivamente inattesa, ma più che meritata perché gli azzurri avevano cominciato benissimo, demolendo le certezze serbe con il 20-10 siglato da un gioco da 4 punti di Marco Spissu dopo soli sette minuti. Poi c’è stata la reazione inevitabile della Serbia, in particolare con Dobric (15 punti, bel messaggio alla Virtus, sua nuova squadra), ma l’Italia ha continuato a mantenere il controllo della gara con il solito monumentale Melli, con la generosità di Polonara, Tonut, Ricci, meno produttivi in attacco (appena 6 punti in tre) ma determinanti nel costruire un muro davanti al proprio canestro, intaccato da Milutinov (12 rimbalzi ma troppo falloso in attacco), da Dobric, Bogdanovic e in parte Avramovic. Pesic, costretto a rinunciare a Simanic, ha ottenuto risposte molto parziali dagli altri, ha costruito buone difese, ha costretto l’Italia a molte palle perse, ma è stato bersagliato dalle triple degli azzurri (11/21, dopo il 17/41 con la Filippine che aveva riscattato le due precedenti opache prove) e alla fine, dopo aver presidiato assai bene la propria area, ha visto la sua difesa aprire varchi sfruttati dall’Italia, passata dal fallimentare 5/19 nei primi 20’, al 12/20 da due punti nella seconda metà di gara.
La Serbia si è disunita davanti al recupero azzurro, non è riuscita a tamponare l’emorragia nel punteggio, ha mandato in esaltazione l’Italia e ha cominciato a intravedere lo spettro di una sconfitta che è giunta inevitabile consentendo ai nostri di arrivare al minuto conclusivo avanti di cinque punti: la tripla di Nikola Jovic è stata subito compensata dal trentesimo punto di Fontecchio, i due tiri liberi di Bogdanovic hanno solo reso più amara la sua disfatta.
Più che positivo una volta di più Pajola (7 punti e 6 assist), Spissu ha regalato 14 punti e 5 rimbalzi (ma anche 5 palle perse), Pozzecco ha allargato, anche per necessità (il quinto fallo di Ricci, la stanchezza di Melli) le rotazioni dando 15 minuti a Severini (fondamentale la sua tripla del 72-67): un bel bagno di fiducia pe l’ala di Tortona, allungando il numero di giocatori affidabili per il CT che finora aveva puntato esclusivamente sugli otto veterani.
Attendendo l’esito, tra breve, di Dominicana-Portorico, abbiamo due giorni per preparare al meglio l’incontro conclusivo e decisivo di domenica che può regalarci i quarti di finale evitando la mission impossible con gli Usa: ci siamo ripresi come meglio non si poteva la mano del gioco, ma ancora non basta, dobbiamo continuare così.
Una nota doverosa sulla Rai che ha chiuso il collegamento pochi secondi dopo la conclusione della partita privando il suo pubblico sia delle immagini della gioia degli azzurri, sia delle dichiarazioni a caldo dei suoi protagonisti dopo un confronto dall’altissimo contenuto emotivo, raccontata assai bene da Fanelli e De Pol e altrettanto bene condotta in studio da Tiberti e Michelini: una nuova dimostrazione dell’insensibilità del network pubblico nei confronti del basket e dei suoi appassionati.
Mario Arceri