Usa e Canada battute, la finale della World Cup è una volta di più tutta europea: Serbia-Germania per l’oro è anche la vittoria del basket Fiba su quello Nba, umiliato una volta di più a livello mondiale. Intanto oggi si conclude la World Cup dell’Italia affrontando la Slovenia di Doncic per il settimo posto, ma tutta la pallacanestro italiana si stringe a Luigi Datone, all’ultimo match in maglia azzurra

 

ABBRACCIAMO IL CAPITANO

 

 

Possiamo anche dire che una volta di più il basket Fiba, giocando con le sue regole, batte il basket Nba. Fuori il Canada e fuori gli Stati Uniti, con i loro 19 giocatori su 24 che tra pochi giorni torneranno alle franchigie americane. I canadesi almeno con la soddisfazione di una final four raggiunta per la prima volta nella loro storia (vedremo domenica se sarà podio), gli statunitensi con la soddisfazione (vabbè, è molto ironico) di aver migliorato il piazzamento di quattro anni fa quando chiusero al settimo posto.

Sembrava che Steve Kerr, dopo la sconfitta con la Lituania avesse capito la lezione: contro l’Italia ha ottenuto che i suoi giocassero di squadra e soprattutto difendessero con la fisicità di cui sono dotati e con l’attenzione che gli era stata richiesta. Oggi con la Germania i suoi hanno invece scelto nuovamente la via del tiro a bersaglio ingaggiando con i tedeschi – come già con i lituani – una sfida a chi faceva più punti. E hanno vinto i tedeschi che, al contrario degli americani, hanno un bel po’ di presunzione in meno.

Dopo il 104-110 con i baltici, è venuto il 111-113, numero sicuramente non consueto in una semifinale mondiale quando la delicatezza e l’importanza dell’impegno suggerirebbero tattiche più prudenti e un miglior controllo del gioco. Con la corsa a chi segna di più, con percentuali eccellenti per entrambi, probabilmente è stato decisivo quel decimale in più nel tiro da due fatto registrare dai tedeschi in una partita dai numeri pressoché speculari. 57,7% complessivamente al tiro, 68,3 da due, 43,3 da tre e 18/22 nei liberi con 30 rimbalzi conquistati per la Germania, 58,9% nel totale, 65% da due, 48% da tre e 23/24 dalla lunetta, con 28 rimbalzi all’attivo per gli Usa.

Ha vinto chi alla fine ha messo un po’ di cervello in più: Dennis Schroder, decisamente negativo contro la Lettonia battuta di soli due punti, oggi ha preso in mano la squadra e l’ha gestita nel modo migliore ottenendo dai fratelli Wagner, da Theis e da Obst il contributo migliore. Giocatori Nba (ad eccezione di Obst che gioca a Monaco di Baviera), ma con molta esperienza in più di basket Fiba rispetto ai giovani colleghi americani, confermando che se gli Usa vogliono tornare ad occupare stabilmente il vertice della pallacanestro mondiale, dovranno far ricorso non a giocatori di medio valore, ma alle sue stelle.

Quattro anni fa a Pechino andò anche peggio con gli Usa di Gregg Popovich colpiti e affondati da Francia e Serbia nella eliminazione diretta, chiudendo poi settimi grazie al successo sulla Polonia nell’ultima partita di un mondiale che, per la cronaca, delle altre tre finaliste di quest’anno, vide la Serbia finire al quinto posto, la Germania al 19° e il Canada al 21°.

Quindi nessuna o poche conferme, e cioè quella della Serbia che ha ottime possibilità di conquistare il titolo mondiale nell’ennesima finale tutta europea della World Cup, ma la conferma che quattro anni nel basket moderno sono ormai tempi lunghissimi nei quali la scala dei valori può cambiare anche sensibilmente: basti pensare dove si sono fermate le altre sei squadre della Top Eight di Pechino, e cioè Spagna, Argentina, Francia, Australia (le prime quattro) e ancora Rep. Ceca e Polonia. Questo dà maggior valore al mondiale dell’Italia che avrà fatto almeno due passi avanti nella classifica, così come della Lituania, nona quattro anni fa. E valorizza ancora di più l’impresa di Lettonia e Slovenia che a Pechino nemmeno c’erano.

Contro la Slovenia l’Italia chiude domani il suo Mondiale. Avremmo tutti sperato in qualcosa di più, per lo meno un quarto di finale più… umano. Ma ha ragione Pozzecco quando dice che, se la Nazionale aveva convinto il nostro mondo di poter battere gli Usa, allora il traguardo della piena credibilità era stato raggiunto. Non siamo evidentemente squadra da oro olimpico o mondiale. Il quinto posto sarebbe stato il premio più giusto per quello che gli azzurri hanno fatto stringendo i denti in queste due settimane a Manila, la sfortuna ha nuovamente colpito l’Italia con l’attacco influenzale che ha bloccato Fontecchio, impedendo al nostro attaccante più pericoloso di giocare ieri contro la Lettonia.

Con tutte le lacune della squadra e in particolare la mancanza di centri di ruolo; con l’improvviso esaurimento della fonte che alimenta il tiro da tre punti e che era uno degli elementi di forza degli azzurri (abbiamo vinto quando, contro la Serbia, la percentuale è stata più che soddisfacente: 52%), l’essere arrivati fin qui è un grande merito. Ora si tratta di chiudere nel migliore dei modi il nostro Mondiale. Domattina avremo di fronte la Slovenia del giocatore più forte della Nba: Doncic. Come già lo scorso anno all’Eurobasket, anche il Mondiale ha dimostrato che dietro lui e Dragic nella Slovenia c’è ben poco. Dovremo affrontarla senza spaventarci, cercando di limitare il più possibile il suo totem e senza pagare troppo duramente la difesa sul centro di Dallas, ma anche senza sottovalutare gli altri sloveni tra cui a Manila si è distinto particolarmente una vecchia conoscenza, Aleksej Nikolic, cresciuto a Bamberg da Trinchieri e visto in Italia tra Treviso, Cagliari e Brescia.

Chiudere bene la World Cup significa anche onorare nel modo migliore l’addio al basket di Gigi Datome. Saranno i suoi ultimi 40 minuti e sulla platea più prestigiosa al mondo. Pensiamo di capire il turbine di emozioni e di ricordi che in queste ore sta vivendo il Capitano. Lo conosciamo da sempre, da quando ragazzino a soli 16 anni giunse a Siena dove Minucci non fu mai convinto delle sue possibilità, e poi a Scafati dove cominciò davvero a farsi le ossa, esplodendo poi a Roma dove in sei anni diventò la bandiera di quella Virtus Roma che non c’è più.

Datome oggi giocherà la sua 203ª e ultima partita in maglia azzurra dopo averne messe insieme altre 120 con le nazionali giovanili, segnando complessivamente 3483 punti: probabilmente non esiste nel nostro basket altro esempio di maggiore fedeltà alla Nazionale, dove esordì il 2 giugno 2007. A Manila ha dimostrato, in particolare ieri contro la Lettonia, di essere sempre un campione a dispetto degli anni. Ma da campione ha fatto la scelta migliore: dire addio al momento giusto, all’apice di una carriera gloriosa.

 

Mario Arceri