Tra estasi (poca) e tormento (tanta). La storia tra Dennis Rodman e i Los Angeles Lakers avrebbe solleticato la fantasia del compianto Carol Reed. Uno scenario del tipo “Pensavo fosse amore e invece era un calesse” di Troisiana memoria.
I Lakers avrebbero dovuto – e potuto – comprendere in anticipo che Hollywood avrebbe rappresentato un salto troppo grande anche per The Worm, il miglior rimbalzista della storia dei pluridecorati Bulls targati Michael Jordan.
Se solo Jerry West e Kurt Rambis avessero guardato “Double Team”, avrebbero desistito dall’ingaggiare l’uomo dalla capigliatura più ossigenata d’America. Per chi non lo sapesse, si tratta di una delle più deludenti pellicole cinematografiche della storia degli Stati Uniti. Proiettato per la prima volta il 04 aprile 1997, vedeva Rodman calato nei panni di un certo Yaz, eccentrico trafficante d’armi pronto ad aiutare il protagonista Jean Claude Van Damme nella lotta contro il malvagio e sanguinario Mickey Rourke.
Un film imbarazzante in cui Rodman conquista tre Razzie Awards come peggior attore non protagonista, peggior coppia con Van Damme e peggior esordiente. Hollywood, in buona sostanza, non è il suo ambiente ma ai Lakers pensano il contrario. Shaquille O’Neal lo reclama, ha bisogno di qualcuno che gli protegga le spalle mentre fa razzia in attacco.
Jerry Buss, il proprietario dei Lakers, ha un debole per Rodman ed è convinto che rappresenti il tassello mancante per condurre nuovamente al successo i gialloviola. Dopo neanche ventiquattro ore dalla firma sul contratto Rodman decide che ha bisogno di ferie per smaltire chissà quale stress e si dirige in Nevada.
A Las Vegas, tra alcolici e casinò – per lui è una consuetudine – si rigenera e torna in California per mettersi a disposizione di coach Rambis. L’inizio è scoppiettante ed illusorio. I Lakers vincono le prime undici partite con Rodman in squadra e si rilanciano dopo l’addio a coach Harris. Non mancano le solite stravaganze come docce fatte prima – e non dopo – le partite, l’indossare abiti femminili ed altre cose fuori dall’ordinario.
Le prestazioni soddisfacenti cominciano a latitare come i minuti – e i rimbalzi – in campo. I Lakers tornano alle difficoltà iniziali con l’aggravante di uno spogliatoio per nulla sereno. Una polveriera resa ancor più pericolosa dalle bizze di Rodman. Si arriva inevitabilmente al punto di non ritorno, alla rottura definitiva e al taglio di Rodman.
Tanti saluti, canotta numero 73 in naftalina e The Worm torna a spasso. Un’occasione bruciata ma i Lakers non avrebbero potuto optare per qualcosa di differente. Dopo 51 giorni si conclude una delle parentesi più assurde della carriera di uno dei più grandi rimbalzisti della storia della Nba. The Worm a Hollywood? Anche no.
Nell’immagine Dennis Rodman, foto tratta da Facebook