Il boxscore recita 17′ sul parquet, 1/3 da tre, 1/2 ai liberi per 4 punti totali, 3 rimbalzi difensivi, 2 assist e una stoppata. Potrebbe trattarsi di un risultato senza infamia e senza lode, invece ha un significato che va ben oltre il basket.

L’autore della prestazione è LeBron Raymone James Jr., o più semplicemente “Bronny” per tutti gli appassionati di pallacanestro. E poco importa che la sua squadra, i Trojans di USC, siano effettivamente usciti sconfitti dalla partita in questione con la non irresistibile Long Beach State perché, appunto, è già un tripudio che già il figlio d’arte sia riuscito ad offrire un contributo concreto alla sua squadra.

Come il lettore più attento ricorderà, infatti, lo scorso 24 luglio Bronny  aveva avuto un mancamento durante un allenamento prestagionale con il college californiano. Le prime analisi avevano rivelato come il ragazzo avesse avuto un arresto cardiaco, dovuto ad una malformazione congenita del cuore.

Passata la comprensibile apprensione, James Jr. si è poi sottoposto ad un intervento chirurgico, per poi iniziare un programma di riabilitazione che lo ha progressivamente riportato sui campi da basket. Già agli inizi di novembre papà LeBron, dopo una sconfitta in casa di Miami, con cauto ottimismo aveva aperto alla possibilità di rivedere in campo Bronny già in questa stagione, e cogliendo l’occasione per complimentarsi con l’equipe medica che ha seguito il figlio.

Il debutto è arrivato appunto il 10 dicembre. Gli esperti di college basket d’oltreoceano si sono già lanciati in rosee previsioni sul futuro di Bronny, ma esse suonano come abbastanza premature: al momento la notizia più confortante unicamente è che il ragazzo è tornato a calcare un campo da basket. Non era affatto scontato.

 

Luigi Ercolani