Basket Magazine ha avuto la possibilità di poter intervistare in esclusiva Bruno Mascolo, playmaker nato a Castellammare di Stabia in forza alla Bertram Yachts Tortona, protagonista assoluto dei playoff di A2 del Derthona, conclusi vincendo il premio di MVP, miglior marcatore e pistolero delle Finali. Dopo l’incredibile esordio dei Leoni nella Supercoppa Discovery+, con l’accesso conquistato alle Final Eight e la sfida contro Bologna nel mirino, abbiamo fatto quattro chiacchiere con il numero 14:

Castellamare di Stabia: non certo la piazza più conosciuta per la pallacanestro. Come è nata la sua passione per il basket?

Vengo da una famiglia cestistica: mio padre ha sempre giocato nelle minors a Castellamare, mia zia ha giocato in serie A a Sorrento. Lo sport principale da me era il calcio, ma sin da bambino mi sono avvicinato al basket e ci ho sempre giocato con i miei cugini e mia sorella. Dai 10 anni è diventata più seria, è nata così.

Al di fuori della tua famiglia, chi è stato il suo idolo cestistico crescendo?

Sin da bambino ho sempre visto Kobe come modello assoluto, vedevo le partite e scendevo in cortile a ripetere i suoi movimenti a memoria. Quando ho capito il mio ruolo in campo invece ho iniziato a seguire Tony Parker e Chris Paul.

E dopo Stabia, Torino. Cosa significa per lei Torino? E quanto è stato importante vincere proprio contro l’Auxilium la finale scudetto?

A Torino ho fatto tantissimi amici, sono cresciuto lì, dai 15 ai 20 anni. Per me è stata una piazza importante e ci ho lasciato un pezzo di cuore. Alcuni tra i miei migliori amici li ho conosciuti lì, per me è importante. Vincere in Lega2 nello stesso palazzetto in cui mi allenavo a 15 anni fa davvero emozionare, non mi immaginavo di ottenere risultati simili su quel campo.

Proprio quella Torino, tra l’altro, con cui aveva fatto un primo timido debutto in serie A. Cosa è cambiato, a distanza di anni?

Eh, è cambiato tutto. Ero un ragazzino, avevo 18 anni e non sapevo cosa si aspettassero da me, né quali erano le mie potenzialità. Nessuno mi ha regalato niente, sono traguardi che ho raggiunto da solo e ora torno da protagonista. Ora la consapevolezza è diversa, so i miei punti di forza e posso dire la mia anche nel maggiore campionato: ora sono un uomo e sono un giocatore che sa cosa può dare.

Quanto crede sia stata importante la sua esperienza nel basket 3v3?

2 anni fa ho fatto varie tappe delle Nations League, abbiamo vinto un paio di tappe, mentre nel 2019 ho disputato il Mondiale U23. È tutta un’altra cosa, come diceva anche Andrea Capobianco ti dà una gran mano, non dal punto di vista tattico ma, dati i maggiori contatti e la fisicità, ti abitua a un gioco più duro. Impari a rimanere sul pezzo perché il gioco è più veloce.

Parliamo di Tortona. Dopo due anni di alto livello e dopo la cavalcata nei playoff, con il premio di MVP delle Finali, la società ha rinnovato il suo contratto. Cosa significa per lei essere ancora alla Bertram? Due anni fa dicesti che Ramondino era stato un fattore decisivo per la firma: com’è giocare sotto la sua guida?

Io e Marco (Ramondino, ndr) ci conosciamo da quasi 10 anni, era secondo di Capobianco al Mondiale U18 in Turchia. Ho sempre avuto con lui un super rapporto, quando mi ha chiamato per fare il cambio di Tavernelli ho accettato. Venivo da due ottime annate a livello individuale ma in squadre che non ottenevano risultati, volevo fare qualcosa in una squadra forte. Il secondo anno il coach mi ha dato le chiavi della squadra, il minutaggio è aumentato e ho potuto dare il mio contributo in maniera serena. Marco esige molto, bisogna rimanere sul pezzo e concentrato e qualche anno fa mi mancava: ha tantissimi meriti in questo, mi ha fatto fare passi da gigante. L’anno scorso avevo giocatori fortissimi in squadra, con 3 americani che mi permettevano di fare il mio gioco, cosa rara da trovare. Avevamo un’ottima chimica e siamo esplosi tutti, arrivando fino alla vittoria del campionato in gara 5 di un punto.

Ora, finalmente, Serie A. E stavolta senza limiti. Si sarebbe mai aspettato un tale debutto della Bertram?

Non avevo idea dei ragazzi che avevamo preso, conoscevo ovviamente Sanders, Cannon, Severini e Tavernelli, ma non avevo idea degli altri. Dopo la prima settimana mi sono reso conto di ciò che potevamo fare, al completo possiamo dare fastidio a tante squadre: siamo tanti, lunghi, disponibili e sono tutti bravi ragazzi. Se il gruppo è coeso in campo si vede: abbiamo dominato tutte e 3 le partite facendo vedere quello che possiamo essere.

Pensa di essere pronto alla sfida con la Virtus Bologna? Da una parte marcare Belinelli e Teodosic, dall’altra segnare contro Pajola.

Non posso essere che contento di giocare contro Belinelli e Teodosic, andiamo lì sapendo che sono una corazzata, uno squadrone tra le migliori in Europa, ma andiamo con la mente libera. Senza nessun tipo di paura, vogliamo andare sereni e fare la nostra partita. Lo considero un grande gradino a livello personale.

Chi altri non vede l’ora di affrontare quest’anno?

Ho tanti giocatori con il quale volevo e voglio giocare quest’anno. Sicuramente uno di questi è Teodosic, anche il Chacho Rodriguez, ma soprattutto Peppe Poeta. Siamo entrambi della Campania, lui è di Battipaglia, lo conosco da una vita ma non sono mai riuscito a giocarci contro. Questo è uno sfizio mio che non vedo l’ora di soddisfare, quando avevo 13 anni andai a vedere una sua partita con Teramo, ed è da allora che sogno di sfidarlo.

Cosa si aspetta a livello di esperienza personale da questa stagione?

Ho lavorato tutta la vita per questo momento, voglio far vedere che io appartengo a questi livelli: voglio vedere se sono pronto e sono all’altezza della situazione. Non voglio essere una comparsa, ma sfoderare una super annata ed essere protagonista.

FOTO: Mascolo al tiro contro Trento (Ciamillo-Castoria)

Yuri Pietro Tacconi