Bucks, Pelicans e All Star Game: è tempo di scoprire i protagonisti della settima settimana NBA

La settima settimana NBA è stata ricca di avvenimenti, sia sul campo che fuori. Per quanto riguarda il primo aspetto, il campo ha confermato che Sixers e Bucks sono le migliori della Eastern Conference, mentre Lakers e Jazz le dominatrici della Western Conference. Leggermente in calo i Clippers, che complice anche l’infortunio di Paul George hanno perso tre delle ultime quattro (contro Nets, Celtics e Kings), i Celtics (che privi di Smart e Brown hanno perso le ultime tre partite su quattro) e i Nets. Riguardo ai Nets, però, non si può di certo dire che la crisi della squadra di coach Steve Nash (che ha perso le ultime tre, contro Raptors, 76ers e Pistons) non dipenda anche dallo sfortunato Kevin Durant, che ancora una volta è stato “colpito” dai protocolli anti-COVID (in particolare dal contact tracing) ed è stato costretto ad abbandonare il campo (contro i Raptors) a partita in corso. Un fatto a dir poco eclatante, e simile a quello di Seth Curry di qualche settimana fa. Oltre a questo spiacevole episodio, poi, la settimana ha assistito anche a numerose proteste per l’imminente All Star Game, che la lega ha deciso di organizzare il 7 marzo ad Atlanta. Un evento controverso, che merita sicuramente di essere approfondito.

Le migliori: Milwaukee Bucks e New Orleans Pelicans

Dopo un inizio di stagione altalenante, e a tratti irriconoscibile, i Milwaukee Bucks sembrano essere tornati quelli della passata stagione. Nelle ultime cinque partite, infatti, la squadra di coach Budenholzer ha ottenuto cinque convincenti vittorie (contro Blazers, Pacers, Nuggets e Cavaliers). Convincenti perché nella metà campo avversaria i Bucks hanno tirato con il 50.8% dal campo e il 41.7% da tre, e nella propria hanno permesso ai propri avversari solo 101.2 punti su 100 possessi. Numeri importanti, che hanno permesso a Giannis Antetokounmpo (recentemente incluso tra i due migliori giocatori della settimana) e compagni di raggiungere il secondo posto della Eastern Conference, e di mordere le caviglie ai tenaci 76ers (che hanno una sola vittoria di vantaggio). Da sottolineare il contributo settimanale di Bobby Portis, che in uscita dalla panchina è stato autore di prestazioni superbe (come i 18 punti in 17 minuti nella gara contro i Pacers), ha mantenuto una media superiore al 40% dal campo, e si è distinto per un plus-minus di +95.

Per quanto riguarda la Western Conference, invece, la settimana appena trascorsa ha sorriso a varie squadre. I soliti Lakers e Jazz, ad esempio, che hanno entrambe vinto le ultime quattro partite, Mavericks, Suns, Kings e Spurs (tutte 3-1 nelle ultime quattro), che hanno riacquisito fiducia e sono tornate nella parte medio-alta della classifica. I più meritevoli di essere considerati i migliori dell’Ovest, almeno per quanto riguarda l’ultima settimana, però, sono i New Orleans Pelicans. La squadra di coach Van Gundy, infatti, proveniva da un periodo difficile, per non dire disastroso, ed è riuscita a rialzarsi in piedi vincendo le ultime quattro partite consecutive. Sicuramente molti meriti vanno all’attacco (e a Zion Williamson, più di 20 punti di media e ottime percentuali dal campo), che nelle ultime quattro ha realizzato 121.3 punti di media (con una percentuale dal campo del 51.8%), e soprattutto al tiro da tre (uno dei talloni d’Achille della squadra nelle partite precedenti, che nell’ultima settimana è andato a segno con il 44.3%) e ai rimbalzi offensivi (11.5 nelle ultime quattro).

Le peggiori: Cleveland Cavaliers e Memphis Grizzlies

I Cleveland Cavliers sono in crisi nera. La squadra, che veniva già da una settimana complicata, ha perso le ultime quattro partite consecutive e adesso giace al decimo posto della Eastern Conference (pur rimanendo a contatto con Knicks, Raptors e Hawks) con un deludente record di 10-15. Frutto di un attacco a dir poco inconsistente, il trentesimo della lega e di una difesa che, pur essendo la decima della lega e avendo uno dei migliori protettori del ferro dell’NBA, ovvero Jarrett Allen, ha concesso molti tiri ravvicinati. Bisogna pur riconoscere che la squadra ha giocato cinque partite in sette giorni, e che quindi potrebbe aver accusato un po’ di stanchezza (soprattutto nelle partite contro Bucks e Suns), ma è innegabile che i Cavs debbano fare di più. Anche perché Andre Drummond è in scadenza di contratto, e sembrerebbe in procinto di abbandonare Cleveland.

Se i Cleveland Cavaliers non sorridono, nemmeno i Memphis Grizzlies fanno salti di gioia. Esattamente come i Cavs, infatti, i Grizzlies hanno perso le ultime quattro partite consecutive e sono scivolati nella parte medio-bassa della Western Conference (all’undicesimo posto). Probabilmente qualche demerito deve essere attribuito all’attacco, che non sta impressionando per efficienza offensiva (Memphis è al ventiduesimo posto della lega). Un attacco che, almeno nelle ultime quattro partite, Ja Morant non è sembrato in grado di trainare (ha avuto un plus-minus di -74). Molto meglio la difesa, che con un defensive rating di 108.8 può vantare un consistente settimo posto nella classifica generale NBA. Numeri a parte, comunque, i Grizzlies hanno disputato solamente 19 partite in stagione, e quindi hanno sicuramente tempo per rialzarsi e provare a puntare ai play-in, o addirittura ai play-off.

Focus: All Star Game 2021

Pochi giorni fa NBA e NBPA, ovvero il sindacato dei giocatori, hanno preso una decisione importante ma, allo stesso tempo, decisamente controversa. La lega ha infatti deciso che l’All Star Game 2021 si farà, e che l’evento avrà luogo il 7 marzo (ovvero durante la pausa della Regular Season, dal 5 al 10 marzo) ad Atlanta. Inizialmente l’All Star Game, che viene celebrato dal 1951, avrebbe dovuto essere tenuto a Indianapolis, ma dopo lo scoppio della pandemia (che soprattutto negli Stati Uniti sta continuando a fare ingenti danni) era stato deciso di rimandare la “Notte delle Stelle” al 2024. La scorsa settimana, però, la lega si è confrontata frequentemente con l’NBPA, e ha deciso di ritornare sui propri passi. Una decisione che non è andata giù a molti. In primis LeBron James, che ha definito l’evento come “uno schiaffo in faccia” e ha sottolineato che parteciperà “fisicamente, ma non mentalmente”. De’Aaron Fox l’ha invece denominato “una stupidaggine”, mentre il solitamente silenzioso Kawhi Leonard ha evidenziato la brama di denaro della lega, disposta a mettere “i soldi prima della salute”. E pareri simili sono arrivati anche da altre superstar NBA, come Carmelo Anthony, Giannis Antetokounmpo e Kemba Walker. Insomma, è evidente che molti giocatori NBA sono contrari al prossimo All Star Game, sia perché l’evento interrompe un campionato iniziato tardi e destinato ad essere più breve dei precedenti (un campionato, quindi, in cui i giocatori necessitano più che mai di riposo) e sia perché, con la pandemia che ancora impazza per gli Stati Uniti, quello di Atlanta potrebbe essere un evento rischioso (dal punto sanitario). Chris Paul, ovvero il capo del sindacato dei giocatori, ha dichiarato di avere la situazione sotto controllo, e di aver tenuto in considerazione le esigenze e le preoccupazioni dei giocatori (affermando che il sindacato farà di tutto per garantire la salute e la sicurezza di tutti). Il malumore per il prossimo All Star Game, tuttavia, non sembra accennare a diminuire, e l’evento appare ancora avvolto da una nube d’incertezza. L’NBPA sta facendo tutto il possibile per rassicurare gli animi arroventati dei giocatori, ma non è detto che possa fare un ulteriore passo indietro (anche se al momento non sembra) e rimandare nuovamente l’All Star Game 2021. L’All Star Game più chiacchierato e malvisto della storia dell’NBA.

 

Pier Paolo Polimeno