Dall’esempio di Britney Griner l’invito a lottare contro le violenze di genere. Dal basket un grande esempio: il vero successo non è segnare un canestro, ma contribuire a creare un mondo in cui ogni donna possa vivere libera dalla paura e dal dolore.
di Maria Federica Tromellini
Ci sono momenti in cui il mondo si ferma a riflettere, in cui le storie di vita reale superano i confini dello sport e diventano simboli di battaglie universali. Il 25 novembre è uno di questi momenti: una giornata che ci ricorda quanto sia necessario e urgente schierarsi contro la violenza sulle donne. È un richiamo a guardare oltre le cronache quotidiane, a riconoscere i volti, i nomi e le cicatrici di chi lotta ogni giorno per riprendersi la propria vita.
Tra le tante voci che meritano di essere ascoltate c’è quella di Brittney Griner. La sua non è solo una storia di basket, ma un racconto di resistenza e rinascita che va oltre i confini di una prigione russa, oltre le linee di un campo da gioco.
Era febbraio 2022 quando Brittney fu arrestata all’aeroporto di Mosca. Due cartucce per vaporizzatore contenenti olio di hashish (prescrizione medica negli Stati Uniti) bastarono per trasformare un errore in una condanna devastante: nove anni di carcere in Russia. Era solo l’inizio di un calvario fatto di abusi, umiliazioni e condizioni di detenzione disumane. “Non dimenticherò mai niente di ciò che ho vissuto”, ha confessato Brittney in un’intervista.
Tra celle gelide, turni di lavoro massacranti e l’assenza di ogni contatto umano, Brittney ha toccato il fondo: “Ho pensato al suicidio”, ha ammesso. Ma anche quando il buio sembrava totale, ha trovato dentro di sé una scintilla di speranza. La sua liberazione, avvenuta l’8 dicembre 2022, è stata un raggio di luce: un ritorno a casa, ma non a una vita normale. Il disturbo da stress post-traumatico e la depressione hanno lasciato cicatrici profonde, visibili e invisibili.
Eppure Brittney ha scelto di lottare, ancora una volta: “Mi dicevano che era ok non sentirsi ok, ma cosa significava davvero?” si è chiesta, intraprendendo un cammino doloroso ma necessario per ritrovare se stessa. Nel 2023, con un coraggio immenso, è tornata sul parquet, dimostrando che la forza di una donna può riscrivere anche le pagine più oscure della vita.
Il 25 novembre ci invita a ricordare non solo Brittney, ma tutte le donne che combattono ogni giorno contro la violenza e i pregiudizi. Sul parquet, come nella società, ci sono battaglie che non si vincono da sole. Ogni rimbalzo strappato, ogni assist perfetto e ogni tiro difficile incarnano lo spirito di chi non si arrende, anche di fronte alle sfide più dure.
Il basket femminile, in particolare, diventa simbolo di resilienza. Ogni giocatrice che scende in campo con passione e grinta porta con sé un messaggio di forza e speranza. Nonostante i passi avanti, c’è ancora strada da fare perché il talento delle donne riceva il rispetto che merita. Come un tiro da tre punti negli ultimi istanti di una partita decisiva, il loro impegno ci ricorda che la vittoria non è mai scontata, ma sempre frutto di sacrificio e determinazione.
In Italia, la Serie A femminile celebra questa giornata con iniziative simboliche: indossare il colore arancione, simbolo della lotta contro la violenza di genere, è un modo per dire che il basket non è solo sport, ma anche voce di cambiamento.
Oggi, più che mai, dobbiamo chiederci: cosa possiamo fare per sostenere le donne, dentro e fuori dal campo? Ogni applauso, ogni storia raccontata, ogni piccolo gesto può fare la differenza. Perché il vero successo non è segnare un canestro, ma creare un mondo in cui ogni donna possa vivere libera dalla paura e dal dolore.
Il 25 novembre non è solo un giorno da ricordare. È un invito a scendere in campo, insieme, per riscrivere il finale di questa partita.
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