Non serviva la kermesse di Málaga per stabilirlo ma la Copa del Rey conferma che quest’anno il Real Madrid ha più di qualcosa in più delle avversarie.

La finale rispecchia il cammino dei merengues, un crescendo graduale in cui Llull e compagni hanno via via cementato le proprie certezze dopo un periodo interlocutorio.

All’intervallo è il Barcellona a menare le danze, anche se con soli due punti di vantaggio (43-45), spinto dai contropiedi (ben 6) di Jabari Parker – 19 punti a referto – e dal redivivo Satoransky, 15 per lui.

Il Real incassa e riparte al rientro dagli spogliatoi dal dominio incontrastato di Vincent Poirier che segna (17 punti) ma, soprattutto, si prende il diritto di possesso delle alture vicine al ferro, specialmente quello avversario (6 rimbalzi offensivi).

Attorno al perno francese ruota il talento dei vari Campazzo (18 punti, 6 assist e 3 recuperi), Musa (15), Yabusele (15+9r), Deck (13) e dell’ex Hezonja (12).

Così diventa facile sfruttare le lacune difensive di Hernangómez, più e più volte messo sotto anche da un Tavares in serata opaca.

Il Real Madrid vince la gara proprio in area, togliendo anzitempo Vesely al Barcellona per raggiunto limite di falli e, sugli esterni, prosciugando l’inventiva di un Laprovittola lontano parente del folletto terribile che conosciamo, uscito nettamente sconfitto dal derby argentino con Campazzo.

È una vittoria balsamica per il Real, specialmente dopo qualche inciampo che avrebbe potuto ridare voce a chi ancora non ha digerito la maniera in cui Pablo Laso è stato lasciato andare e tratta Chus Mateo alla stregua di un usurpatore della panchina che l’attuale coach del Bayern ha occupato per più tempo di tutti.

Un successo che restituisce l’immagine di una squadra che non deve per forza aggrapparsi ai suoi senatori storici, ma anche indietro rispetto ai ritmi di un ricambio generazionale che, in estate, sarà con tutta probabilità una necessità non più procrastinabile.

Al Barça resta l’amaro sapore del sapersi incompiuta perenne, una squadra che non trova continuità nemmeno nei momenti migliori e concede troppo sul perimetro (43%).

Perso Vesely, vengono meno anche le spaziature offensive, a dimostrazione dell’eccessivo peso che il ceco ha nel gioco di Grimau.

La difesa, con 30 punti subiti nel solo ultimo quarto, continua a far preoccupare lo staff tecnico blaugrana, la circolazione palla (12 assist ma altrettante palle perse) latita.

Resta da capire cosa voglia fare il Barça da grande; la prossima estate potrebbe essere l’opportunità di mettere di nuovo il naso avanti ad un Real che farà tanti cambiamenti, ma bisognerà essere certosini.

Nel frattempo il trofeo prende meritatamente la via del WiZink Center, le speranze blaugrana non possono ricadere su un Ricky Rubio che dovrà recuperare con i suoi tempi il ritmo partita, il tempo scarseggia, oggi, e Roger Grimau si gioca una grande fetta del proprio futuro.