di Alberto Bortolotti
La lettera al Resto del Carlino di Alessandra Ferruzzi (figlia del fondatore dell’impero ravennate Serafino e moglie di Carlo Sama) e l’intervista di Repubblica a Fabrizio Bentivoglio (protagonista di una piece teatrale su Raul Gardini) riaprono, a 30 anni dalla morte dell’erede – suicida – del gruppo, il libro (fortemente intrecciato con Tangentopoli) della dinasty romagnola così in voga 6 lustri orsono.
Alessandra intinge la penna nel curaro verso Gardini, reo di avere fatto deragliare il gruppo dalla saggia, oculata e poco appariscente regia del fondatore, il papà Serafino, con il quale si scusa per non essersi opposta con energie sufficienti ai sogni velleitari del cognato. Bentivoglio fa il suo mestiere, ossia teatralizza la figura bella e maledetta di Raul. Il capitalista sociale, l’uomo attento alla natura: aspetti importanti, forse non i più importanti di una figura, nel suo complesso, tragica.
Chi scrive si è sempre occupato di media e di sport. Anche Gardini e Sama lo hanno fatto, a supporto delle lungimiranti e spesso mirabolanti, quasi fantasmagoriche strategie del gruppo.
Comprarono il Messaggero, storica testata romana, per farne la spina dorsale della comunicazione quotidiana del gruppo. Partirono con una strategia violenta e aggressiva che si sostanzio’ nel passaggio in blocco, in una notte, della redazione ravennate del Carlino al quotidiano capitolino. Prese le misure, rintuzzato il ratto delle Sabine scriventi, la tradizione ebbe presto la meglio sulla novità. Gli uffici locali del Messaggero, tra Romagna e Marche, ebbero vita breve.
Idem nel basket. Lo sport ad usum politicum ha padri illustri nei regimi dittatoriali, dal calciofilo Mussolini agli esperimenti sulle atlete dei tedeschi dell’Est di brezneviana osservanza.
Al Messaggero viene intestato anche il club dei canestri romani che punta diritto allo scudetto. Carlo Sama carica in auto da Roma all’Emilia il plenipotenziario della Virtus Bologna Gigi Porelli e gli sbatte sul muso una offerta – di dimensioni calcistiche – di 10 miliardi per il playmaker della V nera e della Nazionale, Roberto Brunamonti. L’avvocato mantovano è lapidario: il ragazzo non è in vendita. Proprio un uomo di altri tempi.
Lo stesso Porelli “circuito” da Ivan Gardini, figlio di Raul, che, da buon tifoso virtussino, subodora che la vecchia guardia della società (una sorta di public company bolognese con diversi azionisti tra il 15 e il 30%) vuole lasciare per ragioni anagrafiche. Alla fine l’affare non si farà: Ravenna dista solo 70 chilometri da Bologna ma il modo di muoversi degli eredi Ferruzzi e una certa preveggenza rispetto a basi che dimostreranno una notevole fragilità imprenditoriale rendono – per fortuna, a conti fatti – quella operazione infattibile. La Virtus felsinea passerà prima a un gentiluomo, il signor Guaber, Paolo Gualandi, e poi a Mr. Motor Show, il volitivo, energico e vincente Alfredo Cazzola.
La Virtus Roma targata Messaggero non avrà vita lunga né particolarmente gloriosa. Il gruppo mette a disposizione il proprio aeromobile per le trasferte. Un taxi del cielo da otto posti. Peccato che a referto vadano 10 giocatori più lo staff. I 12 aggiuntivi, veri paria dei canestri, seguono in pullman. Come disfare un gruppo prima di cominciare. Raul Gardini e Carlo Sama, passi, tre secondi e doppio palleggio.