Le NBA Finals tra Boston Celtics e Golden State Warriors sono in bilico sul 2-2 grazie al magistrale sforzo di Steph Curry in Gara 4 e Gara 5 sarà cruciale per definire chi alzerà il Larry O’Brien Trophy. In vista della sfida di lunedì notte, Basket Magazine vi propone un breve compendio di tutto ciò che è successo finora e delle chiavi fondamentali per la conclusione della stagione NBA 2021-22.
STEPH VS THE WORLD
Partendo proprio dal protagonista assoluto dell’ultima vittoria. Stephen Curry sta tenendo medie irreali nelle Finals, scintillando nel palcoscenico più ambito come mai prima d’ora. Per lui 34.3 punti, 6.3 rimbalzi e 3.8 assist a partita. Sabato notte è diventato il terzo giocatore più vecchio di sempre (34 anni) a realizzare un “quarantello” nelle NBA Finals, dopo LeBron James (35 anni, 40 punti in G5 contro i Miami Heat, 2020) e Michael Jordan (35 anni, 45 punti in G6 contro gli Utah Jazz, 1998). Il tutto con una precisione fenomenale: 50% dal campo, 49% da 3 punti, 85% ai liberi.
Curry ha saputo approfittarsi di una difesa Celtics che sembra volersi concentrare sulle manchevolezze dei suoi compagni, dedicandosi a segnare a profusione e riducendo leggermente il suo playmaking (gli assist in regular season erano 6.3 a gara). Non che le attenzioni su di lui siano nulle: ogni singolo giocatore dei Celtics può marcarlo efficacemente, compresi i lunghi. Impressiona il condizionamento fisico che Curry sta mostrando, correndo costantemente per 37 minuti a gara e impegnandosi enormemente in difesa per evitare di lasciare bersagli facili ai Greens, con risultati altalenanti (benissimo in Gara 2, meno in Gara 3).
Ancora più importante è stata la sua capacità di performare nei quarti quarti. Per via degli enormi sforzi fisici, Curry tende ad arrivare all’ultima frazione di gioco spossato. Soprattutto in Gara 4 ciò non è accaduto, e contro una squadra come i Celtics, che già in Gara 1 è stata capace di rubare una partita grazie ad un super quarto quarto, è fondamentale esserci fino all’ultimo.
Solo una domanda viene spontanea: durerà? I numeri, e l’efficienza, sembrano dire di sì. L’infortunio al piede sul finire di Gara 3 sembrava preoccupare, salvo l’incredibile Gara 4. Curry sembra sulla rotta del suo primo Finals MVP.
GLI ASSIST DI TATUM
Dall’altro lato del campo i Celtics cercano disperatamente il miglior Jayson Tatum. Il 24enne, fresco di nomina all’All-NBA First Team, non ha saputo traslare ottimamente nelle Finals il suo gioco: segna, sì, 22.3 punti a partita, ma con una pessima percentuale dal campo, 34.1% (seppur con il 45% da 3). Tatum ha appena 89 punti su 82 tiri tentati in 160 minuti giocati ed un plus/minus di -6 (pesa molto il -36 di Gara 2). Dove Tatum ha saputo impattare la serie è stato nella capacità di playmaking, decisamente migliorata rispetto alla stagione regolare.
Tatum sta riuscendo a punire la difesa asfissiante degli Warriors servendo 7.8 assist (a fronte di 3.5 palle perse) a partita, molto in rialzo rispetto ai 4.4 (con 2.9 perse) della stagione regolare e anche più dei 6.2 del resto dei Playoff. Basta una statistica a dimostrare le potenzialità dei Greens quando Tatum sa bucare le maglie della difesa: Boston è 7-0 nei playoff 2022 quando Tatum serve 7 o più assist. Due di queste gare sono arrivate nelle Finals e puntualmente i Celtics hanno vinto.
Boston spera certamente che Tatum sappia sfoderare una prestazione da almeno 30-35 punti, come ha saputo fare nelle Semifinali di Conference contro Milwaukee nel momento di maggior bisogno (46 punti in Gara 6 sotto 3-2 nella serie). Ma finché gli Warriors rendono il suo compito così difficile, sarà fondamentale che continui a trovare i compagni aperti…e che i compagni mandino a segno i tiri.
Curry e Tatum non possono vincere da soli. A meno di serate al limite del trascendentale, il basket è uno sport di squadra, soprattutto in un palcoscenico ambito come quello delle Finals. Di conseguenza è fondamentale valutare, gara per gara, l’impatto che il “supporting cast” delle due stelle ha saputo offrire.
L’IMPATTO DEGLI “ALTRI”: I CELTICS
Curry e Tatum sono probabilmente i due migliori giocatori della serie, ma Boston può vantare il numero 3: Jaylen Brown. Brown sta giocando come un Finals MVP: 22.3 punti, 7 rimbalzi e 3.8 assist a gara (44% dal campo, 35% da 3, 80% ai liberi). La sua capacità di arrivare al ferro apre il campo per i tiratori e permette a Boston di eludere gli switch ossessivi. Brown ha una True Shooting Percentage del 54.5%, ed ha saputo essere consistente per i Celtics, in assenza di prestazioni degne da parte di Tatum.
Coach Ime Udoka sta ruotando 7-8 giocatori degnissimi delle Finals. I più importanti sono Marcus Smart, impattante in difesa tanto quanto altalenante in attacco con le sue triple, e Al Horford. Horford ha fatto il suo ingresso nelle prime Finals della sua illustre carriera con una splendida Gara 1 da 26 punti, salvo poi segnare solo 21 punti nelle 3 gare successive: sarà importante che lasci in segno, se non in attacco quanto meno in difesa.
Derrick White in difesa offre un impegno decisamente “alla Celtics”, in attacco è quarto per punti segnati (14 a gara) e una presenza forte nella second unit. Robert Williams III lotta sulle plance (cattura il 17.7% dei rimbalzi quando è in campo, migliore in squadra) e stoppa tutto (14% di block percentage, anche in questo caso migliore in squadra). Con lui sul parquet Boston ha un offensive rating di 170 e un defensive rating di 99. Gli infortuni lo hanno rallentato, ma in Gara 3 è stato fenomenale: 8 punti, 10 rimbalzi, 3 palle rubate e 4 stoppate.
Per guadagnare il 18esimo anello della sua storia Boston avrà bisogno di un gran contributo dei suoi tiratori (Smart su tutti) e di una difesa in sincrono, guidata dai suoi due lunghi.
L’IMPATTO DEGLI “ALTRI”: GLI WARRIORS
Klay Thompson ha finalmente trovato due ottime gare di fila: 25 punti in Gara 3, con 7/17 dal campo, e 18 in Gara 4, con una difesa fenomenale su Brown a fine gara per assicurarsi la vittoria. Jordan Poole ha debuttato con una terribile Gara 1 ed ha avuto risultati altalenanti (5/9 da 3 in Gara 2, 2/7 in Gara 4).
Ma il vero problema è Draymond Green. Il veterano sembra vecchio, lento ed affaticato. In attacco è stato praticamente nullo (17 punti segnati, 18 falli commessi), in difesa ha perso decisamente colpi: il suo defensive rating di 111 è pari a quello di Curry, non certo un difensore fenomenale. Quel che è peggio è che i Celtics siano riusciti a comprendere le sue difficoltà e, in Gara 3, a sfruttarle implementandole nel game plan. In Gara 4 coach Steve Kerr ha dovuto prendere la faccenda in mano, togliendolo dal campo con oltre metà del quarto quarto rimanente e rimettendolo a soli 3 minuti dalla fine, optando per un gioco di sostituzioni attacco-difesa con Poole.
Green deve fare di più: Boston lo sta battezzando al tiro, raddoppiando Curry ad ogni possibilità, e il 23 non sta sfruttando la cosa, attaccando con aggressività il ferro e creando scarichi per i compagni.
Addolcisce la pillola l’ottimo impatto di Andrew Wiggins. L’ex Minnesota ha rinvigorito la sua carriera come gregario di super lusso: 16.5 punti, 8.5 rimbalzi e pure 1.5 assist a partita. Cambia su tutti, difende duro e cattura rimbalzi: nella serie sono 34 in totale, primo in parità con Kevon Looney (altro pezzo importante, seppur con un minutaggio inferiore).
E poi Otto Porter Jr e Gary Payton II, ottimi nei pochi minuti in campo. La sensazione è che gli Warriors abbiano tanti buoni giocatori, ma nessun ottimo giocatore.
LE CHIAVI DI GARA 5
In fondo, il basket è un gioco semplice: fai canestro e vinci. E per Boston sarà quella la priorità: superare i 100 punti e mettere a segno almeno il 40% delle triple. La difesa ci sarà, ma è difficile vincere una gara a punteggio basso se l’avversario ha Curry. Fondamentale anche far scaldare il prima possibile Tatum, salvo risparmiarlo un po’ per concludere con grinta il finale, ed attaccare il ferro per battere la zona dei Dubs.
Per Golden State servirà il solito, magnifico Curry, il solito impatto di Wiggins e almeno 2 buone gare dal trio di Thompson, Poole e Green. Sarebbe decisamente positivo per i tifosi Warriors trovare un Draymond aggressivo, magari una performance vintage a la Gara 7 delle finali 2016 (35 punti), ma basterebbe una difesa solida e ferrea, oltre a qualche assist dallo short roll e almeno 4 o 5 canestri.
Entrambe le squadre cercheranno di trasmettere ai giocatori la crucialità della gestione del pallone: in una gara lenta, combattuta e fisica, le palle perse e i canestri facili in transizione potrebbero uccidere ogni speranza.
Appuntamento, quindi, alle 3:00 di lunedì notte per il quinto appuntamento di una serie imperdibile.
Statistiche ricavate da BasketBall Reference e StatMuse
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FOTO: NBA.com