di Maurizio Roveri

 

 

Quando l’Eurolega si trasforma in supplizio. La via crucis della Virtus Segafredo (una sola partita vinta e sette sconfitte nello spazio di un mese, dal 3 marzo al 6 aprile) passa anche da Valencia. Alla “Fonteta de San Luìs” la squadra di coach Scariolo – o quel che rimane dell’incompleto gruppo bianconero – tiene lodevolmente la partita in controllo per tre quarti ma poi si spegne, lasciandosi flagellare nell’ultimo periodo. Dieci minuti gonfi di fatica e di frustrazione. Benzina esaurita. Senza gambe. E poche idee. Incertezze, confusione, palle perse e passaggi sbagliati o talmente prevedibili da essere facilmente intercettati. Roba la cui visione sarebbe da vietare ai minori di anni 12. Proprio il calo di tensione  che il Valencia aspettava, e in particolare l’attendeva quel diavoletto di Shannon Evans che era lì in agguato ed ha attaccato con aggressività e contropiede dapprima Mannion e poi Lundberg. In campo aperto il team valenciano di coach Mumbru si esalta. E’ la caratteristica principale della sua pallacanestro. Un vortice. In cinque minuti, neppure, la Virtus ha subìto un parziale di 17 a 2.

La sensazione è che Scariolo abbia tardato a riproporre Semi Ojeleye, il migliore in campo. Gli erano stati concessi, comprensibilmente, due minuti di riposo sul finire del terzo periodo. Giusto. Aveva lavorato forte, stava sostenendo il mondo virtussino, avvertiva sicuramente la necessità di fermarsi un attimo e prendere fiato. Ma è stato rimandato in campo dopo tre minuti e un secondo dell’ultimo quarto. Con il Valencia opportunista nello sfruttare il “regalo” e scappare via. Non trovando sulla sua strada l’avversario più pericoloso in attacco e il più solido difensivamente.

Ritengo inoltre che l’inconsistente Bako, e un Mannion in affanno, andassero richiamati in panca prima. Non sul -12, a frittata già fatta…

 

Undici punti in dieci minuti. Una miseria. Sicuramente lì, nel quarto finale e decisivo, la Virtus Segafredo spompata e disattenta ha avvertito l’assenza degli indisponibili Milos Teodosic, Alessandro Pajola, Marco Belinelli, Isaia Cordinier, Awudu Abass. Giocatori importanti, tutti nel settore degli esterni. Un playmaker, due guardie, due ali. E’ vero che anche il Valencia non era al completo, mancando di Jared Harper, Bojan Dubljevic, Klemen Prepelic, Sam Van Rossom. Tuttavia, quando è stato il momento di produrre lo “strappo”, il Valencia ha messo in mostra una maggiore energia. Più fuoco.

 

Ventesima sconfitta per la V nera nella complessa stagione del ritorno nel pianeta dove danzano le “grandi” d’Europa.

Da rookie della moderna Euroleague – estremamente competitiva e faticosa, suggestiva ma anche crudele – la Virtus Bologna ha affrontato con gli occhi della curiosità e della trepidazione questa lunga tortuosa sfida. Una strada piena di ostacoli, difficoltà, contrattempi, fatiche, sofferenza. Ma anche gonfie di emozioni. E per i virtussini c’è stato il tempo per vivere anche emozioni forti, di quelle che non si dimenticano e che passeranno alla storia del Club.

Mi riferisco alle imprese realizzate il 27 ottobre 2022, il 95-91 al Vizink Center di Madrid sorprendendo il Real con una partita intensa e diligente (e quando Lundberg era… il vero Lundberg); 9 novembre, il 64-59 nel Mediolanum Forum di Milano tenendo sotto i sessanta punti l’Olimpia Armani (Teodosic e Mickey sugli scudi); 17 novembre, il “trentello” (89-59) che ubriacò il Valencia sul parquet del Madison di Piazza Azzarita quando erano, quelli, i giorni migliori di Jordan Mickey; 30 dicembre, il 92-88 rifilato al Fenerbahce Beko Istanbul dentro la Segafredo Arena nella sera del primo grande urlo di Marco Belinelli, 18 punti, 23 di Performance Index Rating, +8 di plus/minus. E anche un Mam Jaiteh da 14 punti, 7 rimbalzi, 3 assist, 20 di PIR);

5 gennaio 2023, la performance espressa al Palau Blaugrana, quell’83-75 contro il Barcelona, producendo una grande mole di lavoro dentro l’area (73.3% nelle conclusioni da 2 punti). Ojeleye e Lundberg in primo piano. E 12 assist fra Teodosic e Shengelia.

 

Sei mesi correndo dietro alle speranze, ai sogni, alle illusioni. A lungo questa Virtus Segafredo ha combattuto, spesso, con dignità. Vincendo e perdendo. Perdendo e vincendo. Poi, i tanti, troppi infortuni hanno inevitabilmente condizionato le prestazioni del gruppo bianconero e, considerando che la Dirigenza ha scelto di non andare sul mercato, certe situazioni d’emergenza hanno avuto un peso significativo.

Un peso che progressivamente ha tolto freschezza, energia, intensità, convinzione. Limitando il rendimento. E infine sono scese anche le motivazioni, quando dall’obiettivo dei playoff (che era ancora lì, possibile, dopo il successo in terra tedesca, a Berlino, il 9 marzo) ci si è definitivamente allontanati. E l’illusione ha lasciato posto alla disillusione.

Fino alla notte berlinese del 9 marzo la Virtus Segafredo, debuttante in questa Euroleague di grande spessore, aveva – tutto sommato – combattuto con dignità. Dopo, non c’è più riuscita. Anche per via di un calendario perfido, che ha mandato la squadra della V nera da una parte all’altra: da Istanbul (casa Fenerbahce) a Berlino, dal Principato di Monaco a Tel Aviv, da Istanbul (casa Efes) a Valencia.

Ora le trasferte sono finite. La regular season sta per terminare. L’ultima sfida va in scena alla Segafredo Arena. E non è una partita come le altre. E’ il “derby d’Italia” dei canestri. Giovedì 13 aprile. Ancora incompleta, la Virtus. Tutto il peso sarà nuovamente sulle spalle, e nelle gambe, dei giocatori ai quali in questo periodo si sta chiedendo un grosso sacrificio. Milano ha un roster più profondo.

Il gruppo della V nera dovrà recuperare l’orgoglio. Il fuoco dell’orgoglio. Per cercare di lasciare il segno. L’ultimo urlo. E poter allungare le mani sulla vittoria numero 14.

Chiudere, da debuttante di “questa” Euroleague durissima, con un bilancio di 14-20 sarebbe da considerare sicuramente apprezzabile. Sarebbe il massimo per una squadra flagellata dagli infortuni e che, indubbiamente, ha affrontato quest’avventura con dei limiti strutturali.

 

Già, i limiti evidenziati dalla Virtus in Euroleague. Tento di elencarli:

 

1) Pochi punti nelle mani, la Virtus in attacco ha prodotto mediamente 77,7 punti (13° posto). Con un attacco da 77 punti, non si va da nessuna parte se fai parte d’una competizione d’alto livello.

 

2) Rimbalzi: 31. La media-partita del totale rimbalzi (16° posto).

 

3) Rimbalzi offensivi, ecco il vero tallone d’achille della Segafredo: media 8.2. Che pone il gruppo bianconero al 17° posto. Non si va a rimbalzo d’attacco. Mentalità? Sistema di gioco? Il problema dei rimbalzi non riguarda soltanto i “lunghi”. Chiaro, soprattutto loro, poiché Jaiteh è un centro da 4.8 rimbalzi in totale (cioè tra offensive rebounds e difensive rebounds) e Bako arriva a malapena a 2.7.  Mi chiedo: può un centro avere, dopo sei mesi di Euroleague, una media di 2.7 di totale rimbalzi a partita? Comunque, tutti (anche i power forward, anche le ali, anche le guardie, anche i playmakers) dovrebbero avere l’abitudine di proiettarsi a rimbalzo. Sia in difesa, sia in attacco dove la Virtus è sempre stata deficitaria in questa regular season di Euroleague.

 

4) Palle perse. Ecco un altro problema, che ha condizionato il cammino della V nera. Quasi 15 di media-partita. Tanti. Ieri, a Valencia, i virtussini hanno buttato via 20 palloni. Per distrazione, per insufficiente comunicazione, per passaggi sbagliati, per “tagli” poco efficaci, per stanchezza. E anche per l’aggressività e la pressione del Valencia. Ebbene: il Valencia, costringendo la Virtus a 20 palle perse, le ha trasformate in 30 punti. Trenta! Mentre la V nera ha avuto 15 punti sulle sole 10 palle perse dalla squadra spagnola.  Quindici punti di differenza.

 

5) Canestri da 3 punti: media 8.8 (12° posto). Si deve fare meglio.

 

6) Ovviamente, nella costruzione della prossima Virtus Segafredo, bisognerà fare meglio. Non si potrà fare l’Euroleague con due centri come Jaiteh e Bako che l’Euroleague non l’avevano mai fatta. Occorrerà un centro titolare esperto e dominante. Un giocatore decisamente verticale. Grande rimbalzista.  Occorrerà più fisicità e atletismo in ogni ruolo. Tutti (anche guardie e play) con l’impostazione e la mentalità per andare a rimbalzo.  Il roster non dovrà essere di 14 giocatori collaudati + 2 ragazzi che non sono pronti neanche per il campionato italiano. No. Se la Virtus sarà ancora in Euroleague e vorrà (dovrà) entrare con ambizioni nei playoff, il roster dovrà essere di 16 giocatori collaudatissimi, esperti, maturi, affidabili. Solidi. Le grandi squadre hanno tutte un grande regista: un uomo con ritmo, intensità, carisma, leadership, punti nelle mani, assistman. Tutto parte da lì. Ebbene: si sussurra che Darius Thompson potrebbe lasciare il Baskonia Vitoria alla fine della stagione (seppure nell’estate 2022 abbia firmato un biennale con il Club spagnolo). Ci fosse davvero questa eventualità, penso che la Virtus Segafredo dovrebbe gettarsi a capofitto fin da questo momento su questo straordinario play-guardia americano con cittadinanza italiana (ha sposato nel 2020 una ragazza di Brindisi). Per un fuoriclasse come Thompson, credo che si possa “sacrificare” qualche contrattone in casa Segafredo…