di Mario Arceri

Allora è vero che la storia si ripete. Come un anno fa a Belgrado, meglio di un anno fa. Abbattuto il moloch Jokic, cancellato il prestigio di Pesic, frantumate le certezze dei serbi, vanificate le barriere arbitrali (ma davvero così cattivi gli azzurri per ricevere tanti tecnici?), l’Italia vola nei quarti di finale dell’Eurobasket in una delle partite più intense della sua storia. Difficile trovare le parole per commentare questa impresa senza cadere nella retorica, ma quello che hanno messo in campo oggi gli azzurri a Berlino è stato davvero straordinario. Cuore, carattere, scelte giuste, difesa perfetta, aggressiva, che ha morso alle gambe i serbi, gli ha tolto fiato e lucidità, li ha lasciati sfogare per poi risalire lentamente e inesorabilmente fino a lasciarseli indietro letteralmente increduli di quanto stava avvenendo, incapaci di reagire alla valanga di triple che gli precipitava addosso: 16, sfiorando il 50% di realizzazione, lasciando agli avversari un banale 34% annullando con le palle rubate (11 contro 4) l’inferiorità ai rimbalzi anche se alla fine il divario non è stato poi così grande: 33 contro 39.

Il tabellino recita di uno Spissu incredibile al tiro, di un Melli una volta di più gigantesco in difesa e in attacco, di un Polonara decisivo al momento giusto, di un Fontecchio mai così parco al tiro (solo 9 tentativi), ma anche mai così chirurgicamente efficace. Ma il tabellino non rende ragione, perché non ci sono numeri che possano registrarle, alla quantità e alla qualità del lavoro svolto in particolare da Pajola, ma anche da Ricci, Tonut, Datome, dagli stessi Mannion e Biligha, poco impiegati stavolta, ma ugualmente preziosi nel consolidare una squadra che rendeva parecchi centimetri agli avversari ma che al loro confronto è sembrata formata da veri giganti: di determinazione e di efficacia.

L’Italia ne aveva dati 105 a Belgrado un anno fa, gliene ha confezionati 94 questa sera, e mai una vittoria – perdonandoci se usiamo una parola abusata – è stata merito del “collettivo”, di un gruppo di ragazzi che si sono lasciati alle spalle ogni timore reverenziale di fronte ai maestri e li hanno aggrediti con la sfrontatezza di chi non ha nulla da perdere, ma anche di chi conosce bene le proprie capacità e quelle dei compagni e che ha interpretato nel modo migliore quello che Pozzecco chiede: unità, aiuto reciproco, fiducia, convinzione di potercela fare contro ogni avversario.

A Milano gli abbiamo visto fare le prove generali nell’ultimo quarto con la Grecia e poi contro la Croazia (eliminata ieri da un Markkanen stellare): la stessa intensità, la stessa difesa, la stessa concentrazione offensiva.

È arrivata una vittoria netta e indiscutibile, maturata alla distanza (49-35 il parziale dei secondi 20’) senza cedere di un centimetro, senza tremare di fronte ai 130 chili di Jokic che ha fatto i suoi 32 punti con 13 rimbalzi, ha spedito in panca per falli Ricci e Melli (ma dove l’hanno visto il suo quinto fallo gli arbitri?), ma è rimasto solo a predicare nel deserto. Chissà se Pesic a quel punto, di fronte alla sua Serbia allo sbando nell’ultimo quarto (18-28), non ha fatto un pensierino a quel Teodosic lasciato colpevolmente a casa? Mancava anche Nedovic, uscito preso per infortunio dall’Eurobasket, ma non basta per giustificare il clamoroso e fragoroso ko dei serbi che tutti davano da podio, forse più per tradizione che per effettivo valore attuale.

A casa torna tutta la Serbia, avanti nei quarti va l’Italia pensando già alla Francia vicecampione olimpica che però qui sta soffrendo terribilmente. Ha battuto solo all’overtime la Turchia e in precedenza aveva perso con Germania e Slovenia e sofferto molto con la Lituania e perfino con l’Ungheria, battute di soli 4 punti.

L’Italia resta tra le prime otto grandi d’Europa, come da dieci anni a questa parte. L’appuntamento ora è alle 17.15 di mercoledì prossimo, ma c’è tempo per analizzare quello che ci aspetta. Ora godiamoci questa vittoria, perché per importanza morale, per partecipazione collettiva ed anche per qualità di gioco, oltre che per caratura dell’avversaria, ricorda quell’Italia-Lituania, semifinale olimpica del 2004, che, con Pozzecco in campo e Recalcati in panchina, ci regalò una medaglia d’argento olimpica. Altri tempi, altri uomini, ma davvero questa Italia, l’Italia vista in questi giorni, merita l’abbraccio, il sostegno appassionato di chiunque ami il basket e l’azzurro. L’Italia ha dimostrato come non sempre bastino i mostri sacri della Nba: non ne ha nessuno in squadra perché Fontecchio deve ancora partire le Americhe, però ha campioni autentici di cuore e di coraggio.

L’hanno vista in pochi, gli abbonati a Sky che hanno preferito l’Eurobasket alla Lazio che batteva il Verona. Ed è un peccato: sarebbe stato uno spot fantastico per la pallacanestro. Ma è la dura legge dei diritti, che la Fiba ha venduto a Sky fino al 2025. La Rai ha voltato le spalle a questa Nazionale, e di fronte ai soldi poco conta il valore morale dello spettacolo al quale, pur da servizio pubblico, ha rinunciato.