Una vittoria in due partite non è affatto un successo. Ciononostante, l’esperienza del Brasile ai Giochi Olimpici di Parigi può, sin da ora, definirsi tutto sommato positiva, anche al netto del risultato che la nazionale carioca maturerà ai quarti di finale contro gli Stati Uniti d’America.
Certo, perdere coi padroni di casa della Francia (78:66), per poi cedere ai campioni del mondo della Germania (73:86), ed infine essere sconfitti dalle stelle NBA venute a Parigi a rappresentare gli USA (sempre qualora tale eventualità dovesse effettivamente verificarsi) rappresenta uno scenario più che onorevole.
Tuttavia, la ragione del giudizio positivo che già si può formulare in merito alla prestazione del Brasile giace nella maniera in cui i Carioca sono arrivati alle Olimpiadi, ossia un tour de force di due mesi, coronato da una vittoria al Preolimpico per nulla scontata, ed uno stile di gioco ‘sfrontato’, proposto senza timori reverenziali.
Due mesi per volare a Parigi
Il protagonista della stagione estiva del Brasile, prima e durante le Olimpiadi, è coach Aleksander ‘Aco’ Petrović, richiamato di fretta e furia sulla panchina della nazionale sudamericana a fine Aprile, dopo avere già guidato la compagine brasiliana tra 2017 e 2021, per prendere il posto di Gustavo Conti.
In soli due mesi, l’allenatore nativo di Sebenico, già visto in Italia alla Victoria Libertas Pesaro nella stagione 2021-2022, e prima ancora a Scafati nel 2006, ha plasmato roster e staff col preciso scopo di provare a vincere un Preolimpico sulla carta tutt’altro che accessibile, e così facendo portare il Brasile alle Olimpiadi per la terza volta consecutiva.
“Sono contento di essere tornato, ma ora testa e cuore su Riga” aveva commentato, al momento della sua presentazione, coach Petrović, che nel suo staff ha voluto Thiago Splitter come suo vice, assieme a Helinho García, Bruno Savignani e Demetrius Ferracciu.
Ripartito dal play della Crvena Zvezda Yago Dos Santos e dal centro del Partizan Bruno Caboclo, che Petrović già ben conosceva, il coach croato ha fatto il bello e il cattivo tempo al Preolimpico di Riga, concluso con una vittoria schiacciante in finale a spese della Lettonia di coach Luca Banchi (69:94).
Prima di disfarsi dei padroni di casa, la nazionale brasiliana, in particolare, ha superato le insidiose Filippine in semifinale (71:60), dopo avere chiuso la prima fase del torneo con una vittoria sul Montenegro (81:72) ed una sconfitta di misura contro il Camerun (77:74).
Un basket a campo aperto
Inserito, alle Olimpiadi, in un gruppo ‘di ferro’ con Francia e Germania, oltre al Giappone, coach Petrović è riuscito a passare il turno come una delle due migliori terze classificate al termine della fase a gironi, proponendo una pallacanestro a campo aperto, con tanta corsa e fisicità.
Difesa aggressiva e gioco perimetrale hanno altresì caratterizzato la proposta cestitica del Brasile, che non a caso è risultato la migliore compagine del torneo in materia di media palle rubate a partita (14) e di efficienza dalla lunga distanza (60,7%) al termine della fase a gironi.
Oltre ai già citati Yago e Caboclo, autori rispettivamente di 13,0 punti, 7,3 rimbalzi, 1,7 palle rubate e 9 punti, 6 assist, 1,3 rubate ad incontro, a risaltare, nella prima fase delle Olimpiadi, sono stati anche la guardia Vitor Benite, con 14,3 punti ed un 56,3% da tre, ed il play ex Fortitudo Bologna Marcelinho Huertas, con 8,7 punti e 5,0 assist a partita.
Il precedente del 2016
Per coach Petrović, il raggiungimento dei quarti di finale alle Olimpiadi, dopo avere vinto un torneo Preolimpico in trasferta, per giunta battendo la compagine padrone di casa in finale, non è nulla di nuovo.
Nel 2016, a Rio, l’allenatore di Sebenico, fratello del grande Dražen Petrović, è infatti riuscito a portare la Croazia al primo turno della fase eliminatoria, nella quale, nello specifico, la compagine croata è stata sconfitta dalla Serbia in una partita nel complesso equilibrata (83:86).
A quelle Olimpiadi, la Croazia era arrivata mediante una vittoria al torneo Preolimpico di Torino, nel quale, in finale, la nazionale allenata da coach Petrović, guidata sul campo da Bogdan Bogdanović, Krunoslav Simon, Dario Šarić e Darko Planinić, aveva sconfitto in finale nientemeno che l’Italia di Ettore Messina (78:84).
Matteo Cazzulani
Nella foto: Aleksander ‘Aza’ Petrović. Credits: FIBA