E a quanto pare l’All-Star Game 2021 si farà. Anche quest’anno, nel bel mezzo di una stagione compressa, spezzata in due, piena di protocolli e precauzioni da seguire causa pandemia. Sembrava non ci fosse margine per assistere a quella festa a cui ci siamo abituati ad certo punto dal cammino, quella manciata di giorni utilizzati per intrattenere il pubblico nel vero senso della parola. Invece… è arrivato il cambio di marcia nelle ultime settimane, dopo che a novembre 2020, praticamente un mese prima dell’inizio della regular season, era arrivato lo stop al weekend delle stelle in programma ad Indianapolis. Tuttavia la NBA e la NBPA hanno raggiunto l’intesa per lo svolgersi dell’evento alla State Farm Arena di Atlanta. Ovviamente con qualche polemica a far da contorno al caso.

Le posizioni

La superstar dei Los Angeles Lakers LeBron James ha definito la decisione come “uno schiaffo in faccia. Ho zero voglia e zero energia per andare all’All-Star Game quest’anno. La NBA e l’associazione giocatori hanno ratificato questo accordo, ma a inizio stagione ci avevano detto che non ci sarebbe stato alcun All-Star Game. Abbiamo avuto una offseason corta di soli 71 giorni, e avremmo dovuto fare questa pausa di 5 giorni a metà stagione per riposarci e preparare la seconda parte”. Queste le parole al vetriolo del Re, a cui è seguita la presa di posizione di Giannis Antetokounmpo dei Milwaukee Bucks, che ha parlato di interesse relativo per l’ASG, puntualizzando che sarebbe stata meglio fermarsi e che in ogni caso si presenterà (così come LeBron del resto). Contrari alla manifestazione anche James Harden dei Brooklyn Nets e Kawhi Leonard dei Clippers, il quale si è detto non troppo sorpreso della notizia, poiché l’All-Star Game sposta a livello economico. A cercare di stemperare gli animi ci ha pensato il presidente dell’associazione giocatori, Chris Paul, che ha spiegato ai microfoni di Duane Rankin come abbia percepito il punto di vista degli atleti, rilanciando la tutela della salute degli stessi al primo posto: “I ragazzi hanno diritto di parlare delle decisioni e su tutto il resto. Penso che il compito del sindacato sia stato quello di assicurarsi che i giocatori siano in salute ed al sicuro. Questa è stata una decisione della lega e noi stiamo cercando di comprenderla. Spero solo che i giocatori capiscano le decisioni prese, però loro hanno dei pareri e devono poterli esprimere”.

All-Star Game, un plus ‘evitabile’

Sarà pure scontato, ma la domanda sorge spontanea: ha senso varare un’iniziativa del genere in un’annata così frenetica, con un calendario ristretto nei tempi e una situazione sanitaria di cui tener conto? Rifacendoci alle parole di LBJ e analizzando lo scenario la risposta più spontanea è che si poteva certamente evitare. La stagione 2019/2020 è terminata quasi a metà ottobre, e l’inedita pausa a cavallo tra autunno e inverno si è interrotta a inizio dicembre, quando sono partiti i training camp. Una offseason ridotta, lontana dai soliti standard, che ha sicuramente non ha permesso di recuperare le energie necessarie, soprattutto a chi è arrivato fino in fondo. Sarebbe stato più utile fermarsi e ricaricare le batterie in vista della seconda parte della RS, anche perché ci sono ben 30 gare rinviate a causa del Covid-19 da recuperare il che rende la tabella di marcia ancora più fitta e ingarbugliata.
All’All-Star Game ci saranno giocatori, staff e personale proveniente da ogni parte da un’America attraversata da uno status delicato per quel che riguarda la pandemia: certo, i protocolli saranno rigidissimi e i partecipanti arriveranno ad Atlanta il giorno prima per sottoporsi a tutti i test. Ma sappiamo benissimo che questo virus è un nemico invisibile ed imprevedibile, cosa succederebbe se ci si trovasse di fronte ad un caso di positività? La speranza è che il sistema regga, sulla falsariga di quanto accaduto finora.

The show must go on, nonostante tutto

Senza dimenticare l’interrogativo più grosso: che partita aspettarci? Lo scorso anno la formula utilizzata per omaggiare Kobe Bryant ha ravvivato quella competitività ed interesse che l’evento aveva perso in tempi recenti. Molti parlavano dell’All-Star Game come autentica passerella o una semplice esibizione per giocate da highlights, abbassandone di fatto l’hype: i cambiamenti nell’edizione 2020 hanno fatto sì che tornassero in campo intensità, gioco corale e motivazioni degne della golden age. I presupposti per l’appuntamento di Atlanta però non sono gli stessi, viste le esternazioni delle star e il loro interesse, e il rischio è di ritrovarsi ad assistere ad uno spettacolo tutt’altro che esaltante. Quindi avremmo potuto dire semplicemente “no grazie” e andare avanti rinviando il tutto a tempi più proficui. Ma ben consci che la questione poteva essere archiviata e che le ragioni dei giocatori sono alquanto comprensibili, bisogna allo stesso modo essere pragmatici e guardare la realtà. L’All-Star Game genera soldi, è inserito nel contratto collettivo stipulato tra la NBA e i cestisti ed è parte integrante degli accordi con le tv. Prendervi parte permette inoltre di percepire dei bonus. Insomma, significativi sono i guadagni che girano attorno all’evento e si sa, la NBA è un business. “The show must go on”, cantavano i Queen. Ed è anche questo il caso, nonostante tutto.

Daniele Maggio