Nella storia del basket italiano ci sono imprese impossibili, o quasi, di cenerentole o di squadre sicuramente non favorite alla vittoria di titoli nazionali, tra queste c’è la Juve Caserta, formazione che nel 1991 riuscì a strappare, in gara 5 al Forum contro l’allora Philips Milano, il primo scudetto al sud di Roma nella storia della competizione, e tutt’oggi è ancora l’unico. Un’impresa senza precedenti che ha visto, tra i tanti, un protagonista in particolare: il playmaker Ferdinando Gentile, detto Nando, il quale segnò 28 punti in quell’indimenticabile gara 5 che consegnò lo scudetto a Caserta.
Finale di una favola cominciata 11 anni prima, a soli 15 anni, quando esordì in prima squadra in Serie A2 sotto l’ala di Bogdan Tanjevic. Nando ha poi giocato, durante il prosieguo della sua carriera, a Trieste, Milano, Panathinaikos, Udine, Reggiana e Siena, per poi chiudere la carriera con un ritorno stagionale a Caserta e poi per chiudere la carriera a Maddaloni, città dove sono nati i “Gentile del presente”, ovvero Stefano e Alessandro, entrambi in Serie A.
Una carriera che, oltre a due scudetti e due Coppe Italia vinti in patria, lo ha visto trionfare anche in Europa con tre campionati greci e una Eurolega nel 2000. Insomma, una carriera lunga, piena di vittorie ed emozioni.
Siamo riusciti a metterci in contatto con lui inviandogli l’articolo su Alessandro Gentile e sulla sua grande prestazione contro l’Olimpia Milano nell’andata di questo campionato, quando Scafati vinse la partita contro la squadra di Ettore Messina. Nando ci ha così concesso un pò del suo tempo per essere intervistato da noi di Basket Magazine, insieme abbiamo parlato di Juve Caserta, Serie B, Nazionale e ricordi di quell’impresa che, ancora oggi, tutti gli appassionati di basket ancora ricordano.
–Come mai una partenza così in salita per la Juve Caserta?
“Ci sono state un po’ di problematiche varie, sono stati fatti degli errori nella costruzione della squadra e abbiamo avuto un bel po’ di problemi con gli infortuni e quindi chiaramente quando si inizia male poi durante la stagione è sempre difficile aggiustare. Fin quando c’è vita andiamo avanti.
–L’arrivo di Denis Alibegovic ha avuto un grande impatto e dal suo arrivo la striscia di risultati è migliorata.
“Non solo lui, un po’ tutto abbiamo cercato di mettere a posto ed equilibrare la squadra, ridurre le rotazioni dei giocatori e dargli più fiducia e minutaggi. Un po’ le cose si sono aggiustate ma comunque non vanno benissimo, ultimi in classifica e dovremo lottare fino alla fine per toglierci da quella posizione.
–Le possibilità di salvezza ad oggi quali sono?
“Mancano ancora tante partite, c’è tutto da giocare, dipende da noi, dobbiamo fare la corsa su Salerno e cercare di non arrivare ultimi per evitare la retrocessione diretta, l’unica cosa positiva è che siamo 2-0 con Salerno e dobbiamo cercare in tutti i modi di raggiungerla, provare ad andare ai playout e poi, visto che tra una decina di giorni torneremo a giocare nel nostro palazzetto, con l’aiuto del pubblico qualche partita proibitiva riusciremo anche a vincerla.
–Com’è la situazione palasport dopo l’esilio iniziale e la questione PalaMaggiò?
“Il PalaMaggiò è chiuso, credo anche definitivamente, non so cosa ci faranno ma sicuramente non sport o pallcanestro. Per quanto riguarda le nostre strutture a Caserta sappiamo, inutile nasconderci, le problematiche che ci sono, ora finalmente dopo tanto tempo riusciremo a rientrare nel nostro palazzetto di Caserta che è stato rimodernato, ci è mancato molto l’apporto del pubblico che, chiaramente, per noi era fondamentale, però ora godiamocelo e speriamo di andare a giocarci il più presto possibile.
–Dopo tanti anni di difficoltà a Caserta è nato questo nuovo progetto che si sta sviluppando, qual è il suo ruolo e come andrà avanti?
“Ho iniziato quest’avventura dopo il fallimento della vecchia Juvecaserta, poi il periodo del Covid, abbiamo dovuto salvare il settore giovanile e da lì è nato tutto, ora siamo riusciti a ricreare un settore giovanile degno di quel nome, abbiamo iniziato quattro anni fa 25/30 bambini e ora siamo quasi a 300. Abbiamo una società abbastanza solida, c’è pubblico, è ritornato il calore che c’era una volta, però è chiaro che la situazione attuale di classifica è preoccupante ma la speranza è quella di riuscire a salvare il titolo per il futuro di questa società.
–Il patron Farinaro sta dimostrando grande passione e sforzi economici, si dice che sarebbe pronto a fare anche subito il salto in A2 acquisendo i diritti, è così?
“Questo non lo so onestamente, è una cosa che dovresti chiedere a lui, l’idea principale di questa società era quella di crescere piano piano senza fare salti tripli ma cercare prima di tutto di creare una società solida con persone solide e sponsor importanti, poi dopodichè si può anche provare a fare il salto in A2 però, onestamente, mi sembra un po’ presto.
–La tifoseria e tutta la città stanno rispondendo bene a questo nuovo progetto?
“Si anche se non è stato facile perché chiaramente dopo tanti anni di gestione un po’ particolari tra fallimenti, ripescaggi e appetizione di titoli, diciamo che la JuveCaserta è stata un po’ maltrattata negli ultimi anni e per cercare di ricreare l’entusiasmo di una volta ci vogliono certezze perché la gente vuole questo, non vogliono chiacchiere ma fatti. In quattro anni siamo partiti da una C Silver e siamo arrivati a una B Nazionale, e poi abbiamo creato questo settore giovanile importante.
–Cosa vorrebbe che avesse questa Juve Caserta del seme che diede il via al boom degli anni 80’?
“All’epoca la società viaggiava su poche persone e fidate, con ruoli ben definiti e su strutture come quella del PalaMaggiò che era a disposizione solo nostra, quindi l’augurio è quello che la Juve Caserta si riformi sotto questo modo qui, cercando di avere una società con poche persone e capaci, che vivono questo mondo da anni, e avere una struttura propria dove poter allenarsi con il settore giovanile e la prima squadra.
–Un’occhiata generale alla Serie B: favorite per l’A2 e se l’inserimento di uno straniero ha avuto senso.
“Onestamente l’inserimento di questi giocatori stranieri non li ho capiti e non li capirò mai, era un campionato fatto soprattutto per i giocatori italiani, anche qualche giovane interessante. Le squadre più importanti le sappiamo, sono quelle di Montecatini, di Livorno, che sono strutturate per arrivare fino alla fine.
–Tuo figlio Alessandro si sta ritrovando a Scafati, dove può arrivare secondo te? Ritorno in Nazionale o in un top club?
“Ora lui sta bene lì, ha ritrovato tranquillità, serenità anche con la nascita del figlio, gli vogliono bene, che è la cosa più importante. Dove arriverà non lo so, lui ha anche un contratto per l’anno prossimo con Scafati, sta bene lì, è vicino casa e per ora va bene così.
–C’è un rimpianto o un errore di Alessandro che tornando indietro avrebbe fatto una scelta differente?
“Dopo, nella vita, è sempre facile parlare, è chiaro che ha avuto un inizio di carriera importante, già difficile e con tante responsabilità, sia a Treviso che a Milano, poi ci sono stati vari problemi, infortuni, però la cosa importante oggi è che Alessandro sia ritornato a giocare con tranquillità, serenità e soprattutto è contento di dove sta.
–Stefano ormai capitano e bandiera di Sassari, un pensiero anche su di lui.
“Anche Stefano si è fatto la sua carriera in giro per l’Italia giocando con diverse squadre, poi alla fine si è definitivamente fermato a Sassari dove anche lì ha ritrovato tranquillità familiare, sta lì da 5/6 anni, lo hanno fatto capitano e ormai è membro della Dinamo Basket, una società che rispecchia quelle vecchie dove i giocatori diventavano bandiere, com’è stato con Devecchi spero che diventi anche con mio figlio.
–Cosa significa la vittoria di Napoli in Coppa Italia e quali sono le favorite per lo Scudetto?
“Chiaramente le favorite sono sempre le stesse, Napoli ha sicuramente fatto l’exploit importante, ha fatto una cosa inaspettata un po’ da tutti, però ha pochi giocatori e competere in un playoff con tante partite ravvicinate con 6/7 giocatori non è semplice, però ha fatto una Coppa Italia di grandissimo livello ma già dall’inizio del campionato Napoli è stata una sorpresa un po’ per tutti perché sta giocando veramente bene con un grande allenatore, ha una struttura di squadra costruita molto bene con tanti giocatori scommesse perché in molti li davano per finiti e invece stanno dando veramente tanto, e poi giocano bene a pallacanestro, questa è la cosa più importante.
–Un commento sul Pozz e il suo ruolo da CT.
“Pozzecco lo conosciamo un po’ tutti, il personaggio, l’allenatore, ha fatto bene in certi club, ha fatto meno bene in altri, c’è stato l’esonero quest’anno a l’ASVEL, quello che ha Pozzecco rispetto a tanti altri è l’entusiasmo che crea nell’ambiente e per i giocatori, che lo vogliono bene e vengono volentieri in Nazionale, cosa che prima magari non accadeva.
–Un pensiero sulla nuova Nazionale, in particolare i giovani Spagnolo e Procida, possono diventare big?
“Questo lo speriamo tutti, anche perché sono due giocatori che hanno tecnica e fisicità per poter giocare ad altissimo livello, lo stanno già facendo a Berlino, e su di loro la Nazionale potrà puntare in futuro perché chiaramente andando avanti con la pallacanestro che diventa sempre più fisica e più atletica loro sono oltre che bravi tecnicamente sono anche degli atleti incredibili.
–Riuscirà l’Italia ad andare alle Olimpiadi?
“Questo lo speriamo tutti perché per il movimento della pallacanestro italiana è fondamentale che l’Italia partecipi alle Olimpiadi, già come è successo 4 anni fa è un risvolto molto importante per la nazione e per tutti.
–Quali sono i ricordi della carriera in azzurro?
“Sicuramente quello più bello è stato agli Europei di Roma nel 1991 con la conquista della medaglia d’argento dove c’è stata l’ultima Jugoslavia unita, giocare contro grandissimi campioni come i greci, gli spagnoli, i francesi e quindi quello è stato il massimo anche perché poi nello stesso anno abbiamo vinto il campionato a Caserta ed è stata un’annata super.
–L’Italia non è più un Paese per giovani, come era negli anni 90’ e Caserta ne era l’esempio, che ne pensa?
“Non è solo l’Italia, è cambiato un po’ dappertutto, è chiaro che i nuovi allenatori che sono venuti fuori negli ultimi anni non hanno grande considerazione nei giovani, questo purtroppo dispiace, le società non hanno grande pazienza e anche questo è un elemento fondamentale perché i coach dipendono dai risultati e quindi non scommette o rischia il proprio futuro per un giovane, quindi la cosa più importante per creare un progetto intorno ai giovani è quella di avere una società che ci crede e un allenatore che ha voglia di lavorare per farli crescere, cosa che purtroppo in Italia negli ultimi anni è finita.
–Cosa resta di quell’immensa impresa che nel 1991 Gentile ha vissuto in prima persone da simbolo di un popolo e che ha consegnato alla Juve Caserta lo scudetto, tutt’oggi unico titolo vinto a sud di Roma?
“Chiaramente sono sempre ricordi vivi e ogni anno che passa rimangono sempre nonostante siano passati 30 anni, inoltre è stato anche fatto questo docufilm Scugnizzi che ricorda l’epoca, quindi si vede che anche se passano gli anni quell’impresa rimane ancora nella mente di tanti e non solo casertani.
–Potrà mai ripetersi un’impresa come quella di Caserta nel basket moderno?
“No è impossibile, credo sia una cosa unica ed ecco perché ancora oggi esiste nella memoria di tante persone perché è un’impresa e una situazione unica che si venne a creare a Caserta, con un allenatore, come lo era Boscia all’epoca, che credeva molto nei giovani e con una società che spingeva tanto per loro, quindi penso sia irripetibile una cosa del genere.
Alessio Apicella
Foto di Ciamillo Castoria