Nel giorno del 40° anniversario del primo oro. Europeo della storia del basket italiano, 4 giugno ’83 a Nantes battendo in finale la Spagna, vi riproponiamo qui sotto l’articolo in memoria di questo che è uno dei momenti più alti della pallacanestro italiana apparso su Basket Magazine (nel numero di maggio ancora in edicola), a firma del direttore di BM Mario Arceri, che allora seguì l’evento come inviato speciale del Corriere dello Sport Stadio.
CAMPIONI, CAMPIONI, CAMPIONI… Non era passato nemmeno un anno dal grido di Nando Martellini al Bernabeu di Madrid al fischio di chiusura del Mondiale di calcio vinto dagli azzurri, e diventato un must del giornalismo. Location diversa, un parquet a Nantes invece di un prato verde, e protagonisti differenti, Super-Dino Meneghin e soci invece di Pablito Rossi e compagni, ambito meno vasto, un Europeo invece che un Mondiale, epilogo identico: Italia campione. Al microfono della Rai Aldo Giordani (stessa prestigiosissima storia professionale di Nando) non ripetè l’urlo di Martellini (che riecheggiò invece nel 2002 quando le azzurre del volley vinsero per la prima volta il titolo iridato, urlato dalla figlia Simonetta, radiocronista della Rai), ma fu ugualmente protagonista di un episodio per noi storico precipitandosi in campo
ad abbracciare Enrico Vinci, presidente federale, dal quale lo dividevano anni e anni di feroce polemica e di reciproca antipatia. Era il 4 giugno 1983, al Beaulieu della città di Alexandre Dumas adagiata sulle rive della Loira l’Italia aveva appena battuto la Spagna conquistando la prima vittoria assoluta della sua lunga storia. Il giorno prima Sandro Gamba aveva festeggiato il cinquantunesimo compleanno con una cena insieme al suo staff e alla stampa italiana in un famoso ristorante, La Cigale, un ex bordello di lusso sulla Place Gaslin di fronte all’Opera, stemperando le ansie della vigilia. Il giorno dopo andò tutto bene, ma quell’impresa, cominciata il 26 maggio a Limoges, va raccontata, anche brevemente, dall’inizio, anzi da qualche anno prima. Risaliamo al 1978 quando a Manila (ci torneremo quest’anno a fine agosto, 45 anni più tardi…) gli azzurri perdono il bronzo mondiale per un maligno canestro da centrocampo di Marcel che ci sorpassa a pochi secondi dalla fine e incrina il rapporto, già teso, tra Rubini e Giancarlo Primo, che poi precipita l’anno successivo quando l’Europeo di casa, a Torino, si chiude con un deludente quinto posto. Sulla panchina azzurra sale Sandro Gamba che, dopo gli anni del Simmenthal, aveva preso l’eredità di Nikolic alla guida di Varese proseguendo nella serie di trionfi varesini degli anni settanta. E la mossa è fortunata perché arriva il primo argento olimpico della nostra storia. A Mosca ’80, sfruttando l’assenza degli Usa per boicottaggio, una serie di circostanze fortunate ma soprattutto la storica vittoria sull’Urss che costò a Sergei Belov e a Myshkin l’esilio sportivo, si va in finale: una battaglia durissima e più che spigolosa con la Jugoslavia, ma comunque una medaglia di metallo pregiato. Male a Praga l’anno successivo nell’Europeo che consacra la stella di Bogdan Tanjevic e in cui l’Urss ci fa pagare con gli interessi l’umiliazione di Mosca (67-97), saltato per il diktat della Lega il
mondiale del 1982 che l’Urss vince esibendo per la prima volta il gigante Arvidas Sabonis, allora appena diciassettenne, l’Italia si presenta all’Europeo francese con qualche speranza di podio in una stagione che, chiusa con lo scudetto del Banco di Roma, ha mandato definitivamente in orbita il basket italiano per la risonanza mediatica che la sfida tra Roma e Milano, e tra Bianchini e Peterson, aveva determinato. UN INFORTUNIO FERMA l’indimenticabile Marco Solfrini, lo sostituisce Alberto Tonut, ventenne da pochi giorni raggiunto in extremis a Trieste: stava fuori casa con la fidanzata… Una levataccia per arrivare in tempo a Linate ed anche una cravatta: “Dopo la prima comunione, non l’avevo più messa”. Gilardi vince il ballottaggio con Boselli, Gamba punta sul ventunenne Antonello Riva e su una formazione che mescola veterani di lungo corso come Dino Meneghin e Pierluigi Marzorati a giocatori sperimentati come Carlo Caglieris, Marco Bonamico, Ario Costa, Roberto Brunamonti, Renato Villata, Renzo Vecchiato e Meo Sacchetti. Riccardo Sales e Santi Puglisi gli assistenti di Gamba, Duilio De Gobbis capocomitiva, Cesare Rubini responsabile del settore, Dima Ferrantelli il medico, Sandro Galleani il fisioterapista e un giovanissimo Gianni Petrucci segretario generale della Fip con il vice, Massimo Blasetti. Alla vigilia, tra gli altri, un messaggio profetico di Bettega: “Il basket italiano non ha rivali in Europa a livello di club. La concorrenza è fortissima, tra Urss, Jugoslavia e Spagna, ma può anche arrivare il miracolo di un titolo europeo”. E quello di Gentile: “Anche noi in Spagna non eravamo i favoriti, ma siamo riusciti a capovolgere previsioni, pronostici e valori tecnici”. Per chiudere con Tardelli: “Dopo il nostro mondiale, ci starebbe benissimo un titolo europeo per degli azzurri del basket”. Azzurri a Limoges, l’ambiente meno adatto per via del ricordo recente degli incidenti in una partita di Coppa Korac tra il Banco e la squadra di monsieur Popelier. Il pubblico ci è ostile e l’esordio contro la Spagna, in un europeo allora con dodici squadre, già decisivo. La Spagna di Antonio Diaz Miguel è forte, quarto posto nelle manifestazioni internazionali degli ultimi tre anni, e con noi sempre sfide tirate fino all’ultimo secondo, ma sempre perse, ad eccezione di Praga ’81. Sarà così anche stavolta in una gara
preceduta dalle esternazioni di Diaz Miguel da 18 anni alla guida della Seleccion: “Los italianos palpan”, denunciando la difesa pressante degli azzurri, e Gamba reagisce indignato: “Gli italiani palpano solo le donne!”. Poi in campo si inizia con un 8-0 ma si va sotto 19-37 a metà gara. Nel secondo tempo cambia la musica, l’Italia recupera, negli ultimi secondi è ancora un punto sotto, Corbalan invece di gestire il pallone prova a lanciare un contropiede intercettato da Villalta che dà palla a Riva che la cede a Marzorati: una finta, De La Cruz lasciato sul posto e il pallone che rotola sul cerchio e finisce dentro mentre suona la sirena: 75-74. Diaz Miguel si scatena contro gli arbitri: “Gli azzurri non fanno una difesa-press, ma un autentico karate-press” e denuncia il “valzer imperiale” di Villalta, e cioè i supposti passi nell’intercettare il pallone di Corbalan. Seconda avversaria la Svezia: sembra facile, e invece ci fa soffrire prima di prendere il largo con un parziale di 18-0 propiziato da Caglieris: 89-74. Intanto la Spagna gela la Jugoslavia piena di campioni, Pino Giergia in panchina: 91-90. A noi ora tocca la Grecia, con due astri ancora nascenti: Nick Galis e Panagiotis Giannakis che esploderanno quattro più tardi. Meneghin un gigante: 29 punti e 10 rimbalzi, 108-83 il risultato finale. Ed anche la quarta partita, contro la Francia non si discosta di molto, 105-80, con l’Italia che si sta trasformando in una macchina da canestri e, con la qualificazione per le semifinali ormai in pugno, si avvicina alla madre di tutte le partite: la sfida con la Jugoslavia che invece rischia di restare fuori dalle prime quattro dopo il ko con la Spagna. RESTERÀ NELLA STORIA questa partita, e non tanto per la vittoria dell’Italia, ma per la rissa gigantesca scatenata dagli jugoslavi, sedata solo, e dopo parecchi minuti, dalla gendarmeria francese. C’erano ruggini vecchie di tre anni, dalla finale di Mosca, e l’antagonismo storico tra le due nazionali, ma anche tanti amici tra i plavi: lo stesso Giergia, e poi Dalipagic e Cosic che, infatti, rimangono in panchina mentre Kicanovic (in precedenza toccato duro da Bonamico in uscita da un blocco) sfoga la frustrazione (54-54 al 28’04”, 67-56 al 31’52”) con il gesto che accende gli animi: Petrovic colpisce Gilardi, Sacchetti blocca Vilfan che sta per precipitarsi su Enrico, Kicanovic esce dalla panchina e colpisce Villalta al basso ventre: Gamba si slancia contro il “cobra” che scappa trovando rifugio con Slavnic sui tavoli della tribuna stampa mentre Galleani viene raggiunto al volto da un calcio di Radovanovic e nelle mani di Grbovic spuntano perfino un paio di forbici. Perfino Rubini cerca di allungare qualche pugno. Gamba dirà: “Kicanovic ha colpito Villalta e poi è fuggito: Mi dispiace solo di essermelo lasciato scappare: non ho più i riflessi di un tempo”. Kicanovic, in forza alla Scavolini e che aveva già colpito con un pugno l’arbitro tedesco Metzger al termine della gara persa con la Spagna: “Non giocherò più in Italia”, da Pesaro gli rispondono: “Ci risolve un problema…”. Dalipagic commenta: “Non sappiamo più perdere…”. 91-76 il risultato finale. Siamo in semifinale, contro l’Olanda. La Spagna invece affronta l’Urss e a conferma di valore e personalità mette a segno un’altra vittoria di grande prestigio e di grande sofferenza: 95-94, mentre i nostri non hanno difficoltà a tenere a distanza i tulipani: 88-69. ED ECCOCI AL GRAN FINALE. Italia-Spagna, la partita che aveva aperto l’Europeo, lo conclude. Gamba fa un paragone con il calcio: “A Madrid i nostri arrivarono tutti in forma contemporaneamente, qui la mia Nazionale è al massimo, capisce che l’occasione è d’oro, forse irripetibile, non concede nulla all’avversario”. Un giornale locale titola “Au Paradis Latin”, il famoso locale notturno di Parigi: è la prima volta che due squadre occidentali si affrontano in una finale europea, mentre Nantes scoppia di entusiasmo per lo scudetto nel calcio della sua squadra. In Spagna la finale di Copa del Rey tra Real e Barcellona è rinviata e Atletico Bilbao-Atletico Madrid era stata sospesa negli ultimi minuti per far vedere sui maxischermi dello stadio le fasi conclusive dell’incontro con l’Urss. L’avvio è di marca spagnola: 18-27 dopo 10’, ma 45-38 al 20’ con Gilardi che in contropiede buca la difesa spagnola. La Spagna passa al pressing, l’Italia sale a 73-54 al 30’, ma il gioco pesante tollerato dai due arbitri nordamericani consente il recupero degli spagnoli che giocano sporco e però penalizza di falli l’Italia. La Spagna recupera fino a 77-69, poi Brunamonti e Caglieris riassumono il controllo della partita, Villalta e Vecchiato sfruttano i buchi della difesa. Finisce 105-96, è il primo oro europeo del basket azzurro e Gilardi si chiede: “Cos’altro c’è da vincere? L’Anno Santo per me non è finito…”. La sfida con la Spagna si ripeterà 16 anni più tardi, sempre in Francia, ma al Bercy di Parigi, e l’esito sarà identico: 64-56. A Nantes, più che a Mosca, iniziava il periodo d’oro della nostra Nazionale: bronzo a Stoccarda ’85, argento a Roma ’91, argento a Barcellona ’97, oro a Parigi ’99, bronzo a Stoccolma 2003 e infine il nuovo argento olimpico di Atene 2004, prima di sprofondare nel buio dei successivi sedici anni, dal quale la Nazionale di Sacchetti con il quinto posto di Tokyo 2020 e ora quella di Pozzecco con il carico di entusiasmo che ha saputo provocare, sta uscendo. Sperando che i quarant’anni dall’oro di Nantes siano degnamente festeggiati da una grande prova alla World Cup di Manila dove, come abbiamo ricordato all’inizio di questa storia, abbiamo un conto in sospeso. Che ancora brucia.
Mario Arceri