Le società della pallavolo italiana hanno rotto il silenzio, esasperate. Un messaggio pubblicato in contemporanea per dire che così non si può andare avanti e che se la prospettiva è cominciare la prossima stagione con una capienza ridotta al 35% allora “il volley muore”. E non solo. Perché ai piani inferiori della piramide del calcio, impegnato a sua volta nella lotta per cercare di riportare più persone possibile dentro gli stadi, esiste un mondo per il quale i ricavi da botteghino rappresentano quasi tutta la linfa vitale. Senza di loro il rischio è un ridimensionamento così pesante da costringere al ritorno al Medioevo, anche perché da un anno e mezzo gli imprenditori che danno vita ai club (spesso uniche voci d’eccellenza sportiva nella provincia italiana) stanno provvedendo di tasca propria a tappare i buchi lasciati dalla pandemia.
Il volley si è mosso, ma il pensiero è condiviso. E anche la punta di amarezza nel richiedere “pari dignità” rispetto all’industria del pallone: “Il calcio muove il PIL, il volley e gli altri sport forse no, ma siamo certi che desertificare queste discipline sia la strada giusta per l’agognata ripartenza?”. Ad oggi il quadro è chiaro. Negli stadi e all’aperto il 50% della capienza con il compromesso della disposizione a scacchiera, altrimenti la Serie A rischiava di non partire per… sciopero delle società. Nei palazzetti e nelle arene l’opera dei dirigenti ha fatto sì che nel decreto si passasse dall’originario 25% al 35% (al momento virtuale, visto che non vale il sistema a scacchiera ma il distanziamento lineare) con un taglio netto di due terzi dei potenziali incassi. Con il rischio, in caso di ricaduta in zona gialla, di tornare di nuovo alla casella precedente. Anche se c’è il Green Pass e anche se i proprietari dei club sono disposti a far rispettare all’interno dei loro impianti l’utilizzo delle mascherine.
Umberto Gandini, presidente della Lega Basket, condividete il grido d’allarme del volley?
“Assolutamente sì, operiamo sugli stessi impianti e abbiamo le stesse problematiche essendo i due sport di vertice al coperto. Il tema della capienza e della possibilità per le società di avere ricavi per poter guardare con serenità alla stagione è un tema condiviso”
Cosa ha significato questo ultimo anno e mezzo per chi investe nel basket?
“Abbiamo due tipologie di proprietà: i mecenati spesso con le spalle larghe che, pur nella sofferenza della gestione, sono riusciti ad arrivare in fondo alla scorsa stagione senza particolari patemi e poi i consorzi di imprenditori più locali che si sono auto tassati per poter chiudere l’anno ammortizzando le perdite, o con una gestione oculata del budget oppure intervenendo di tasca propria. Ma tutti, grandi e piccoli, non possono immaginare di vivere un’altra stagione così”
Senza ricavi da pubblico?
“E con l’aggravante che oltre un terzo delle sponsorizzazioni locali non vengono rinnovate perché non ci sono certezze sulla possibilità di portare la gente dentro i palazzetti, con quali regole e in quale dimensione”
Quindi o si va in fretta verso la normalità, oppure è difficile tenere in piedi il sistema?
“Ho fatto una proposta chiara e condivisa dagli altri. Siamo imprenditori dello spettacolo e facciamo un’attività che è stata autorizzata ad operare e che ha svolto una stagione a porte chiuse senza ricevere ristori e sostegni che altri settori economici hanno ricevuto. Vogliamo che si riparta con regole certe. Il Green Pass è il lasciapassare verso la normalità, non si capisce perché avendo il Green Pass si debba ancora discutere di limitazione della capienza”
Anche perché in autunno si potrebbe tornare a parlare di zone gialle o peggio…
“A me interessa capire cosa succede in caso di nuove chiusure. Vorrei che si decidesse prima cosa accade qualora ci si trovasse di nuovo a porte chiuse o con limitazioni più punitive rispetto al 35% che abbiamo oggi”
A livello di ristori che aiuto avete avuto?
“Interventi indiretti come il rinvio delle scadenze fiscali o il congelamento dei pagamenti previdenziali, ma sono scadenze che dovranno essere onorate e da metà settembre ci sarà un enorme nodo da sciogliere, con società che dovranno pagare senza aver avuto la possibilità di incamerare liquidità attraverso gli abbonamenti proprio perché mancano certezze su regole e capienza. Così è impossibile pianificare. E aspettiamo ancora i decreti attuativi per il rimborso delle spese sanitarie e quelli sul decreto liquidità per l’accesso agevolato al credito”
C’è una diversa sensibilità nella politica quando a muoversi è il calcio?
“C’è una società monoculturale nel suo approccio sportivo, non lo scopriamo certo adesso. Il calcio è stato ed è motore con i suoi soldi del resto dello sport, dunque non possiamo sorprenderci. Ma tutti gli altri, che hanno reso orgogliosa l’Italia durante l’Olimpiade di Tokyo, dovrebbero godere di una maggiore attenzione senza dover reclamare la pari dignità”
Manca qualche settimana al via della stagione: se non cambia nulla cosa succede?
“Voglio essere ottimista. Mi auguro che la politica si renda conto che il messaggio che sta dando, tenendo limitazioni di capienza in presenza dello strumento del Green Pass, è fuorviante e spero che il rientro a scuola vada nel verso giusto e poi ci sia la lungimiranza di capire che la strada giusta è riaprire sempre di più per vaccinati e immunizzati. Non ho la palla di cristallo, ma è chiaro che se la situazione non dovesse migliorare il tema finirà sul tavolo della discussione delle nostre società”.
Un grido d’allarme che attende risposte dalla politica, possibilmente messe in agenda non a ridosso del via della stagione perché programmare significa aumentare le chance di sopravvivenza. L’aumento della capienza dal 35% al 50% o 75% è già contenuto come proposta in molti emendamenti depositati dalla stessa maggioranza e che andranno in discussione a metà settembre. La volontà politica di venire incontro allo sport c’è, almeno a parole. La sfida è passare ai fatti.
Giovanni Capuano – Panorama.it
Fonte: legabasket.it