Michele Ruzzier è stato ospite di Alley Oop, trasmissione che va in onda ogni martedì dalle 17 alle 18 sui social di Revolution con Alessandro di Bari, Eugenio Petrillo e Marco Lorenzo Damiani. Il giocatore di Trieste ha parlato del momento della squadra, della Coppa Italia raggiunta, della “mentalità americana”, e del passato, tra Fortitudo, Virtus e Cremona.
Le condizioni fisiche dopo la scavigliata domenica contro Pistoia.
“Bene, per fortuna. È la classica scavigliata, succede almeno un paio di volte all’anno. Più o meno penso tutti l’abbiano provata in carriera”.
Un bilancio sulla stagione dopo aver raggiunto anche la Coppa Italia.
“Considerando che siamo una neopromossa, direi un bilancio super positivo. Abbiamo raggiunto le Final Eight. Abbiamo lasciato forse qualche punto di troppo per strada, però alla fine aver raggiunto un risultato così, dopo una retrocessione, una promozione nel giro di due anni, è un obiettivo stupendo per la città e per la società. Speravamo nella Coppa Italia, ma è una cosa maturata di partita in partita. In più abbiamo un management e un allenatore americano che guardano sempre tutto con positività, mentre noi italiani tante volte vediamo più il bicchiere mezzo vuoto”.
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Coach Christian è un allenatore straniero alla prima esperienza lontano dagli USA.
“L’impatto l’anno scorso, credo specialmente per lui, è stato un po’ un po’ tragico, tra virgolette, proprio per la nostra mentalità. Lui cercava di inculcarci la mentalità americana, il fatto della possibilità di credere nel lavoro e l’anno scorso poi all’inizio i risultati non arrivavano. Però anche grazie a lui, grazie ad Arcieri, ha continuato a lavorare tanto su quell’aspetto e poi alla fine abbiamo vinto il campionato”.
Un sistema tutto a stelle e strisce.
“Abbiamo avuto la fortuna di firmare giocatori esperti, giocatori che sono già stati sia in Italia che in giro per l’Europa, quindi sono adattati più velocemente e credo che per loro trovare un ambiente americano, tra virgolette, gli renda tutto più facile e tutto più veloce. Anche l’integrazione in squadra e nella città, poi avendo anche tre giocatori triestini che gli fanno vedere le cose fa velocizzare il tutto. In tutto questo Jeff Brooks è fondamentale, oltre a fare da collante, dà sempre consigli. È un giocatore esperto, dà delle dritte agli americani, e a noi, quindi è uno di quelli sicuramente da ascoltare e poi in campo sta facendo la differenza. Sta giocando due, tre ruoli, è determinante con rimbalzi, punti, fa veramente un po’ di tutto. È il Jeff Brooks di prima di Venezia probabilmente sta vivendo una seconda giovinezza, è lui il primo a dirlo”.
La Coppa Italia raggiunta.
“Negli ultimi anni la più forte probabilmente non ha mai vinto, a parte qualche raro caso. Credo che la Coppa Italia la vinca chi ha un pizzico di fortuna e anche di follia in determinati momenti ed è il bello della competizione che può vincere veramente qualsiasi squadra. Quindi come tutti andremo lì per provare a fare il colpaccio, poi io l’ho già vinta con Cremona, ed è un bel ricordo che mi porto dentro. Poi l’ha vinta l’anno scorso Markel Brown, l’ha vinta Jeff Brooks anni fa a Sassari, il nostro vice Taccetti l’ha vinta con Brescia. Quindi un po’ di esperienza in questa competizione l’abbiamo già”.
Il ricordo del successo con Cremona nel 2019.
“Avevo un po’ il sentore che saremmo arrivati fino in fondo, perché l’anno prima avevamo perso in semifinale, con Avellino ed eravamo arrivati carichi. Nonostante questo c’è un aneddoto divertente: io col preparatore di Cremona all’epoca, che è anche tuttora preparatore, Jacopo Torresi, avevamo prenotato prima un volo per Dubai che partiva la domenica, perché facendo dei vari calcoli, anche se fossimo passati il primo turno, il sabato avremmo giocato contro Milano. Allora abbiamo detto, insomma, prenotiamo che tanto… e invece poi abbiamo vinto. Il viaggio purtroppo è saltato ma abbiamo portato a casa la coppa”.
Bologna, Basket City, vissuta su entrambe le sponde.
“Alla Fortitudo era Legadue, quindi probabilmente il seguito era un po’ un po’ diverso. Dal punto di vista del calore del tifo è molto simile. Magari certi dicono la Effe di più, con la Fossa dei Leoni, invece dal mio punto di vista è molto simile. Poi c’era sì il derby dopo otto o nove anni che non c’era più. Ricordo all’Unipol con novemila e più persone. Insomma ricordi belli”.
I ricordi su Milos Teodosic.
“Milos fa cose e vede cose solamente lui. Certe veramente inimmaginabili e quello che vedevi in allenamento non era minimamente paragonabile a quello che faceva in partita, cioè in allenamento era come stare dentro a un pinball, passaggi, boom, boom, no look, bombe, faceva veramente venire il mal di testa. Ho avuto fortuna a stare con lui quell’anno e mezzo e anche a diventarci amico, perché alla fine avevamo davvero un bel rapporto anche fuori dal campo, quindi sono veramente grato di averlo vissuto”.
La chiamata di Sergio Scariolo.
“Me lo ricordo benissimo, ero al preolimpico a Belgrado, c’era il coronavirus, eravamo tutti chiusi in stanza e non si poteva fare niente. A un certo punto mi scrive il mio agente dicendomi che Scariolo voleva parlarmi, e io dico, e cosa vuole Scariolo da me? (ride ndr) Poi mi ha chiamato e mi ha detto in sostanza che mi voleva. Sul momento non ero convinto, mi chiedevo cosa sarei andato a fare lì, a non giocare, insomma era meglio rimanere a Varese. Però avevo sempre voluto provare l’esperienza di giocare in una grande squadra, avevo ventotto anni e allora ho detto: dai, o adesso o mai più. Quindi poi alla fine ho accettato e ne sono stato davvero felice”.
L’impatto con un grande club come la Virtus.
“All’inizio mi faceva strano perché appena arrivato al raduno d’estate abbiamo fatto una cena in un albergo e mi sono ritrovato lì al tavolo con Belinelli e Teodosic e mi dicevo ma non è possibile che io sia qui. L’impatto è stato questo, poi anche con Beli siamo diventati molto amici, con Cordinier e con Pajo. Sono ragazzi che sento tutt’ora e con cui c’è stato veramente un gran bel rapporto”.
La crescita di Alessandro Pajola, compagno di reparto.
“Sicuramente la difesa è un caposaldo, ma questo lo sanno un po’ tutti. Credo che negli anni abbia aggiunto consapevolezza sulle sue capacità organizzative, se guardate ad ogni tiro libero è già che organizza l’attacco dopo e organizza la difesa ancora dopo. Questo credo sia la sua più grande qualità, oltre ovviamente il talento naturale che ha sicuramente dal punto di vista difensivo”.
I ricordi rimasti più impressi di tutta la carriera.
“Gli anni a Cremona sono stati probabilmente i migliori. Giocavo bene, ero in fiducia, avevamo una squadra non fortissima ma che otteneva sempre risultati con Meo Sacchetti che ci lasciava molto liberi di esprimerci. Dopo quello sicuramente metto il fatto di aver vestito la maglia della Virtus. Ancora oggi se ci ripenso mi vengono i brividi, insomma di aver giocato con con quei giocatori, di aver portato il mio piccolo mattoncino, è stata veramente una cosa che ricorderò per sempre”.
La continuità del duopolio.
“Milano e Bologna direi che sono ancora le favorite, essendoci poi i playoff, le vedo difficilmente battibili. Quest’anno però il campionato è matto, c’è Trapani che è forte e sta spendendo tanto, Brescia che comunque è prima. Ci sono tante squadre che possono dare fastidio”.
In foto Ruzzier